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La democrazia è in crisi? Non bisogna avere paura di chiamare le cose con il loro nome e guardare all’interno delle parole. “Crisi”, come “democrazia”, è parola greca. In greco krisis significa scelta. Mettere insomma i fatti dentro una specie di grande setaccio mentale e cercare di separare il vero dal falso.
La risposta al quesito dunque è affermativa ma con una distinzione importante. La crisi, nel processo democratico, non è una tragedia. È un’opportunità. Serve ad aprire un dibattito, per capire sulla base di fatti reali se le scelte precedenti sono giuste o sbagliate, e di conseguenza decidere, a lume di logica e non affidandosi ai social media spesso dispensatori di falsità, se confermarle o cambiarle.
L’essenza dell’ars gubernandi – parola latina che non si capisce perché i nostri geniali commentatori si ostinino a lasciare in inglese usando la parola “governance”, mentre si potrebbe benissimo dire governanza inventando un neologismo italiano – è tutta qui.
Partendo da queste premesse, l’organizzazione intergovernativa International IDEA alla quale aderiscono 33 paesi, fondata a Stoccolma nel 1996 e che ha nelle Nazioni Unite il rango di Osservatore Permanente, ha aperto nella sede dell’ONU a New York un dibattito di enorme interesse sul tema “The Global State of Democracy 2019 – Addressing the Ills, Reviving the Promise”. Il rapporto di IDEA (la sigla sta per Institute for Democracy and Electoral Assistance) è una radiografia globale della democrazia misurata nelle parole e basata sui fatti. L’indagine, la seconda nei 24 anni di vita ell’organizzazione, analizza le tendenze, le opportunità e le sfide che la democrazia deve ora affrontare. Sulla base dei dati raccolti in 158 paesi dal 1975 ad oggi, International IDEA ha costruito un indicatore globale (Global State of Democracy) che permette di confrontare l’evoluzione democratica – o involuzione – con la dovuta imparzialità.
In estrema sintesi, le conclusioni del rapporto sono le seguenti. La democrazia avanza ma con difficoltà, e con arretramenti notevoli, anche se forse non permanenti, negli Stati Uniti. In Europa la Turchia registra un calo precipitoso verso l’autoritarismo. Una cospicua erosione della democrazia con derive autoritarie si riscontra anche in Ungheria, Polonia e Romania.
Perfino l’Italia, una delle nazioni fondatrici dell’Europa democratica postbellica, perde terreno. Sotto la pressione del populismo e del cosiddetto “sovranismo” (un obiettivo ridicolo, per uno stato fortemente indebitato con l’estero, e per un importante paese industriale esportatore, che non potrà mai sopravvivere come una repubblica delle banane andando a rimorchio del carrozzone protezionista di Trump) l’Italia scivola ora nella serie “B” della democrazia partecipativa. È distaccata dal plotone di testa dell’UE e anche da Grecia, Portogallo e Spagna; e va a fare compagnia a Ungheria, Israele, Russia, Serbia, Turchia e Ucraina.
Resta da vedere se queste tendenze debilitanti per la democrazia saranno confermate o meno nel prossimo decennio. Un problema serio, che il convegno ha toccato di sfuggita, riservandosi di affrontarlo in una nuova indagine, è l’effetto disorientante delle false notizie diffuse su internet. “Dovremo senz’altro occuparcene – ha anticipato il segretario generale di IDEA Kavin Casas-Zamora – evitando sia le censure, sia gli attacchi frontali contro il populismo che hanno spesso l’effetto contrario. Bisogna convincere i populisti e sovranisti che, con le loro soluzioni, il fallimento è sicuro. Soprattutto, il problema sarà di educare a pensare criticamente le nuove generazioni”.
Ai lavori, in una sala gremita all’inverosimile di studenti e studentesse velate di una scuola di Brooklyn che hanno lungamente applaudito, hanno partecipato l’ambasciatrice Maria Bassols Delgado, vice rappresentante permanente della Spagna all’ONU, il Segretario Generale di IDEA Kavin Casas-Zamora, del Costarica, il professore di relazioni internazionali della Southern California University Abraham Lowenthal, la politologa Annika Silva-Leander, la vicedirettrice turca dell’UNDP Gülden Türköz, e l’osservatore permanente di International IDEA presso l’ONU Massimo Tommasoli.