Paese che vai, italiano che trovi. Ogni anno sempre di più. È questo ciò che emerge dal Rapporto 2020 Italiani nel Mondo stilato dalla Fondazione Migrantes e presentato il 27 ottobre sulle piattaforme della CEI – Conferenza Episcopale Italiana.
Nel 2020 gli iscritti all’Aire, Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, sono 5.486.081. Nel 2006 erano 3.106,251: un balzo in avanti dell’oltre 75%. E non soltanto aumentano, ma ringiovaniscono. Rispetto a 14 anni fa, il boom delle nascite all’estero (+150,1%) e la nuova mobilità costituita sia da nuclei familiari con minori al seguito (+84,3% della classe di età 0-18 anni) che da individui giovani pronti ad inserirsi nel mercato del lavoro (+78,4% di nella classe 19-40 anni), ha ridotto la loro età media. Di contro, invece, in Italia la popolazione continua a calare. Nel 2020 è di 60.244.639, in decrescita per il quinto anno consecutivo. Dal 2015, infatti, in Italia il malessere demografico imperversa spietato mentre, l’unica a crescere è quell’Italia che ha messo radici all’estero. La parte più rappresentata dello Stivale è, come facilmente prevedibile, il Sud. Dei 5.486.081 residenti all’estero totali, 1.732.670 vengono dal meridione.

Ma dove sono diretti i nostri connazionali che tentano una nuova vita oltreconfine? Principalmente in Europa. Il viaggio non è troppo lungo e l’appartenenza all’UE, con le relative libertà di circolazione di persone e merci, di prestazione di servizi e di circolazione di capitali, rendono il trasloco non troppo complicato. Segue a ruota l’America e in particolare quella del Sud. Dei 2.200.165 finiti nel Nuovo Continente, 1.774.616, cioè l’80%, ha optato per l’America Latina. Qui, l’Argentina è il primo Paese d’approdo, tallonata da Brasile e Venezuela. Anche gli Stati Uniti fanno la loro parte: 283.350 cittadini, il 15,2% del totale, vivono nel Paese conteso tra Trump e Biden.

Comunque, tra le mete di chi si è iscritto nell’ultimo anno all’AIRE, è possibile rintracciare traiettorie ben precise. Ne si trovano alcune tradizionali ma “rivisitate”, come la Svizzera. Un tempo, nell’immediato dopoguerra, destinazione provvisoria utile per la ricerca di un lavoro generico. Oggi, ai 26 cantoni, si rivolgono invece professionisti altamente specializzati, che vogliono impieghi ben retribuiti in settore specifici.
Aumenta anche la scelta dell’Oriente, con Emirati Arabi (707 nuovi trasferimenti) e Cina (652) indicate come prime mete di destinazione di professionisti, imprenditori o specialisti di un determinato settore. L’economia florida dei paesi dell’Est non basta, o almeno non ancora, a renderli luoghi particolarmente attraenti agli italiani, che percepiscono grandi ostacoli nella lingua, scritta e parlata, e nell’enorme differenza culturale che da loro li separa.

Ad accogliere il RIM è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che è intervenuto nella cerimonia di presentazione, sottolineando come la pubblicazione “offra chiavi di lettura sulle dinamiche di mobilità che riguardano il nostro Paese, ponendo al centro dell’analisi l’umanità della persona e le complesse ragioni che spingono i singoli a spostarsi. Il ‘Rapporto italiani nel Mondo’ è divenuto un punto di riferimento per chiunque nelle istituzioni, nel mondo accademico, nei centri di ricerca e nella società civile, desideri approfondire lo studio delle dinamiche del tessuto sociale che, a livello globale, incidono sul fenomeno”.
Anche il Premier Conte ha parlato da remoto (vedi video in alto), ricordando come il RIM sia, da anni, “una bussola, uno strumento molto prezioso di studio e ricerca per chiunque desideri approfondire ragioni e implicazioni della mobilità italiana nel mondo. Al tempo stesso, descrive gli andamenti demografici di quanti già si trovano da tempo all’estero, discendenti dalle correnti migratorie del passato, ma spesso ancora saldamente legati alla propria Patria, come per altro ho potuto personalmente constatare in numerosi viaggi all’estero”.