Sono ormai trascorsi più di 90 giorni dalla morte di Carmine Mario Paciolla, il 33enne di Napoli, volontario dell’ONU in Colombia. Dopo quasi un mese di silenzio, nel fine settimana, la rivista “Semana” ha pubblicato l’esito dell’autopsia effettuata dai medici colombiani. La perizia ha confermato il suicidio, “se il lavoro investigativo esclude altre circostanze relative alle modalità di morte”, è riportato sul documento.

Il corpo senza vita del volontario italiano è stato ritrovato la mattina del 15 luglio, sospeso al soffitto con un lenzuolo legato al collo, nel suo appartamento a San Vicente del Caguán, Bogotà. Il corpo presentava anche ferite da taglio ai polsi.
Fin da subito le autorità colombiane hanno seguito la pista del suicidio, mentre la procura di Roma ha aperto un’indagine per omicidio. Vari sono i sospetti che metterebbero in discussione l’ipotesi che Mario si sia tolto la vita.
Innanzitutto, alcuni membri della Missione di Verifica ONU hanno inquinato la scena del delitto, raccogliendo gli effetti personali del 33enne napoletano. In particolare è stato Christian Leonardo Thompson Garzón ha ritrovare per primo il corpo senza vita di Paciolla e avrebbe ordinato di ripulire l’abitazione, in ore decisive per le indagini. L’ONU, ha successivamente revocato l’immunità diplomatica a tutti coloro che avrebbero potuto collaborare con le indagini italiane e colombiane, e ne ha avviata un’altra interna all’organizzazione, ma l’ONU ha sempre mantenuto il silenzio. Un mese fa, La Voce di New York, ha chiesto durante il press briefing se ci sarebbe stato un richiamo di capi della Missione ONU a causa della cattiva gestione della situazione, ma il portavoce Stéphane Dujarric, non ha né smentito, né confermato l’ipotesi.
Non solo la giustizia italiana, ma anche la giornalista, e sua amica, Claudia Julieta Duque non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio. Su “El Espectador” aveva scritto che la morte di Mario poteva forse essere collegata con la caduta dell’ex ministro della Difesa Guillermo Botero. Il 29 agosto 2019, Paciolla documentò il bombardamento del campo dei dissidenti in cui morirono otto bambini. Il rapporto doveva restare all’interno della Missione ONU, ma fu trasmesso successivamente al senatore Roy Barreras, su decisione di Raul Rosende, direttore dell’area di Verifica della Missione. Lo scandalo di quella vicenda portò nel novembre alle dimissioni dell’allora ministro della Difesa, Guillermo Botero. Da quel momento, scrive la Duque, Paciolla “si sentì in pericolo, tradito e arrabbiato con i suoi superiori”.
Il terrore di Mario è stato confermato anche da sua madre, Anna Motta, la quale ha descritto suo figlio come estremamente preoccupato nei giorni che hanno preceduto la sua morte. Anche l’ex fidanzata, Ilaria Izzo, ha raccontato alle autorità che Mario “nelle ultime telefonate piangeva, temeva di essere pedinato”. Prima di morire stava pianificando la fuga da San Vicente di Caguan, per trasferirsi prima a Bogotà, e poi raggiungere Napoli con un biglietto da Parigi, prenotato per il 20 luglio. Con lui sarebbe dovuta partire anche la ex fidanzata, ma lei non aveva nessuna intenzione di lasciare il paese. Per questo Mario era diventato “ossessivo”, litigarono e la sera prima di morire, dopo una crisi di pianto, le avrebbe confessato che lei era stata “la donna della sua vita”.

Secondo quanto scritto dalla rivista colombiana, la perizia ha riportato che il lenzuolo “è stato avvolto quattro volte intorno al collo e terminava con uno nodo”. Inoltre, il corpo di Mario presenta sull’avambraccio destro “cinque tagli di lunghezza compresa tra 1,3 e 3,5 centimetri e profondi 3 millimetri”. L’avambraccio sinistro presenta “tre tagli meno di 2,7 centimetri e profondi 4 millimetri”. Le lesioni gli hanno provocato la ferita dei tendini e per il rapporto forense sono state autoinflitte. Secondo l’autopsia sono stati trovati “due coltelli, una pozza e due recipienti pieni di sangue”. Questi dettagli sarebbero importanti, poiché in Italia ci si interroga su come Mario abbia potuto fare un nodo così sofisticato in quelle condizioni. “Semana” ha affermato di aver consultato i medici legali, i quali hanno risposto che avvolgersi il lenzuolo intorno al collo in quel modo sarebbe stato “difficile, ma non impossibile”. Alcuni campioni del sangue sono stati inviati a un laboratorio per un esame del DNA, poiché in Italia, la grande quantità di sangue ritrovata nell’appartamento, ha fatto sorgere dubbi sulla compatibilità con le ferite riscontrate sugli arti.
La causa del decesso sarebbe un’asfissia “provocata dalla compressione dei vasi sanguigni del collo pendente durante il soffocamento”.
Nel referto vengono menzionati anche due computer (di cui uno trovato acceso), due telefoni cellulari e un hard disk. Questi elementi rivelerebbero i dettagli del lavoro svolto da Mario Paciolla, che ha sollevato sospetti sulla sua morte.
La Voce di New York ha chiesto al portavoce del Segretario Generale dell’ONU, Stéphane Dujarric, cosa pensasse l’ONU riguardo l’esito dell’autopsia, ma la sua risposta è stata molto vaga: “Non commento la direzione delle indagini” e ha aggiunto: “Comprendo l’interesse per questa grande tragedia. Noi stiamo continuando a collaborare sia con le autorità italiane, che con quelle colombiane”.