Ancora molti, troppi dubbi avvolgono il caso di Mario Paciolla e i silenzi intorno alla sua morte rendono il caso un mistero sempre più fitto. Il 33enne napoletano è stato trovato morto impiccato all’indomani del 14 luglio, nel suo appartamento a San Vicente del Caguán. Le autorità colombiane hanno fin da subito parlato di suicidio, mentre per quelle italiane è sempre più probabile che Mario sia stato ucciso.

La famiglia, la ex fidanzata, l’amica e giornalista investigativa Claudia Julieta Duque, non hanno mai avuto dubbi circa l’ipotesi dell’omicidio. “Nelle ultime telefonate piangeva, temeva di essere intercettato e pedinato” ha raccontato la ex fidanzata Ilaria Izzo alle autorità.
Nell’ultima settimana sono stati scritti vari reportage da diversi giornali italiani che hanno dato voce a varie testimonianze. Come quella che riporta TPI, raccontata da un vigilante (Enrique, in nome di fantasia) che intorno alle 22.15 ha visto Mario camminare nervosamente per strada mentre parlava al telefono.
“So che erano le 22.15 perché stavo parlando con mia moglie e ho consultato l’orario della chiamata. È uscito di casa, si è seduto su una panchina lì fuori. Parlava al telefono, ogni tanto si alzava, camminava nervosamente avanti e indietro. Per la distanza, non riuscivo a capire se parlasse in spagnolo o in un’altra lingua”.
Un dettaglio fondamentale, poiché rivelerebbe se dall’altra parte della cornetta c’era Ilaria Izzo, ex fidanzata, come sembra emergere dalle sue dichiarazioni agli inquirenti, o il capo della sicurezza della Missione ONU Christian Thompson, con cui risulta un ultimo contatto alle 22.00. Christian Leonardo Thompson Garzón ha servito come capo della sicurezza per il gruppo a cui apparteneva Paciolla, ed è colui che per primo aveva trovato il corpo senza vita del giovane volontario. Thompson aveva destato sospetti, poiché secondo varie fonti, avrebbe preso oggetti personali dall’appartamento di Paciolla, tra cui anche il mouse di un computer, che avrebbe poi portato nell’ufficio della Missione di Verifica.

A inizio agosto, 4 agenti della Sezione di indagine penale (SIJIN) della polizia di San Vicente del Caguán sono stati indagati per aver permesso ai membri della Missione di Verifica delle Nazioni Unite di raccogliere gli effetti personali del 33enne napoletano, inquinando, così, la scena del delitto. Già settimane fa, l’ONU, aveva revocato l’immunità diplomatica a tutti coloro che avrebbero potuto aiutare nelle indagini.
Proprio a proposito dei top level della missione, in queste ultime ore, alcuni giornalisti dalla Colombia hanno detto di aspettarsi un possibile richiamo di capi della Missione ONU a causa della cattiva gestione della situazione legata alla morte del volontario italiano.
Su El Espectador in un articolo del 2 settembre, di Claudia Julieta Duque, che dal principio sta conducendo un’indagine accurata sulla vicenda, è riportato che la morte di Mario, forse, potrebbe essere relazionata con la caduta dell’ex ministro della Difesa Guillermo Botero. Il 33enne napoletano, collaborava con le Nazione Unite in Colombia per un progetto di pacificazione interna tra governo locale ed ex ribelli delle Farc e di riqualificazione di aree utilizzate dal narcotraffico.
Paciolla “con il rigore che lo caratterizzava”, scrive la Duque, aveva scritto un rapporto che si concentrava sull’uccisione di 7 ragazzi nel villaggio di ex dissidenti Farc. Questo rapporto, che doveva restare interno e riservato, fu trasmesso al senatore, Roy Barreras, su decisione di Raul Rosende, direttore dell’area di Verifica della Missione. Barreras, successivamente, fu autore delle denunce che portarono alle dimissioni Botero il 5 novembre 2019. Da quel momento, scrive la Duque, Paciolla “si sentì in pericolo, tradito e arrabbiato con i suoi superiori e informò la sua cerchia ristretta di aver chiesto il trasferimento in un’altra sede della Missione”.

La trasmissione di questo rapporto, è scritto su El Espectador, “ha violato le norme che governano la Missione, e non è stata nemmeno consultata con Ruiz Massieu” (capo della Missione in Colombia), “a causa della sua presunta vicinanza al governo di Iván Duque e Uribismo”. Il senatore Roy Barreras ha successivamente smentito questa ricostruzione dei fatti.
Dunque, durante l’ordinario briefing con il portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, noi di La Voce di New York abbiamo chiesto la conferma o la smentita di questa possibilità: “Ci sono giornalisti in Colombia che dicono di aspettare il richiamo di ufficiali delle Nazioni Unite per la gestione della situazione. Può confermare o no che capi della Missione in Colombia saranno richiamati?” (minuto 9.15 video sotto).
Il portavoce Stéphane Dujarric: “Abbiamo visto tutti i rapporti. I comunicati stampa sono sempre interessanti. Li stiamo leggendo, ma non commenteremo in alcun modo queste speculazioni. Ci stiamo concentrando sul sostegno alle indagini condotte dalle autorità colombiane e quelle italiane” ha risposto sistemandosi la cravatta.
Abbiamo poi chiesto: “Sta quindi dicendo che non è vero?”
Stéphane Dujarric: “No, non sto dicendo… Non sto commentando in nessun modo quei rapporti”.
Insomma, il portavoce Dujarric non ha smentito queste aspettative provenienti dalla Colombia, pertanto potrebbe sembrare che all’interno della Missione ONU, in Colombia, ci sarà una sorta di “pulizia”, ma ancora nessuna conferma.
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