
Se ne è andato anche Sirio Maccioni, mitico ristoratore newyorkese di origini italiane che ha avuto molto successo nella Big Apple, e non solo. Suoi i ristoranti anche a Las Vegas, in India e a Santo Domingo.
Con lui se ne va un altro personaggio della New York glamour degli Anni Settanta-Ottanta, degli italiani intraprendenti e vincenti. Ai tavoli dei suoi ristoranti il jet set mondiale a pranzo e a cena: attori, politici, industriali, banchieri. Per anni le sale del Le Cirque hanno ospitato i pranzi del Gei, il Gruppo Esponenti Italiani. Grande amico di Lucio Caputo, di Renato Pachetti, di Vieri Traxler, di Danielle Gardner, di Furio Colombo, degli Agnelli. Nomi che hanno cambiato l’immagine della comunità italiana in America.

La storia degli uomini italiani di successo di quegli anni qui a New York è quasi sempre molto simile: partiti da una gavetta assolutamente ordinaria per arrivare al top, lavorando duramente, rimboccandosi le maniche giorno dopo giorno. Ma Sirio fu anche molto fortunato nell’avere il costante appoggio di Egidiana, sua moglie per quasi 50 anni con la quale ha avuto tre figli: Mauro, Marco e Mario. “Tutti con la lettera M, come te” mi disse.
Conobbi Sirio Maccioni a Montecatini all’inizio degli Anni Settanta. Era a pranzo con Ricciardo Pucci, suo grande amico e proprietario del Grand Hotel La Pace. Pucci era un amico di famiglia e mi invitò al tavolo. Io già lavoravo a New York e così anche Sirio Maccioni: “Ho chiuso con il Colony. Forse apro un ristorante tutto mio”, disse ridendo. Pochi mesi dopo il giovane maître d’ del Colony aprì “Le Cirque”. Sirio parlava del Colony con un certo rimpianto. “Era uno speakeasy di lusso negli anni del proibizionismo. Era prima dei miei tempi. Al Colony ci andava il jet set di New York. Finito il proibizionismo la clientela è rimasta affezionata. Ho conosciuto un sacco di gente interessante”.

Sirio Maccioni aveva il fisico e il modo di comportarsi da attore hollywoodiano. Assomigliava pure a John Wayne. Glielo dissi e lui mi fece con le dita il segno della pistola.

La svolta per lui arrivò nel 1974, con l’apertura de Le Cirque a New York, nel Mayfair Regent Hotel a Park Avenue. Il manager del lussuoso hotel era Dario Mariotti che, in quegli anni, cercava di rilanciare l’albergo che era stato completamente ristrutturato. E qui le conoscenze di Sirio Maccioni furono utilissime. Tra tutti Donald Trump, in quegli anni palazzinaro di lusso, che era un abitué del Le Cirque, così come i Rockefeller e Anna Moffo con il marito Robert Sarnoff, il chairman della RCA. Una scelta davvero controcorrente per un italiano emigrato, una cucina che parlava francese come stile, specialità e modi di cucinare, ma dove comparivano ingredienti italiani altrimenti non reperibili in altri ristoranti italiani d’America. Famosa la volta in cui per far conoscere il Lardo di Colonnata iniziò a servirlo. Oppure quando presentata gli aceti balsamici di classe o il caviale raccontando che in Italia esiste una particolare varietà di storioni. Solo quando era certo che il piatto preparato risultasse gradito, raccontava la storia di un prodotto poco conosciuto dagli americani. E se resta famoso per la sua fantastica crème brûlée, vuol dire che Sirio è stato capace di far completamente dimenticare lo stereotipo del ristorante italiano di pizza e spaghetti.

Insieme ai tre figli – Mauro, Mario e Marco – e a sua moglie Egidiana ha costituito un vero e proprio clan, inteso in senso positivo, unito nel lavoro e nella vita, riuscendo a creare un piccolo network di locali tra Stati Uniti, India e Repubblica Domenicana, malgrado i fallimenti che ci sono stati.

La grandezza di Maccioni è stata quella di interpretare il gusto delle persone e il segno dei tempi, avere un rapporto amichevole-conflittuale con gli chef (sotto la sua egida crebbe a New York, dal 1986 al 1992, la fama di Daniel Boulud, executive a Le Cirque, prima di aprire il suo Daniel e poi quella di Andrew Carmellini, Jacques Torres) che riteneva perfetti fintanto che riuscivano a soddisfare i bisogni della clientela. E i gusti cambiano. Dopo una serie di “incidenti di percorso” finiti in tribunale a Manhattan e anche per l’età, lasciò alcuni anni fa la partecipazione attiva alla gestione dei ristoranti lasciandola ai figli mentre lui stave sempre più spesso nella sua Montecatini dove è scomparso.