In questo giornale non ci è mai interessato mettere “prima gli italiani”, preferiamo semmai raccontare l’arte di coloro che amano l’Italia e la cultura italiana, a prescindere da dove siano nati.
Natalia Pavlova, cantante d’opera, da Mosca ha coltivato fin da piccola così tanto amore per l’Italia, che il destino l’ha assecondata nella passione. Oggi vive la sua carriera d’artista tra la Russia, Roma e, più recentemente, anche New York.
Abbiamo incontrato Natalia per la prima volta a Manhattan, a casa di un comune amico, molto noto nel mondo del cinema e infatti credevamo che lei fosse un’attrice. Invece quando, in italiano perfetto, ci ha detto di essere un soprano che aveva appena cantato a New York, quel legame così forte con l’Italia tanto da parlarne così bene la lingua ci ha affascinato. Natalia Pavlova l’abbiamo rivista in una bella giornata di sole al Bryant Park, dove parlandoci della sua infanzia, della sua famiglia e della sua carriera, ci ha svelato come nasce tanto amore per la cultura italiana.
Natalia cresce in una famiglia dove l’arte abbonda e tra gli antenati ha anche il grande poeta Alexander Pushkin. In questa conversazione si parla di musica, di poesia, di pittura ma anche dei sentimenti che una giovane e brava artista russa nutre per l’Italia e New York.
Pavlova inizia dalla sua famiglia, la sorgente della sua arte.
“Mio padre, Andrej Shatsky, figlio di Maia Puskina, è stato un bravissimo musicista, pianista e direttore di coro, faceva musica sacra. Scomparso 6 anni fa, purtroppo non ho fatto in tempo di fare insieme a lui tanti bei concerti. Suo padre Valeri Shatsky era invece un famoso pianista e direttore della Facoltà di Piano del conservatorio di Minsk, e il padre di suo padre, Vladislav Epstein, anche era pianista, professore di conservatorio a Mosca. Tutti musicisti di livello altissimo!
Mia madre, Vera Pavlova è considerata uno dei maggiori poeti contemporanei russi. Tradotta in più di 20 lingue, ha pubblicato 25 libri, due usciti a New York per la Penguin Books. La sua poesia If there is something to desire, sul cui testo ho cantato l’opera per cello e voce alla Carnegie Hall, è stata per diverso tempo anche affissa sui treni della subway di New York: sono molto fiera di mia madre, lei è il mio orgoglio, la mia gioia, la mia felicità.
Mia madre ha vissuto 13 anni a New York, per lei è la città più bella del mondo, e abbiamo una casa a Manhattan, dove adesso vive mia sorella minore Lisa Pavlova, bravissima fotografa. Io invece mi trovo qui per la prima volta in occasione di un concerto a Carnegie Hall. Per me è un vero privilegio essere la figlia di un poeta”.
E un poeta alla fine Natalia ha sposato….
“Forse proprio questo mi ha portato ad incontrare e a sposare un poeta, scrittore e artista italiano, David Colantoni. Con mio marito abbiamo un rapporto intellettuale molto forte, proprio perché veniamo da famiglie che in qualche modo si assomigliano molto, nel bene e nel male, figli d’arte entrambi: suo padre, Domenico Colantoni, tristemente scomparso a marzo di quest’anno dopo una lunga malattia, a cui siamo stati accanto fino alla fine e con cui ero diventata molto amica, è stato uno dei maggior pittori della seconda meta del Novecento italiano; lui era un grande amico di Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Marco Ferreri, Giorgio de Chirico. Anche di Robert Altman, a cui insieme a Moravia ha dedicato due grandi mostre negli anni 80, e a tal proposito segnalo un libro di scritti di Moravia di 450 pagine appena uscito per Bompiani, intitolato Non so perché non ho fatto il pittore in cui ci sono due lunghi saggi di Moravia su mio suocero. Domenico Colantoni è stato anche autore di 5 film sperimentali che suscitarono grande clamore negli anni 80 tanto da scatenare una diatriba tra Natalia Ginsburg e Moravia. Ora speriamo di fare presto una fondazione con il vasto materiale della sua produzione e dei suoi documenti!”.
Natalia continua a parlarci della sua famiglia, dove c’è la fonte della sua arte.
“Devo dire che sono veramente fortunata perché sono cresciuta in questa famiglia di artisti, anche mio zio, Segery Desiatov, fratello di mia madre, è il fondatore e direttore di uno dei Maggiori centri di design e arte contemporanea e di architettura a Mosca, Art Play, e anche lui è uno ottimo pittore. I membri di questa bellissima famiglia sono anche i miei spettatori più importanti, e quando vedevo mio nonno piangere tra il pubblico, allora capivo che il concerto era stato veramente bello…”
Tra tutti questi artisti in famiglia, è la madre che la spinge verso l’opera.
“Non ho deciso io di diventare cantante, piuttosto il mio destino ha deciso al posto mio. Devo dire grazie anche a mia madre, che all’inizio era una musicista e che mi ha mandato in una scuola musicale rispondendo alla mia domanda: “Mamma ma io sarò qui fino alla mia vecchiaia?” “No bambina mia, fino alla mia”.
Così ho cominciato ad amare la musica, ricordo che già all’età di 5 anni danzavo, e facevo la parodia dei cantanti lirici che vedevo in TV, e così mia madre ha sentito la mia voce.
Con mia madre suonavamo a quattro mani, prima che io nascessi lei infatti era sicura che sarebbe stata una compositrice, mentre era incinta di me lei cantava nel coro della chiesa ortodossa e sentiva tanta musica, un esperimento per far nascere il bimbo musicale… Devo dire l’esperimento sembra essere andato a buon fine. Lei ha scritto la sua prima poesia dopo la mia nascita, ed è diventata una grande poeta. Intanto facevamo concerti a casa con molti amici musicisti che venivano a suonare. Ho iniziato come attrice in un teatro musicale per piccoli attori e ho cominciato a girare in tourne mezza Europa. All’età di 14 anni ho cominciato a studiare canto in modo professionale con un professore di Salisburgo, Troyanova Gertruda, i suoi allievi cantavano in tutto il mondo: al Bolshoi, alla Scala, al Metropolitan opera, e quindi il sogno infine di diventare una cantante!”
Ma come nasce il rapporto di Natalia con l’Italia? Con Roma? E l’incontro con chi diventerà suo marito?
“Il destino di ogni cantante e anche musicista in qualche modo è legato con l’Italia, perché la musica russa, o meglio comunque anche quella mondiale classica, nasce in Italia. Soprattutto questa connessione c’è in in Russia, basti ricordare le prime opere di Fomin, Paskevuch, Bortniansky i quali scrivevano opera seria – a breve io eseguirò la Alcide di Bortniansky e Orfeo di Fomin in Moscow Philharmonic -, ma loro tutti studiavano in Italia, Glinka addirittura in Italia ci abitava e la sua opera “Ivan Susanin” che è la prima opera russa, è un’opera assolutamente italiana!”.
Natalia continua il suo racconto sulla nascita del legame con l’Italia.
“Mentre studiavo il canto all’età di 14 anni – con la tecnica di Belcanto con Troianova G. M.- volevo capire il senso delle parole che cantavo. Perciò ho cominciato a studiare da sola l’italiano: ho comprato un libro che si chiamava “Italiano in tre settimane”. Certo ci ho ho messo un po’ di più, tre mesi, praticamente tutta l’estate! E mentre gli altri si divertivano, io come una fanatica leggevo quel libro facendo le note nel mio quaderno e così imparavo l’italiano. Mi piaceva tantissimo questa lingua, la sua musicalità. Mentre studiavo ancora non sapevo che in futuro avrei vissuto in Italia e che la mia famiglia sarebbe diventata in parte italiana”.
Già, l’Italia nel destino.
“Ecco un altro scherzo del destino: quando mi sono laureata al conservatorio di Mosca feci una passeggiata con un mio amico musicista italiano che era venuto in visita e gli feci vedere il centro. Ecco noi stavamo passeggiando sopra il ponte nuovo, quando lui mi disse che in Italia era tradizione fare un desiderio quando si sta vedendo qualcosa di appena costruito, così lo feci… Il desiderio era di continuare in qualche modo il mio rapporto con l’Italia, che mi affascinava sempre di più.
Proprio per questo desiderio d’Italia ho pensato e fatto un mono spettacolo intitolato “Le lettere” al teatro di Scuola di arte drammatica con l’aiuto di Vasiliev, basato sui testi delle lettere di Verdi, Rossini, Puccini e arie dalle loro opere, e che di tanto in tanto porto ancora in scena anche in Italia.
Un mese dopo quella passeggiata, nello stesso identico punto incontrai un’amica che mi propose di partecipare all’ opera di Mozart Don Giovanni all’ Accademia Santa Croce a Trieste e così ecco la magia: con quel concerto comincia la mia storia reale in Italia. Faccio poi tanti concerti ed opere a Venezia, studiando il canto, poi a Firenze, e piano piano arrivo a Roma dove incontro il mio futuro marito. Me lo presenta il nostro caro amico comune, il talentuoso e virtuoso violoncellista e compositore Geurgy Gusev, che è stato allievo del grandissimo Giovanni Sollima, uno dei più grandi compositori e violoncellisti contemporanei. Praticamente sono stata ospite a casa sua a Natale, e non sono più ripartita da Roma. Una storia d’amore favolosa!!”
E da quel momento anche le vite artistiche di Natalia e del marito David Colantoni si intrecciano.
“Mio marito poi è diventato un grandissimo amico di Giovanni Sollima con cui hanno un rapporto veramente speciale. Giovanni generosamente ha scritto un adattamento proprio per soprano, ovvero per la mia voce, di due sue straordinarie opere: una, “Viaggio in Italia”, è una nuova versione per voce e quintetto, la cui prima mondiale abbiamo presentato alla Casa Internazionale della Musica a Mosca e che ho voluto dedicare alla memoria di Domenico Colantoni dal cui archivio ho proiettato dei video materiale degli anni 60-70 fatti con la Super 8, e un altro pezzo dalla sua opera Caravaggio, che Giovanni, a cui sono infinitamente grata per questo dono, ha riscritto apposta per voce e due Celli, che eseguirò a breve a Mosca per il Festival Internazionale Maestri di Musica, e in Basilica in Aracoeli con Marco Algenti e Bernardino Penazzi.
Ultimamente ho portato a San Pietroburgo, nel museo Pushkin di stato, “Teatro di Moda del settecento” che ricostruiva l’epoca di Caterina la grande la quale invitava i compositori italiani. Abbiamo fatto in maniera autentica Cimarosa Maestro di Capella, con il maestro Marcello Lippi, con cui abbiamo una grande amicizia ormai, all’epoca direttore artistico del teatro a Pisa, e la Serva Padrone.
A Roma invece abbiamo creato il festival Russo a Palazzo Poli, che riprende la tradizione dei Saloni russi di Sinaida Volkonskaja dell’Ottocento, dove suonava Liszt, Chopin, e dove ho cantato con il bravissimo violinista e amico Sergey Krylov, che è anche molto legato all’Italia, dove abita dall’età di 18 anni. Suo padre è stato un fantastico liutaio a Cremona, e lui suona sul violino fatto dal padre… E poi la maggior parte dei miei concerti in Philarmoium di Mosca con Akademia di musica antica diretta da Tatiana Grindenko è dedicata alla musica italiana Vivaldi, Cesti, Gerardeschi, Pavona Cordens, musica poco conosciuta però bellissima e importantissima!
Alla Philarmioncia di Mosca abbiamo debuttato la prima mondiale di un opera della compositrice lraida Yusupova dal titolo “Genesis” (la famiglia russa-italiana) su testo di una poesia di mio marito David Colantoni e di mia madre Vera Pavlova, che ha avuto un grandissimo successo. E’ anche Uscito CD con la musica di Iraida e con testo di David Colantoni”.
A questo punto, mentre racconta di questi concerti tra Roma e Mosca, Natalia aggiunge:
“La mia vita in Italia sarebbe impossibile senza mio marito, che mi sostiene moltissimo anche artisticamente, e che io ritengo essere un grandissimo artista e che mi fa aprire il mondo dell’ arte italiana, degli intellettuali italiani. Così in questa nostra relazione posso svilupparmi, posso crescere come artista, non limitandomi solo al canto, ma in senso più ampio umano e spirituale, che è la cosa più importante!”
E come si adatta una moscovita alla vita a Roma?
“Adoro Roma, nel cui cuore ho il privilegio di vivere, una città fra le più belle del mondo, città unica dove si uniscono e convivono due civiltà, come due tempi paralleli: antico e contemporaneo, come ha grandiosamente espresso Fellini. A proposito, tempo fa feci lo spettacolo “Il sogno Fellini che non finisce mai”, con la musica di Nino Rota e testi dal suo libro “Fare un film”. Sono fortunata di aver cantato nelle maggior Basiliche Romane, Auditorium di Roma, Terme di Caracalla, Palazzo Poli et etc….Roma mi inspira sempre come anche mi ha ispirato New York….”
Ecco New York. Un rapporto appena nato. Continuerà?
“Il 30 maggio scorso, a New York, ho fatto il concerto alla Carnegie Hall con la pianista e direttrice artistica del Narnia Festival Cristiana Pegoraro. A Carnegie abbiamo eseguito la prima mondiale di una composizione di un compositore messicano contemporaneo, Venus Rey, Jr., dal titolo “Pavlova Songs” su testi di mia madre, in nuova versione per piano, corno, cello e voce, con la partecipazione di mia madre, con partecipazione di bravissimo Ian Vlahović, che ha suonato il corno francese e il violoncellista e compositore Georgy Gusev.
Un altro contatto con la grande arte italiana è che il mio vestito per il concerto a Carnegie Hall è stato realizzato da una giovane ma già importante stilista siciliana, ormai mia carissima amica, che si chiama Flavia Pinello”.
Scopriamo come nasce il rapporto di Natalia con New York, attraverso la madre e la sua storia d’amore con Steven Seymour…
“Purtroppo non avevo la possibilità di venire qui mentre era ancora vivo, però New York era per me sempre come un sogno, infatti facevo un sogno che ripetevo e che vedevo in diversi variazioni: arrivo nella città con mia madre e mia sorella, la bellissima e misteriosa vista dei grattacieli, l’oceano che arrivava persino ai marciapiedi, il vento, freschissimo e pulitissimo, che sentivo come dentro la mia anima, che la liberava dai pensieri tristi… Ed ecco il sogno è divenuto realtà, era profetico, e la città reale era proprio cosi, anzi questa vera è ancora più bella. Vivo nel bellissimo appartamento di Manhattan dove mia madre abitava con Steven, dove adesso abita mia sorella, e sto parlando con te nel fantastico Bryant Park…”
Il concerto alla Carnegie Hall: è andato come immaginava?
“Il concerto alla Carnegie Hall è stato per me un evento importantissimo! Mi ha meravigliato l’energia e la bellezza della scena storica di Carnegie Hall, dove si esibivano Rostropovich, Callas, e ho avuto meravigliosa impressione dal pubblico Newyorchese, che mi accolto con tanto calore e una standing ovation. New York è una città molto viva culturalmente, soprattutto di arte contemporanea, e che ha un magnetismo, che ti commuove e ti attira nel voler ritornare.
Quindi sto pianificando di tornare qui il prossimo anno con altre prime mondiali, poi ho proposto a Iraida Yusupova di scrivere un’opera con le bellissime poesie da North Street Dithyrambs di Jonathan Galassi , il direttore della Farrar Straus con cui mio marito ha una amicizia, e lei ora lo sta preparando… Vorrei fare un concerto con organo in San Patrick, e una monopera La voix humaine di Francis Poulenc con il pianista Leon Livshin, con cui abbiamo fatto settimana fa anche il concerto all’associazione Puskin di New York insieme a mia madre, concerto – omaggio a Puskin (200 anni dalla nascita).
Ho tanti altri progetti ancora… la mia mia vita anche rispetto alla famiglia è legata a NY, mia madre e mia e sorella, che ci hanno vissuto e continuano a abitare qua, mio suocero Domenico Colantoni, pittore e filmaker, che negli anni 80 venne a New York con una lettera di presentazione di Alberto Moravia suo carissimo amico a cui ha dedicato una grande mostra, per incontrare il grande editore Roger Straus.
Mio marito David Colantoni ha fatto un’opera digitale in memoria delle vittime della tragedia del 9/11 che si chiama “The Pietà in Ground Zero” che è anche nell’archivio degli artisti del 9/11 memorial.
Intanto adesso devo fare una tournée in America con il pianista Daniel Wnukowski a San Diego, e in Florida vorrei incontrare la compositrice russa contemporanea Lera Auerbach…
Poi dovrei andare anche in Canada, dove Wnukowski mi ha invitato a partecipare nel suo festival internazionale Summer in Collingwood… insomma sono piena di progetti americani!
Nei miei piani futuri comunque vedo oggi più che altro tanto lavoro con la musica contemporanea e con i compositori viventi, perché credo che è molto importante avere il rapporto reale con i compositori, non solo nella musica, ma anche durante le prove, nella vita, ti senti molto più vicino alla musica, anzi quasi la musica stessa.
Stiamo preparando il “Magnificat” di Vladimir Martynov con Accademia della musica antica di filarmonica di Mosca, “Caravaggio” di Giovanni Sollima, che come ho già detto ha ri- scritto per la mia voce come nuova versione- e che farò a breve e stiamo pensando anche di farlo con il grandissimo violinista e direttore dell’orchestra di filarmonica di Vilnius Sergej Krylov”.
Ma dove sogna di cantare Natalia Pavlova?
“Una volta uno spettatore dopo un concerto a Milano mi ha detto: ‘Brava! Ma quando ti ascolterò a La Scala?’ Istintivamente ho risposto ‘fra due anni’. Era un pensiero così, la prima cosa che mi è venuta in mente. Allora fra due anni forse ci vediamo alla Scala!”.
Che valore ha oggi l’arte per affrontare i problemi della società contemporanea? In America così come in Italia o in Russia?
“A New York ho visto tante nazionalità che convivono insieme, anzi ho percepito l’energia bella e positiva che li riuniva. Credo che il valore dell’arte serve anche per riavvicinare i popoli: l’opera e la musica in genere è uno strumento universale per emozionare e far sentire i popoli vicini a prescindere dalle nazionalità e il loro conflitti… Per creare un’armonia. Il grande poeta Auden diceva: i popoli non stanno in conflitto non quando la massa canta in unisono, ma quando canta in armonia…. Purtroppo Il mondo di oggi è pieno di crudeltà e di violenza, ma con l’arte, con la musica, il teatro, la letteratura possiamo non nascondere questa verità, e portare il nostro messaggio in maniera diretta contro tutto questo, contro la violenza! Bellezza è verità, verità è bellezza diceva Keats… Possiamo portare un po’ di bellezza, di amore – tutto quello che manca e di cui ha bisogno il mondo, e farlo in uno spazio assolutamente reale di musica, teatro, cinema, letteratura, poesia… È semplice a dirlo nelle parole ma difficilissimo nell’ azione”.
Nel congedarci da Natalia Pavlova, artista russa innamorata dell’Italia, in attesa di vederla nuovamente cantare l’opera a New York, le chiediamo chi sia il suo compositore preferito.
“Tra i miei compositori contemporanei preferiti, sicuramente c’è il grande siciliano Giovanni Sollima. Invece se parliamo di opera lirica, le emozioni maggiori vengono quando canto arie di Giuseppe Verdi… Però è difficile scegliere, anche perché non sempre coincide con quello che ti piace e quello che puoi fare meglio. Il repertorio che ti appartiene, è invece capire questo molto più importante per una cantante. So, che quando canto Sollima, o pure Vladimir Martynov – un altro genio vivente, sento crescere la mia capacità e libertà artistica e paradossalmente il repertorio classico e barocco mi si apre in modo più profondo, lo sento più vicino, più comprensibile e vocalmente lo reggo più facilmente”.