La comunicazione, come è noto, può rappresentare un modo per modellare la realtà, o perché, talvolta, si descrive qualcosa che non c’è o perché si descrive qualcosa che c’è scegliendo, specifici tratti attraverso cui presentarlo e non altri.
Ogni giorno ci sediamo a tavola ponendoci quesiti assillanti, ogni momento siamo bombardati da messaggi provenienti da indagini e ricerche sbagliate o approssimative che corrompono la divulgazione scientifica sui social network e sul web in generale. La sperimentazione animale, gli organismi geneticamente modificati, il presunto collegamento tra vaccini e autismo, il caso Stamina, i terremoti e la possibilità di prevederli: tutti temi balzati agli onori delle cronache in tempi recenti e tutti con un denominatore comune: il prevalere dell’emotività sull’evidenza scientifica, con esiti spesso funesti, non solo per la credibilità del mondo scientifico e accademico e la corretta allocazione di risorse già scarse, ma anche per la salute e la qualità della vita dei cittadini.
Di recente un format pubblicitario è stato sottoposto al vaglio del Gran Giuri’ dell’istituto dell’autodisciplina pubblicitaria: lo spot della “dieta mima digiuno”, che prevede l’utilizzo di kit di prodotti alimentari. La dieta mima digiuno è un programma dietetico di 5 giorni, il cui obiettivo è di simulare lo stato metabolico del digiuno mitigando lo stress fisico e psicologico che il digiuno vero impone al corpo, con un regime giornaliero veramente stretto, che va dalle 1000 calorie il primo giorno e nei 4 giorni successivi le calorie scendono a 750.
La pubblicità è stata ritenuta ingannevole dal Gran Giuri’ (IAP), a seguito della pronuncia 29/2019 (violazione art. 2 CA), limitatamente alla frase Pagina 2 di 3 “unico programma alimentare” e nella parte in cui omette di chiarire che il prodotto e’ consigliato soprattutto per alcune patologie.
Ed infatti, la predetta pronuncia precisando l’inesistenza di evidenze circa la pericolosità del prodotto reclamizzato, ha però ritenuto che la comunicazione dovesse essere meglio specificata rispetto a due punti e, precisamente la mancata dimostrazione dell’unicità del prodotto nonché l’omessa precisazione che il programma non è per tutti indicato. Rispetto al primo punto ha statuito che: “la comunicazione commerciale contestata per alcuni aspetti enfatizza impropriamente i risultati ottenuti dei trials clinici e per altri versi attribuisca al prodotto reclamizzato caratteristiche ulteriori che non sono affatto dimostrate. In particolare, nulla nella documentazione allegata fa emergere che il prodotto sia “unico” nel suo settore merceologico”. “Simile attributo” – prosegue il Gran Giuri “non può discendere dal fatto che Prolon ricalchi le prescrizioni di un programma alimentare brevettato, in quanto il consumatore decodifica il vanto di unicità non nel senso che si tratta di un unico prodotto che può ricalcare quel programma oggetto di esclusiva, ma nel senso che è l’unico prodotto che può far ottenere i risultati positivi vantatati, e questo non può essere affatto dimostrato”. Rispetto al secondo, ha osservato che: “sebbene sia comunemente accettato nella comunità scientifica di riferimento che variazioni quantitative di specifici marcatori biomedici siano correlate a stati patologici o di rischio di stati patologici, e sebbene non sia disputato che i marcatori utilizzati negli studi e nei tests prodotti dall’ingiunto siano significativi, tuttavia da una lettura di tali studi emerge che le variazioni positive ottenute dopo 5 giorni di trattamento si riscontrano solo in soggetti che in partenza presentavano parametri notevolmente alterati, mentre rispetto ad altri soggetti l’effetto riscontrato e’ nullo”.
La pubblicità del Kit ProLon per seguire la dieta mima digiuno è stata censurata per la seconda volta in pochi mesi dallo Iap. Il Comitato di controllo dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria ha infatti ritenuto ingannevole e ha censurato un’altra pubblicità di ProLon, il kit venduto in farmacia e online per seguire la dieta mima digiuno sviluppata dalle ricerche di Valter Longo.
L’ingiunzione è la n. 54/19.
Il messaggio in realtà enfatizza impropriamente i risultati conseguiti con il programma alimentare pubblicizzato, anche in relazione a patologie, che esulano da quanto riconoscibile a una dieta. Inoltre attribuisce una Pagina 3 di 3 sorta di avallo generalizzato da parte della comunità scientifica accreditando il trattamento con la figura del noto prof. Umberto Veronesi.
Il lettore che cliccava sulla foto di Veronesi veniva però reindirizzato al sito di ProLon, ovvero di un programma dietetico di cinque giorni proposto in una confezione che contiene cinque mini box con barrette, zuppe, bibite e supplementi da assumere nel ciclo della dieta.
La pubblicità è stata quindi giudicata in contrasto con l’articolo 2 del Codice di autodisciplina pubblicitaria (comunicazione commerciale ingannevole) perché enfatizzerebbe “impropriamente i risultati conseguibili con il programma alimentare pubblicizzato”.
L’Istituto contesta anche il riferimento agli effetti “per cuore, diabete, cancro”, perché “nella loro aleatorietà non risultano in alcun modo ammissibili, in quanto evocativi di effetti di natura preventiva o terapeutica che esulano dai possibili effetti di alimenti o diete”.
E’ opportuno ribadire per l’ennesima volta che, per le conoscenze attuali, la dieta mediterranea a basso contenuto di proteine animali è quella che riduce maggiormente i fattori di rischio per le malattie ritenute le principali cause di morte nei paesi sviluppati. I dati di una serie di studi di coorte e casi-controllo hanno dimostrato che ad un’elevata assunzione di alimenti tipici del modello tradizionale di dieta mediterranea (MDP) è associato un ridotto rischio per lo sviluppo di vari tipi di tumori, tra cui il tratto digestivo superiore, lo stomaco, il colon-retto, il pancreas, il fegato e tumori ormonali selezionati come il cancro dell’endometrio. La dieta medi terranea può in fluenzare posi tivamen te il processo di invecchiamento, ritardando l’evoluzione del declino cognitivo legato alla malattia di Alzheimer e alla demenza vascolare, che è spesso documentata molto tempo prima della diagnosi clinica della demenza.
Si tratta di un modello sostenibile di benessere che si esplicita attraverso diverse specificità locali. In sintesi un modello di “dieta sostenibile”, cioè una dieta a basso impatto ambientale che contribuisce alla sicurezza alimentare e nutrizionale e ad una vita salubre per le generazioni presenti e future.
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