Con la sua cucina ha deliziato i palati di personaggi famosi come Anthony Quinn, Oriana Fallaci, Isabella Rossellini e molti altri vip. Il suo ristorante Sandro’s nella Grande Mela è stato recensito da alcuni critici gastronomici americani come una vera e propria destinazione italiana dove si esalta la cucina romana e umbra.
Tutto comincia all’età di sette anni in Umbria, dove Sandro Fioriti nasce, e dove il padre voleva che diventasse carabiniere. Sandro, che in cucina approda bambino per pelare le patate e lavare i piatti, scappa da casa per ben due volte e decide che è tra pentole e fornelli che vuole vivere.
Prima la gavetta a Frascati nel Ristorante Cacciani, poi il passaggio a sous chef con Franco Carbonari, infine il suo primo ristorante D’artagnan, dove Sandro esprime con autenticità e innovazione la sua idea di cucina italiana.
Siamo negli anni Ottanta, quelli dell’opulenza italiana e delle grandi opportunità. È in quegli anni che Sandro conosce il famoso ritoratore italiano, Tony May, che gli offre la possibilità di seguirlo a New York per aprire, nel 1985, il primo Sandro’s.
Inizia la grande avventura americana dello chef umbro, pioniere di una cucina italiana autentica che viene dalla tradizione della madrepatria senza passaggi intermedi e compromessi.
Oggi Sandro, dopo la chiusura del primo ristorante a New York e la parentesi caraibica, si dedica a tempo pieno al nuovo Sandro’s, aperto nel 2007 nell’Upper East side.
L’atmosfera che si respira è quella di una classica trattoria e osteria italiana dove il cliente viene coccolato e i piatti si raccontano attraverso i sapori e gli aneddoti con cui lo stesso Sandro intrattiene i commensali.
Ci si sente a casa da Sandro, atmosfera familiare e gestione in famiglia insieme al figlio Sandro e alla moglie Anna.
Ogni piatto nasconde una storia e a svelarvela sarà proprio lui.
Vorrei dire agli chef italiani in America di non compromettere mai la tradizione pur di accontentare il palato americano. Bisogna piuttosto divulgare, fare informazione sulla cucina tradizionale italiana.
Sandro quando sei arrivato negli Stati Uniti che tipo di cucina italiana hai trovato e hai portato?
“Una cucina italo-americana che aveva indubbiamente radici nel nostro paese ma che era stata tradotta in qualcosa di diverso spinta dalla necessità della mancanza di materie prime autentiche e dal mancato legame con quella cucina italiana in Itlia che nel frattempo stava cambiando lentamente”.
Hai definito la tua cucina autentica, tradizionale. In una parola: vera. In quale terreno ti senti più a tuo agio: quello della tradizione in purezza o quello della sperimentazione minima?
“Mi sento a mio agio con una cucina che mi rappresenta ovvero una cucina fatta di ingredienti che rispettano il cibo e chi lo consuma, con una tecnica che non va a snaturare e stravolgere i sapori ma semmai ad esaltarli. Una cucina, la mia, che affonda le tradizioni in Umbria e nel Lazio. Sono sapori di infanzia ma anche nuovi perchè nello stesso tempo dobbiamo creare ed innovare. Siamo certo lontani dalla sperimentazione in sè se questa non si lega ad una radice storica precisa”.
La critica del New York times ha definito i suoi spaghetti all’Amatriciana i migliori oltreocano. La stampa americana la eloggia come esponente di una cucina italiana vera. “Non c’è bisogno di prendere un aereo per assaggiare un’amatriciana”, leggiamo nelle pagine americane. Come ha fatto a conquistare gli americani?
“C’è voluto un lavoro di “educazione” “promozione” e “diffusione” della cucina italiana regionale, in questo caso quella romana e umbra. Oggi gli americani viaggiano e alcuni show, insieme ai social media, accelerano l’informazione ma fino vent’anni fa non era così.
Ricordo quando ho presentato un agnello fatto come si faceva a casa mia o la trippa, la porchetta fatta da me. Sono stati piatti che all’inizio mi sono stati rimandati indietro.
Piano piano ho raccontato la storia di questi piatti ed educato il palato a sapori nuovi. Oggi la porchetta o la trippa sono tra i piatti più apprezzati”.
Ha cucinato anche per molti personaggi famosi. Può raccontarci qualche aneddoto legato alle abitudini culinarie dei vip?
“Anni fa ho servito il tavolo dove sedevano Oriana Fallaci, Isabella Rossellini, Giancarlo Giannini, Anthony Quinn mentre per i Clinton ho preparato un pranzo con una zuppa, molto amata da Hillary, un’insalata di funghi porcini e tartufo bianco. Sono di casa Francesco Totti, un tempo insieme alla squadra della Roma e da me sono passati personaggi famosi italiani e americani”.
Perchè, secondo lei, la sua cucina è molto apprezzata?
“Perchè è semplice nel senso di autentica, popolare nel senso che nasce dalla tradizione e quella stessa tradizione rispetta. Non amo i fronzoli, le cose superflue, nella vita come in cucina. E poi perchè nel mio ristorante si sentono a casa. L’atmosfera è conviviale, rilassata”.
Sandro Fioriti, uno degli ultimi chef che ci ricorda la figura di cuoco e oste. Dove sta andando la cucina italiana?
“Bisogna ripartire da dove tutto è cominciato. Dalle sagre di paese, dai sapori veri, dalla cucina che nasce in casa e nelle tavole delle nostre nonne prende forma. Vorrei dire agli chef italiani in America di non compromettere mai la tradizione pur di accontentare il palato americano.
Bisogna piuttosto divulgare, fare informazione sulla cucina tradizionale italiana”.
Ma come si fa ad aggirare l’ostacolo di alcuni ingredienti che in America non arrivano?
“Io vado a fare la spesa ogni giorno al mercato. A New York si trova di tutto e quello che non trovo me lo faccio mandare dall’Italia. Tutto è possibile oggi”.
Il segreto della cucina italiana dove sta secondo lei?
“Nelle piccole cose, quelle più insospetabili come l’acqua”.
Qual è il piatto della memoria di Sandro?
“C’è molta Umbria, la regione dove sono nato, con i suoi tartufi e poi molta cucina romana con cui sono cresciuto. Quello più amato dai miei clienti? Gli spaghetti con i limoni di Sorrento, un piatto di mia totale creazione”.
Quando non è in cucina dove sta Sandro?
“A casa mia, ma sempre in cucina”.