Cervelli in fuga e persi per sempre? O, invece, talenti che portano all’estero la cultura e i saperi italici dando vita a ibridazioni e arricchimenti a doppio senso? Il dibattito è aperto da tempo e trova accesi sostenitori nelle due fazioni. Ma c’è anche molto altro su cui riflettere. Se, infatti, tutti parlano di questi nuovi expat, per lo più giovani e acculturati ma non solo, nessuno si occupa invece di una fascia generazionale che dagli sconvolgimenti della nuova mobilità globalizzata è toccata sia sul piano economico sia – ancora più importante – su quello degli affetti e dei sentimenti. Parliamo dei genitori. Quanto costa essere genitori a distanza? Quanto ne risente il portafoglio ma, ancora di più, il cuore?
Il problema se lo è posto Brunella Rallo, sociologa e madre a distanza di lungo corso: il suo nido si è svuotato, destinazione estero, ormai da 19 anni. Lei non si è persa d’animo. Quando si è accorta che tante altre madri e tanti padri avevano e hanno i suoi stessi problemi… ha aperto un blog. Il nome dice tutto: mammedicevellinfuga.com. Fateci un giro, oltre che istruttivo è anche divertente. Dentro c’è di tutto: consigli pratici su viaggi, passaporti, permessi di lavoro e soggiorno ma anche sfoghi, condivisioni di ansie, situazioni.
Solo genitori che spettegolano sui propri figli come fanno in pratica tutti i genitori? No. Lo slogan, non a caso, è: “Noi non spettegoliamo, noi facciamo rete”. Ed è davvero così. In pratica è nata una comunità in rete, una di quelle Global Communities basate su interessi comuni, preconizzate da pensatori come Amartya Sen e Zygmunt Baumann, e che – a fronte di uno sfaldamento degli stati-nazione come li abbiamo finora conosciuti – si apprestano a diventare sempre più i nodi attorno ai quali si costruiranno e interfacceranno le nuove civilizzazioni. E che la cosa funzioni lo dicono i numeri crescenti degli iscritti e delle iscritte a questo che, nato appena due anni fa, ormai non è più un semplice blog.
Ora la Rallo si è alleata con un’altra donna di grande esperienza e cultura: Maddalena Tirabassi, direttrice del Centro Altreitalie che, da Torino, si occupa dei fenomeni migratori italiani (altreitalie.it). Insieme hanno dato vita a quello che quasi certamente è il primo sondaggio mai tentato in questo ambito: un’indagine per cercare di capire quali sono i costi reali della mobilità globalizzata.
Il sondaggio, in rete da qualche settimana, è diviso in due, il primo riservato a chi ha figli fuori d’Italia, il secondo a chi li ha in Italia ma in altre regioni rispetto alla casa della famiglia di origine. Con una sessantina di domande, il duo Rallo-Tirabassi si propone di identificare e quantificare le diverse tipologie di spesa: dalla retta del college/università, all’affitto, dalle spese mediche, ai viaggi da e per il luogo di origine. Ma anche di capire e quantificare il contributo globale che la famiglia fornisce ai figli lontani. “Vogliamo anche valutare il livello di autonomia economica dei nuovi migranti” dicono. “Da quelli che vanno via per studiare a quelli che si sono stabiliti nel nuovo Paese di residenza, spesso mettendo su famiglia, fino a coloro che contribuiscono al sostentamento dei parenti in Italia attraverso le rimesse”.
Già perché c’è anche un altro aspetto socio-economico interessante. Lo spiega Tirabassi: “Per quasi un secolo l’economia italiana si è avvalsa delle rimesse dei suoi emigrati. Con la ripresa massiccia delle migrazioni nell’ultimo decennio, che ha visto spostare la residenza all’estero a oltre 780mila cittadini italiani di cui un terzo in possesso di laurea e più del il 51 per cento con un’età tra i 15 e i 39 anni, la situazione pare essersi rovesciata: l’anno scorso Confindustria rilevava che la fuga dei cervelli all’estero, o come la si voglia chiamare, fa perdere all’Italia, in termini di capitale umano, circa 14 miliardi all’anno, pari a un punto percentuale di Pil”.
Cifre che vengono confermate anche dalle ricerche più recenti: gli ultimi dati e le statistiche più aggiornate raccontano che sono 114mila i cittadini italiani che hanno trasferito la residenza all’estero nel 2017 e tra questi il 42 per cento (48.600) ha tra 18 e 34 anni. E forse il dato è persino sottostimato perché solo un italiano su due si registra all’AIRE, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero. In realtà potrebbero essere almeno il doppio. Con quali destinazioni? La maggioranza degli espatriati sceglie nell’ordine Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia, Brasile, Stati Uniti.
Insomma: l’emigrazione contemporanea di tanti italiani non riguarda solo le famiglie, ma ha riflessi importanti su tutto il Paese. Alle spese necessarie per il trasferimento si aggiunge la perdita netta per lo Stato del costo sostenuto per l’istruzione di giovani, spesso laureati, che mettono a frutto all’estero la formazione acquisita in Italia.
Per chi fosse interessato il questionario per chi ha i figli all’estero è cliccabile qui figli all’estero. Per chi ha i figli in altre regioni d’Italia è cliccabile qui: altre regioni italiane.