“Che cosa sei?”, “da dove vieni?”. Gamey Guilavogui, attrice italiana nata da madre italiana e padre della Guinea, ci racconta che queste sono due domande che si sente rivolgere di frequente da tanti italiani. Anche se è nata a Roma e cresciuta in Italia, molti italiani vedono Guilavogui come una straniera. Questo senso di distacco e il non sentirsi parte del proprio paese la fa sentire come se volesse “strisciare fuori dalla propria pelle” e “diventare invisibile”.
Guilavogui è solo una delle molte attrici italiane di origini miste o non bianche che appare in Blaxploitalian: Cent’anni di Afrostorie nel cinema italiano, un nuovo documentario di Fred Kuwornu, regista di Bologna figlio di padre ghanese, un chirurgo immigrato in Italia negli anni ’60, e madre ebrea italiana. Il film di Kuwornu esamina in modo critico le complessità razziali, etniche e di identità nazionale così come vissute dagli italiani di origini miste. Il suo primo film Inside Buffalo (2010) è un documentario che parla della 92ª Divisione, conosciuta anche come Buffalo Soldiers, un’unità di combattimento composta tutta da afroamericani che combatté in Italia durante la seconda guerra mondiale. Kuwornu realizzò questo film dopo aver collaborato con Spike Lee a Miracle at St. Anna (Miracolo a Sant’Anna), lungometraggio del 2008 sulla 92ª Divisione.
Poi, nel 2012, Kuwornu suscitò polemiche e un necessario dibattito pubblico con il suo secondo film, un’accesa critica della legge sulla cittadinanza italiana 18 Ius Soli: Il Diritto di essere italiani.
Come suggerisce il titolo, Blaxploitalian: Cent’anni di Afrostorie nel cinema italiano esplora sia la presenza che lo sfruttamento degli attori neri nei film italiani. Attraverso un mix di immagini di repertorio e nuove interviste a diversi attori, il film di Kuwornu tocca molti argomenti in una sola ora. Al centro della storia ci sono le testimonianze personali di attori che lavorano nell’industria cinematografica che li classifica nella casella dei ruoli stereotipici, come criminali, terroristi, spacciatori, poveri immigrati, prostitute. Questo film non si limita a documentare questa scomoda realtà, ma racconta anche delle loro difficoltà nel più ampio contesto storico, quello del passato coloniale d’Italia e delle sue relazioni con gli africani un tempo colonizzati e i loro discendenti.

Kuwornu ha trovato l’ispirazione per Blaxploitalian dopo aver letto L’Africa in Italia: Per una controstoria postcoloniale del cinema Italiano, una collezione di saggi critici e interviste revisionati da Leonardo De Franceschi nel 2013. Il suo film traccia la storia dei neri italiani e della rappresentazione africana nei film italiani, cominciando da Salambò, film del 1915 che vede un attore nero completamente ignorato nei titoli di coda. Partendo dall’era dei film muti, Kuwornu continua ad esplorare i film italiani sotto il regime fascista, il Neorealismo del dopoguerra, le epopee storiche in costume, la Commedia all’italiana, i film di genere anni ’70 e il cinema contemporaneo.
Tra gli attori intervistati in Blaxploitalian ci sono: Jonis Bashir, un somalo-italiano; Salvatore Marino, un eritreo-italiano; Livio Bashir, un attore egiziano-italiano che ha una forte somiglianza a Barack Obama; Germani Gentile, un brasiliano di colore adottato da una famiglia italiana. Accanto al già menzionato Gamey Guilavogui, compaiono nel film anche Zeudi Araya, un’attrice eritrea-italiana, e due attrici originarie della Repubblica Dominicana, Iris Peynado, conosciuta per il film Non ci resta che piangere, una commedia del 1984 scritta e diretta da Massimo Troisi e Roberto Benigni, e Denny Mendez, che passò alla storia nel 2006 quando divenne la prima Miss Italia con origini non italiane.
Nel suo film, Kuwornu evidenzia anche il contributo di attori afroamericani, come John Kitzmiller, un ufficiale della 92ª Divisione di Fanteria che restò in Italia dopo la seconda guerra mondiale e recitò in film neorealisti, tra cui Senza pietà, film in cui interpretò il ruolo del protagonista; Fred Williamson, la star di Blaxploitalian, che apparve in Bastardi senza gloria, un film di Enzo Castellari; e l’attore spalla dei western all’italiana, Woody Strode (Black Jesus).
Come testimonia l’esperienza di questi attori, i ruoli che vengono loro offerti non sono sempre umilianti; i neri nei film italiani possono essere empatici e anche eroici. Ma il più delle volte le parti sono parti stereotipate in cui il nero è dipinto come fisicamente forte e violento; le donne come seducenti tentatrici esotiche. E, come osserva uno degli intervistati nel film di Kuwornu, gli attori neri venivano e continuano ad essere offerti ruoli che “esemplificano il problema sociale”. Persino John Kitzmiller, che vanta un grande successo nei film italiani ed europei, è stato spesso ingaggiato per recitare il ruolo dell’arrabbiato uomo nero che è costretto a lottare contro i pregiudizi razziali.
Blaxploitalian storicizza lo status degli afroitaliani e delle persone di discendenza Africana nell’immaginario italiano. Ad un certo punto del film, Kuwornu ci racconta l’orribile storia del colonialismo italiano in Africa e di come è stato “cancellato dalla memoria popolare”; al posto della verità storica, il cinema italiano offriva immagini di selvaggi, esoticità e inferiorità razziale. Kuwornu osserva come in Harlem Knockout, un film di propaganda girato quando Mussolini cercò di creare un nuovo impero in Africa, i neri furono rappresentati come “infantili e incapaci di parlare una lingua”.

Dececnni più tardi, negli anni ’70, l’industria cinematografica italiana fu costretta non solo a competere con film stranieri, perlopiù americani, ma anche con la televisione. “L’arte” di fare film degli anni precedenti cadde nel dimenticatoio e l’industria cinematografica iniziò a produrre molti film a basso costo – horror, dramma criminale, film d’azione, e i cosiddetti “trash film”, film spazzatura, delle commedie di basso o nessun valore artistico. Però, i film spazzatura spesso sfidavano i tabù sociali, specialmente quelli sessuali. Le attrici nere trovavano lavoro in questi film, ma anche qui i ruoli erano gli stessi, come “la donna dello spacciatore”, racconta una delle persone intervistate da Kuwornu.
All’inizio degli anni ’90, la coscienza sociale iniziò a smuoversi; dopo che un contadino immigrato sudafricano fu ucciso nel 1989, ci furono grandi dimostrazioni contro il razzismo in diverse città italiane. Pummarò, un film diretto da Michele Placido, è una prima rappresentazione cinematografica di una realtà fuori dal campo visivo, e dalla mente, di molti italiani: la condizione dei braccianti africani che raccolgono i prodotti agricoli nel Sud Italia. Tra i personaggi del film, una giovane ghanese che è alla ricerca del fratello disperso, un bracciante immigrato e un medico nero. Ma il film di Placido, anche se molto empatico, presenta gli immigrati africani come un problema sociale. Molti film successivi continuano a rappresentarli nella stessa maniere, invece che parte della rete sociale Italiana.
Come confermano gli attori e le attrici di Blaxploitalian la mancanza di buoni ruoli non stereotipici rimane il principale ostacolo da superare. “Perché non posso recitare il ruolo di un commissario di polizia?”, ci si chiede.
A cominciare dalla fine di gennaio e per tutto febbraio 2017, che in America è il Black History Month, Kuwornu ha portato Blaxploitalian in giro per gli Stati Uniti. Entro la fine del mese Kuwornu aveva già proiettato il suo film in 13 città americane (incluse New York, Los Angeles, San Diego, Miami, Houston, Las Vegas e Salt Lake City) tra campus, festival cinematografici e musei. A marzo, porterà il suo film alla Tufts University in Massachusetts e all’Università di Toronto prima di iniziare un altro tour negli Sati Uniti. A New York, dove Kuwornu ora vive, Blaxploitalian è stato proiettato alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University e al Museum of the Moving Image, nel Queens. Ho contattato Kuwornu sui social media e sono riuscito a fargli ritagliare del tempo nel suo frenetico calendario per farmi raccontare del film e di come è stato ricevuto a New York: “I due tipi di pubblico erano completamente diversi. Alla Casa Italiana abbiamo avuto molte persone che amano e apprezzano la cultura italiana e la sessione di domande dopo la proiezione del film ha riguardato il multiculturalismo, l’Italia contemporanea, la diversità dell’Italia e la presenza di afroitaliani. Ci sono state molte domande riguardanti gli afroitaliani. Al museo invece, il pubblico veniva principalmente dalle comunità di colore, lì la sessione di domande ha riguardato di più la diaspora africana, non solo in Italia, ma nel mondo”.
Un pubblico che evidentemente non è stato attratto dal film è quello italoamericano: pochi ad entrambe le proiezioni. La prima volta che intervistai Kuwornu, quasi due anni fa per un’altra pubblicazione, mi raccontò di come alcuni italoamericani avevano avuto reazioni negative ai suoi film e alla sua persona, come se non potessero concepire gli italiani se non come bianchi. Alcuni erano rimasti davvero sconcertati nel sentire e vedere un uomo di colore parlare con accento italiano e gesticolare all’italiana. La loro riluttanza nel riconoscere l’esistenza degli italiani di colore e della loro identità italiana ricorda la situazione dell’Italia contemporanea.
Blaxploitalian è molto più che delle semplici immagini di italiani neri nei mass media e nella cultura popolare; come sottolinea il film, la mancanza di una diversità nella rappresentazione è un problema globale (la campagna mediatica #OscarsSoWhite degli scorsi Oscar protestava contro la completa esclusione di attori e attrici neri dalle nomination degli Accademy Awards del 2016). Inoltre, il problema non affligge solo i neri; Kuwornu ci racconta come anche i latinoamericani sono sottorappresentati e incasellati in stereotipi negli Stati Uniti, e aggiunge che fino a poco tempo fa gli italoamericani erano rappresentati quasi interamente attraverso immagini negative. “Questo documentario cerca di raccontare come ogni paese deve affrontare il problema della scarsa rappresentazione di molti gruppi sociali”.
Kuwornu osserva: “Non penso che i nostri mass media in Italia abbiano un’idea chiara di quale strategia adottare”. Menziona la strategia della British Broadcasting Corporation come un possibile modello da seguire, una strategia che imposta delle quote per i neri, gli asiatici e le minoranze etniche sia in televisione che nel personale della BBC. Kuwornu suggerisce che la RAI, la TV nazionale italiana, e la produzione cinematografica adottino l’approccio britannico per “risolvere il problema”. Tuttavia va detto che alcuni commentatori hanno criticato la BBC per avere degli obiettivi non chiari e una valutazione dei dati fuorviante.
Blaxpolitalian critica il cinema italiano e l’industria televisiva, i registi e i direttori del casting accusandoli di “pigrizia mentale” che li rende ciechi davanti alla realtà contemporanea dell’Italia e limita la loro visione dei ruoli che gli attori di colore possono interpretare. Ci sono, però, dei segni di cambiamento. Kuwornu racconta di essere stato recentemente contattato da un’attrice etiope-italiana che gli ha raccontato di essere stata chiamata per un’audizione per un ruolo da detective. “Il direttore del casting ha visto Blaxploitalian ed è stato ispirato dal film. Ha raccontato [all’attrice]: ‘lo posso fare, posso fare qualcosa di diverso’. È bello che questo direttore del casting abbia deciso di pensare fuori dagli schemi”.
Kuwornu ci racconta che questo è proprio l’effetto che spera il suo film possa avere: “Vorrei che potesse cambiare le idee e il modo di pensare di molte persone che lavorano come registi, direttori di casting e produttori, accettare che devono rinnovare il proprio team di lavoro e capire che bisogna dare una possibilità a persone nuove, includere persone con diverse condizioni sociali e origini”.

I direttori del casting italiani non sono le uniche figure dell’intrattenimento che hanno visto Blaxploitalian. Cheryl Boon Isaac, il presidente afroamericano degli Academy of Motion Pictures Arts and Sciences (gli Oscar) ha partecipato ad una delle proiezioni all’Ischia Global Film and Music Festival del 2016. Lei e l’attore Danny Glover hanno anche partecipato ad un dibattito con Kuwornu durante il festival.
Mentre gira il mondo per promuovere Blaxploitalian, Fred Kuwornu continua a lavorare a diversi nuovi progetti per la sua società di produzione Do the Right Films. (Il nome della compagnia è una chiara allusione al film Do the Right Thing, un film del 1989 di Spike Lee, idolo e fonte di ispirazione per Kuwornu). Si tratta di un documentario su Jams Senese, un musicista che fondò e guidò il gruppo Napoli Centrale. La madre di Senese era napoletana, mentre il padre un soldato afroamericano di stanza in Italia durante la Seconda guerra mondiale. Al momento, Kuwornu sta conducendo una raccolta fondi per il film e la produzione non è ancora cominciata. L’altro progetto consiste in un film sull’immigrazione italiana in America, incentrato su The Hill, un quartiere predominantemente italoamericano in St. Louis. Due dei più famosi residenti di The Hill sono i grandi del baseball Yogi Berra e Joe Garagiola. Per inciso, la famosa battuta di Berra “Nessuno ci va più; è troppo affollato” faceva riferimento a uno dei ristoranti italiani del quartiere che, a suo parere, era diventato troppo famoso.
Kuwornu ci racconta che il film si concentrerà sul club di bocce che va avanti da tempi immemori a The Hill. Spiega: “Voglio raccontare la storia dell’immigrazione italiana e della comunità italoamericana attraverso il club di bocce: il gioco delle bocce è molto cinematografico. Ne film si sentiranno le storie di emigrazione raccontate dagli italiani del club”.
Guarda il trailer di Blaxploitalian:
Per maggiori informazioni visitare su Kuwornu e il suo lavoro, visita il suo sito web.