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Quando i mussulmani eravamo noi!

L'ordine esecutivo del Presidente Donald Trump e la storia di emigrante in America di mia nonna

Anthony Julian TamburribyAnthony Julian Tamburri
migrants trump nonna tamburri
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Tutti coloro che hanno famigliarità con i giornalisti italiani e il loro modo di scrivere saranno in grado di riconoscere che ho preso in prestito l’idea dal titolo di Gian Antonio Stella del 2002, L’orda: quando gli albanesi eravamo noi. Per tutti coloro che invece non lo conoscono, Stella raccontò la storia degli immigrati italiani negli Stati Uniti con il chiaro obiettivo di creare un contesto per i suoi compagni italiani. Possiamo allora prendere esempio da Stella e, come per gli italo-americani, riflettere sul più recente ordine esecutivo del presidente che proibisce l’entrata negli Stati Uniti a più di 134 milioni di persone, sostanzialmente, perché mussulmani.

Quando ho sentito per la prima volta che il presidente ha ordinato la sospensione dell’entrata negli Stati Uniti a tutti profughi, vietando indefinitamente l’ingresso ai profughi siriani e bloccando l’entrata negli U.S.A. per 90 giorni a tutti i cittadini di sette stati a maggioranza mussulmana (Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria, Yemen), mi sono venuti in mente due fatti storici in particolare. Per prima cosa, mi ha fatto pensare a mia nonna, proveniente dal nord della Puglia, che è arrivata negli Stati Uniti nel 1906 con quattro bambini. Poi, mi sono reso conto che quest’ordine esecutivo espelle anche tutti coloro che possiedono una green card e sono originari di questi paesi. Perciò, dopo aver sentito di questa seconda parte dell’ordine esecutivo – che vieta l’entrata anche ai possessori di green card – mi è venuto in mente un altro riferimento storico: la famosa poesia di Martin Niemöller, che inizia così: “Prima, vennero per i socialdemocratici e io non dissi nulla”.

Ora, permettetemi spiegare l’esistenza di mia nonna nel contesto storico. Come ho detto, venne in questo paese nel 1906, all’età di 25 anni; è poi finita coll’avere undici figli in tutto, nove dei quali ebbero una della vita da adulti. Il 14 febbraio 1942, all’età di 61 anni, mia nonna, con altri 695.000 cittadini italiani residenti negli Stati Uniti, è stata identificata come “enemy alien” (nemico straniero), con tanto di carta d’identificazione e tutto, e, di conseguenza, le era stato vietato l’accesso a determinate zone sensibili del paese, ovunque fossero stati classificati. L’esito di tutto ciò fu che Maria Grazia Antonia Cerulli, nata a Faeto (FG), Italia, nel 1881 e morta a Stamford, CT, nel 1973, rimase per tutta la vita una cittadina italiana per due ragioni principali: 1) non sapeva né leggere né scrivere, dato che parlava solo il faetano, un dialetto francoprovenzale parlato nel nord della Puglia; 2) il marito, che sapeva invece sia leggere che scrivere, parlava tre lingue, il faetano, l’italiano e l’inglese. Perciò, tutti i vantaggi che avrebbe potuto godere grazie dalla cittadinanza furono prontamente trasferiti a lei attraverso la cittadinanza del marito.

L’assurdità della situazione è che, come per la maggioranza degli altri 695.000 “enemy alien” provenienti dall’Italia e residenti in questo paese, mia nonna era un individuo innocuo che fuggì da un territorio impoverito e, in alcune zone – sud Italia – disastrato dalla malaria. Il desiderio principale dei 5.200.000 immigrati italiani di inizio del secolo era quello di creare una vita migliore per loro stessi e le loro famiglie, indipendentemente che il loro soggiorno in questo paese fosse temporaneo o permanente. Niente di più. Infatti, molti discendenti di questi milioni di immigrati italiani hanno, da allora, indelebilmente contribuito alla struttura sociale, scientifica, politica e culturale degli Stati Uniti. Tutto ciò, nonostante le diverse decadi di demagogia di costante diffamazione portata avanti dalla stampa, iniziata alla fine del novecento, e la soggiogazione al “Title 50 U.S. Code § 21 – Restraint, regulation, and removal.” (Titolo 50 Codice degli U.S.A. § 21 – Limitazione, regolazione e rimozione).

Ora, il recente ordine esecutivo porta le tracce del Title 50 U.S. Code / Titolo 50 Codice degli U.S.A.. Così come tutti gli italiani erano considerati di carnagione scura, violenti, donnaioli, Mafiosi [alcuni sostengono che questo stereotipo esista ancora], ora sembrerebbe che tutti i mussulmani siano dei potenziali jihadisti e che perciò bisognerebbe tenerli lontani dagli Stati Uniti per almeno 120 giorni, fino a che possano essere esaminati nel dettaglio. [Per esempio però, i quattro paesi di cui provenivano i dirottatori dell’11 settembre – Egitto, Libano, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti – non sono inclusi nell’ordine esecutivo].

Chiaramente, dovremmo tutti preoccuparci della minaccia di violenza che potrebbe provenire qualsiasi stato che supporta il terrorismo, specialmente come di quelle che abbiamo visto in tempi recenti. Però, dobbiamo anche ricordarci di prestare attenzione alla provenienza di questa violenza, dato che nessuno dei recenti attacchi terroristici avvenuti negli Stati Uniti è stato commesso da persone appena arrivate nel paese. E riguardo a ciò, consiglio di guardare i seguenti video a cominciare da quello del giornalista della CNN Bill Wederman.

In tempi recenti, abbiamo visto troppe volte fare di tutta l’erba un fascio. E perciò, a mio avviso, da esperto in materia italo-americana, solo il pensiero di dire qualcosa riguardo alla recente espulsione basata sul paese d’origine e sulle credenze religiose mi fa venire in mente il secondo riferimento storico, la famosa poesia di Niemöller.

Alla fine, ricordiamoci che le proteste per questa espulsione provengono da diversi angoli della società. Tra ufficiali eletti ci sono democratici come Andrew Cuomo e Bill de Blasio, così come rappresentati repubblicani come Charlie Dent (PA; “È ridicolo”) e Justin Amash (Mich.; che pubblicato che l’espulsione “si spinge oltre [e] mina” la Costituzione). Le loro preoccupazioni sono in linea anche con quelle di quasi ogni denominazione cristiana. Infatti, anche il governatore dell’Indiana Mike Pence, nel suo Tweet dell’8 dicembre 2015, ha chiamato la proposta di Trump di vietare l’accesso negli Stati Uniti a tutti i mussulmani “offensiva e incostituzionale”.

Le parole di Martin Niemöller trasmettono ancora oggi la potenza di una lezione a cui bisogna prestare attenzione:

Prima vennero per i socialdemocratici, e io non dissi nulla –

Perché non ero socialdemocratico.

Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla –

Perché non ero sindacalista.

Poi vennero per gli ebrei, e non dissi nulla –

Perché non ero un ebreo.

Poi vennero a prendere me – e non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.


 anthony j tamburriAnthony Julian Tamburri, Distinguished Professor of Italian American Studies della City University of New York,  è il Preside del Calandra Italian American Institute, Queens College. Per La VOCE, cura in inglese la rubrica Italian Diaspora.


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Traduzione dall’inglese di Giulia Casati

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Anthony Julian Tamburri

Anthony Julian Tamburri

Raised in Stamford, CT (of Settefratese and Faetana origin), I grew up in its Italian working-class neighborhood, where I was one of the very few to go on for a doctorate (PhD in Italian Studies, UC Berkeley). As Dean of the John D. Calandra Italian American Institute, I have worked to expand on its mission and create a think tank and service-oriented entity, which has now become one of the premier institutes in the world dedicated to the Italian diaspora, thanks to our dedicated staff. When I am not having fun on Italics TV, my scholarly work is based in semiotics, cinema, literature, and cultural studies. My latest book is Re-reading Italian Americana: Generalities and Specificities on Literature and Criticism (2014).

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