Perché gli Stati Uniti celebrano il Columbus Day invece del Genocide Day? Questa la provocazione lanciata dallo storico Bill Bigelow nel suo saggio Once upon a Genocide: Christopher Columbus in Children’s Literature. Secondo Bigelow, il mito di Colombo “impedisce ai bambini di sviluppare attitudini democratiche, multiculturali e anti-razziste. Nei libri di scuola per bambini, il viaggio di Colombo verso il Nuovo Mondo è descritto come una grande avventura, un’impresa coraggiosa compiuta da uno dei migliori esploratori di tutti i tempi. Eppure, dietro a questo ritratto, si nasconde una cruda realtà. Colombo considerava l’America come una sorta di bene immobiliare e non gli importava nulla delle persone che vivevano lì prima del suo arrivo. Quando Colombo aveva bisogno di traduttori, li rapiva. Quando i suoi uomini volevano le donne, le rendeva schiave sessuali. Quando gli indigeni provavano a resistere, Colombo li torturava”.
Gli argomenti di Bigelow si uniscono al coro delle tante motivazioni simili addotte da varie associazioni nel paese favorevoli all’abolizione del Columbus Day, proposta che sta raccogliendo gradualmente consenso nel paese. Fino ad ora, ad aver accantonato il Columbus Day sostituendolo con l’Indigenous People’s Day sono undici tra città e contee: Seattle, Minneapolis, Albuquerque, Lawrence, Portland, St. Paul, Bexar County, Anadarko, Olympia, Alpena e Oklahoma City. Mentre a New York, dove si tiene la più grande parata al mondo dedicata a Colombo, la tradizione è viva e vegeta.
Ma davvero gli americani vogliono far passare Colombo per un genocida? Posto il fatto che fu Colombo ad avviare la tratta degli schiavi nell’Atlantico tra Africa ed Europa, davvero gli si vuole attribuire la responsabilità di secoli di schiavismo nero? A pensarla così sono le molte associazioni e comunità che si sono mobilitate per la difesa del Columbus Day.
Tra queste la Save Columbus Day, che sta portando avanti un’accesa battaglia sui social network. Contattato su Facebook, il gruppo spiega, tramite il responsabile della comunicazione: “Non credo che Colombo sia stato solo un oppressore violento. Sicuramente ha le sue colpe, considerati gli standard odierni. Ma Colombo era un uomo del suo tempo. Non è giusto giudicare la sua storia e guardare alla sua intera esistenza come se fosse un uomo della nostra epoca. Gli attacchi al Columbus Day vengono soprattutto dalla sinistra radicale, che vede Colombo come il simbolo dell’imperialismo coloniale e occidentale. Quello a cui mirano però è la distruzione dei valori e delle tradizioni fondanti del nostro paese, in favore dell’internazionalismo”.
A condividere questo punto di vista è anche il The Order Sons of Italy in America che, in un saggio dedicato all'argomento, spiega: “Dal 1992 la reputazione di Colombo ha sofferto molto per mano di gruppi di interesse che sfruttano la sua immagine di navigatore rinascimentale del ‘400 per promuovere la loro agenda politica e sociale. Come risultato, Colombo oggi è spesso dipinto come un mercante di schiavi, un razzista e addirittura come 'l’Hitler del XV secolo'. Uno stuolo di storici, giornalisti, saggisti e insegnanti si è adoperato per diffondere questo mito, giudicando un uomo rinascimentale secondo parametri contemporanei. Non importa che l’Inghilterra abbia dichiarato fuori legge lo schiavismo nelle sue colonie solo nel 1833, gli Stati Uniti nel 1865 e il Brasile nel 1888. Non importa neanche che alcuni stati del Medio-oriente, dell’Asia e dell’Africa continuo a praticare la schiavitù oggi. La causa di tutti i mali per loro è Colombo. E poi non credo che la responsabilità della morte di migliaia di nativi sia solo dei conquistatori spagnoli”.
Dal momento che tradizionalmente il Columbus Day è considerato la festa degli italoamericani e il giorno scelto dalla comunità per celebrare il contributo italiano alla società e alla cultura americane, il dibattito è particolarmente sentito tra gli italiani d'America. Al Consolato Italiano, in occasione dell'annuale cerimonia dell'alza bandiera in cui vengono issate le bandiere italiana e americana, abbiamo incontrato Joan Prezioso, presidente dell’Italian Welfare League. Secondo Prezioso, “bisogna considerare il contributo che hanno portato gli europei all’America. La democrazia, il diritto romano, l’etica religiosa, la filosofia greca: tutto ciò non sarebbe esistito se non ci fosse stato Colombo. Gli Stati Uniti non sarebbero la terra delle opportunità e della libertà senza il contributo degli europei”. Proprio per questo, oltre che per il coraggio, gli americani apprezzano Colombo. L’America ha più monumenti dedicati a Colombo rispetto a ogni altra nazione e significativo è il fatto che la famosa statua di Colombo a Providence sia stata scolpita dallo stesso artista che ha creato la Statua della Libertà, Frederic Auguste Bartholdi.
Più drastica la posizione di un alto prelato della Chiesa che preferisce mantenere l’anonimato e che con piglio sicuro ci ha detto: “Sentite ragazzi, non è vero che Colombo ha ucciso gli indiani d’America. I nativi sono morti per le malattie e poi il 75% vive ancora in America Latina. Insomma sono vivi. E poi, se anche fosse vero che gli spagnoli hanno portato le malattie, non lo sapevano di certo. I veri colpevoli dello sterminio sono gli inglesi”.
Molto più diplomatico è Richard Azzopardi, portavoce di Andrew Cuomo: “Capisco il parere delle persone contrarie alla celebrazione, ma credo che le loro motivazioni non abbiano nulla da togliere alla statura del personaggio. L’Italia e l’America dovrebbero essere fiere di ciò che Colombo ha fatto. Senza il suo contributo, forse questo paese non sarebbe quello che è oggi. L’apporto degli europei alla nostra cultura è di valore inestimabile. Poi, rivendicazioni di questo tipo, non ci sono solo in America ma anche in altri paesi. Sto pensando ai rapporti tra il Brasile e il Portogallo”.
In effetti a celebrare il Columbus Day non sono solo gli Stati Uniti. In Costa Rica si festeggia il Dìa de las Culturas, nelle Bahams il Discovery Day, in Spagna il Dìa de la Hispanidad e in Venezuela il Dìa de la Resistenca Indìgena. Il valore che si assegna a questa giornata varia quindi da paese a paese. Cambiare il nome della festa sarebbe un cambiamento più formale che sostanziale.
Monica però, che lavora al Consolato ma preferisce non specificare la sua posizione, non è molto d’accordo. “Gli italiani – afferma – sono affezionati al personaggio di Colombo perché è stato il primo italiano ad arrivare in America e non pensano alle conseguenze del suo arrivo. Certamente non vedrete mai un nativo americano festeggiare il Columbus Day, per loro il significato della festa è certamente peggiore. E poi ci sono tanti di quei dubbi sull’origine geografica di Colombo! Non è stato ancora provato che fosse di Genova”. Prima di imbatterci in una disputa simile a quella che da anni coinvolge ormai la figura di Garibaldi – è o non è l’inventore dei jeans? – decidiamo di cercare tra qualche oppositore del Columbus Day, visto che al Consolato sembrano tutti pro-Colombo.
Incontriamo Michele, nato a Roma ma in America da più di dieci anni per lavoro, convinto che la figura di Colombo non ci rappresenti. “Sono contento che ci sia un mese della cultura italiana – dice Michele – ma penso che legare il nostro paese ad un personaggio così criticato sia sbagliato. Oltretutto, per quel che ne so, era convinto di essere arrivato in Oriente, non aveva nemmeno capito di aver scoperto un nuovo continente”. Anche Janice, avvocato di 36 anni di Chelsea, è contraria al Columbus Day: “Perché dovremmo festeggiare quello che è stato l’inizio di un genocidio? Cristoforo Colombo ha dato il via alla tratta degli schiavi e rappresenta il simbolo di tutte le violenze commesse ai danni dei nativi americani. Mentre i nostri bambini continuano a imparare la storia dal punto di vista europeo, poco si sa ancora delle torture, degli stupri e delle violenze da lui perpetrate nei confronti degli indigeni. Credo fermamente che una visione di questo tipo sia puramente etnocentrica”.
Camminando in lungo e in largo incontriamo altre persone, che però sembrano più interessate all’aspetto vacanziero della celebrazione. Poco importa della storia quando si ha un giorno libero, soprattutto se si lavora a Wall Street. Nonostante le annose polemiche infatti, la raccolta firme indetta per chiedere al Governo statunitense di cambiare il Columbus Day nell’Indigenous People’s Day, non è affatto a buon punto. Sul sito della Casa Bianca, i dati parlano chiaro: per proporre la modifica della legge federale servono 100.000 firme entro il 14 ottobre, ma finora ne sono state raccolte solo 3.105. Molto rumore per nulla?