Ristorante italiano, pizza, mozzarella, provola, addirittura il culatello: sapori e termini che stanno quasi scomparendo in alcune parti d'Italia, ma che restano impressi nelle insegne della “piccola Italia”, Little Italy di New York.
La Grande Mela degli italiani, oggi si è ridotta a una strada, nel cuore di Chinatown. Nonostante il numero e l'influenza degli italiani siano diminuiti negli anni, lasciando spazio a ideogrammi asiatici, l'orgoglio italiano è rimasto tutto racchiuso in una giornata dell'anno, il Columbus Day. Gli italo americani di New York furono i primi a festeggiare il Columbus Day (o, meglio, a celebrare la scoperta dell'America), nel 1866, appena usciti dall'Unità d'Italia.
“È la giornata italiana in cui ti senti italiano e un giorno in cui l'italia si sente riconosciuta. Nonostante abito qua da 20 anni, quel giorno mi sento a casa”, dice Andrea, romano di Little Italy.
Il secondo lunedì di Ottobre si festeggia il Columbus Day in America, la Día de la Raza in molte nazioni dell'America Latina e Discovery Day nelle Bahamas, come in tante altre parti del mondo. Tutti festeggiano Cristoforo Colombo, l'uomo a cui la storia ufficiale attribuisce la scoperta dell'America. Un nuovo mondo anche per i tanti immigrati che hanno solcato la terra statunitense. Colombo rappresenta il simbolo della scoperta e della libertà. Per Kesh, albanese di Astoria, “il Columbus Day è la festa degli immigrati, venuti per la prima volta in America per un sogno. Colombo è il simbolo dell'immigrazione”.
Un'idea di Columbus Day che solo, o quasi, gli italiani di New York sentono come propria. “Io ci vado tutti gli anni e mi sento italiano al 100%. Non voglio perdere il legame con il mio paese”, dice Agostino, partito da Agrigento 61 anni fa, dalla soglia della sua casa a Little Italy.
“Come italiano vorrei che tutti gli immigrati sentissero questo giorno – dice Rocco, originario dell'Abruzzo, chef del ristorante italiano L'Incontro, ad Astoria – Gli italo americani lo rispettano un pò di più degli altri, noi come italiani lo rispettiamo molto. Colombo è un grande simbolo soprattutto per me che sono italiano”. Henry, italo americano originario di Avellino, con i suoi 90 anni e una lingua tutta sua, dice “è la festa di tutti gli italiani, ma non posso… explain too well”. Nonostante sia nato in America, Henry dice di sentirsi italiano. Come dargli torto. Seduto su una sedia davanti al suo negozio, con la musica napoletana di sottofondo che si diffonde per tutta Mulberry Street, Henry mostra i corni rossi contro la sfortuna e le cartoline degli immigrati: sembra di stare nella partenopea via Toledo.
Il sentimento dell'italianità è presente in ogni angolo di Little Italy, anche con qualche pizzico di retorica. Giovanni, dal 1964 a New York, è convinto che “anche agli italiani di terza generazione piace essere italiano e anche a chi non è italiano. Gli americani stessi pensano che la lingua italiana sia la più bella che esista al mondo”. Amore per la patria che, invece, uno dei tanti ragazzi che ai tempi della crisi lascia l'Italia, non sente proprio. Alessandro lavora in un ristorante di Little Italy e viene da Napoli. “Non sono mai andato al Columbus Day e non so cosa sia – dice – Sono qui da cinque anni e non mi sono mai interessato di queste cose”. Il disinteresse di Alessandro affonda le radici nei mali della patria che non riparte: “Da quando sto qui, vedendo le cose che succedono in Italia e il paese che va a rotoli, non mi sento più italiano”. I giovani, italiani o americani che siano, non sembrano per nulla interessati al Columbus Day. Magari da piccoli qualcuno li ha portati alla sfilata, ma oggi non si sentono parte di una celebrazione nazionale. Americano di prima generazione, Alessandro vive ad Astoria, ha origini italiane ma riconosce che “la festa emoziona i miei vicini di casa più anziani, mentre i giovani non sono così coinvolti”.
Anche Giuseppe di Little Italy, che di anni ne ha molti di più del ragazzo di Astoria, riconosce che “i giovani non lo sentono come me che sono nato in Italia, a Mola di Bari, anche gli italo americani oggi la sentono di meno”. Invece Domenico di Catanzaro, di fronte al ristorante in cui lavora da 22 anni sulla Arthur Avenue del Bronx dice che “anche i giovani si sentono italiani e ne sono orgogliosi”.
Sull'identità storica di Cristoforo Colombo e delle sue imprese, ognuno ha la sua idea. Alessandro, salumiere di Frascati Little Italy Solleva il dubbio: “qualcuno dice che Colombo è genovese altri che è spagnolo. Secondo me era genovese”. La storia intorno a Colombo è difficile da leggere attraverso gli occhi della neutralità. Sono anni che la figura dell' esploratore d'America viene messa in discussione. Mary, americana, è convinta che “Colombo è solo un personaggio inventato, la persona reale è qualcuno di completamente diverso. Era uno che veniva dalla Spagna e poi forse si è spostato in Italia cambiando nome”. Anche Josey, spagnolo del Bronx, ricosce a Colombo le sue stesse origini: “Colombo ha scoperto l'America per conto di una regina spagnola”.
In questo modo la festa che per alcuni è di tutti gli immigrati, per altri è solo la festa che divide. “Sono d'accordo con quanti pensano che Colombo fosse un colonialista, non è una grande persona da festeggiare”, dice Todd, americano di New York, seduto su una panchina di Bryant Park a Manhattan.
Qualcuno non mette in discussione solo le origini dell'avventuriero, ma anche le sue imprese. Lo fa Elena, greca di Astoria, che non andrà al Columbus Day perchè deve lavorare, ma anche perchè per lei questa festività non ha senso. “Colombo non ha scoperto nulla, non per i greci”. Anche Petro sottolinea come la sua comunità non sia legata a questa festa: “Per i greci è molto più importante il giorno dell'indipendenza, molto meglio del Columbus, che per me non significa nulla”. Un valore invece ce l'ha per la comunità cinese che è orgogliosa di questa festa, come dice Mimi, ragazza cinese che vive a New York e che incontro seduta a prendere un caffè a Bryant Park.
Neppure per i messicani che vivono tra Astoria e il Bronx ha senso ricordare la figura di Colombo. Per molti di loro il Columbus Day è “solo un giorno di vacanza”. Lo è anche fuori da New York: Joel del Connecticut racconta che nello stato in cui vive “la cosa che interessa del Columbus Day è che la gente ha un giorno di vacanza, nient'altro”.
“Per me è solo un giorno di vacanza da lavoro e in cui posso stare con la famiglia – dice a Bryant Park Ena, svedese di New York – per la gente è solo un modo per spendere e consumare, consumare, consumare”.
Nello stesso giardino di Midtown, Manhattan, c'è la signora Lorie, dello Stato di Maryland, che ricostruisce il processo per cui oggi la storia viene vista con occhi critici e di riflesso anche il Columbus Day: “Pensavo fosse la festa della scoperta dell'America, ma poi la storia è stata messa in discussione. Quello che si insegna a scuola non è più la stessa cosa. Molti americani rifiutano la teoria per cui sono stati i primi ad abitare questa terra. Invece sappiamo che furono i messicani. Neppure gli europei sono stati i primi. Per alcuni è diventato il giorno della diversità e per questo che non può essere festeggiato con lo stesso spirito di prima. Per la maggior parte delle persone è diventato un giorno in cui non si va a lavoro”.