Palermo perde una donna straordinaria, un punto di riferimento. Letizia Battaglia era un simbolo internazionalmente riconosciuto nel mondo dell’arte, una bandiera nel cammino di liberazione della città di Palermo dal governo della mafia.
Così il sindaco Leoluca Orlando ha annunciato la scomparsa della grande fotografa Letizia Battaglia. Che solo una settimana fa, a Orvieto Fotografia, era stata vista con altri grandi suoi colleghi: appariva – dicono – molto più stanca del solito, ma sempre combattiva.

Denis Curti, uno dei più famosi galleristi e curatori italiani di mostre fotografiche, oggi la ricorda così:
“Ho avuto la fortuna di conoscerla e di lavorare con lei e non è stato sempre facile. Letizia aveva le idee chiare. La sua lucidità mi ha sempre affascinato. Le sue provocazioni mi intimorivano. Alla fine vinceva sempre lei ed era giusto così. Noi “curators” siamo solo dei traduttori. Aiutiamo a mettere in scena un copione scritto da altri/e. Oggi la voglio ricordare così: sognante, sorridente e leggera, mentre danza sulle sue fotografie. Quelle forti, quelle che ripudiano la mafia ma anche su quelle dolcissime dei bambini e delle bambine… una danza piena di armonia e di verità’’.
La carriera di Letizia Battaglia iniziò nel 1971 ma la svolta arrivò tre anni più tardi quando, per il giornale del pomeriggio di Palermo, L’Ora, diretto da Vittorio Nisticò, iniziò a documentare le stragi di mafia e le sue vittime. Le venne affidata la direzione del team fotografico e il compito di documentare la realtà cittadina, in quel periodo lacerata e scossa dalle continue, inarrestabili stragi mafiose.

Così ebbe inizio l’avventura di Letizia Battaglia come fotoreporter, un percorso intenso e arduo che l’ha vista rivoluzionare con il suo stile estremamente personale, intuitivo e istintivo, il ruolo della fotografia di cronaca. Appassionata e combattiva: è con questa tempra che Letizia Battaglia, ben incarnando l’ossimoro del suo nome, ha sempre affrontato ogni progetto portato avanti, non solo in veste di fotoreporter, ma anche di regista, ambientalista, editrice delle Edizioni della Battaglia, direttrice del Centro Internazionale di Fotografia di Palermo.
Apprezzata per la potenza drammatica delle sue fotografie e del loro significato simbolico, il suo scatto più evocativo riguarda l’attuale Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, immortalato nel tentativo di soccorrere suo fratello Piersanti, allora presidente della Regione Siciliana, morto in un attentato nel 1980.

Aveva la capacità di non mancare mai gli appuntamenti con le grandi storie e raccontare con grande attenzione gli avvenimenti di mafia, raccolti nella “sua liturgia struggente dell’apocalisse palermitana”.
Finita la parentesi sulla criminalità organizzata, si occupò di altro: oltre che ad una carriera politica regionale, continuò nel suo lavoro di fotografa raccontando della sua esperienza come giovane madre (si era sposata a 16 anni e si era ritrovata giovanissima ancora con tre figli). Di sicuro non amava le etichette, in primis quella di “fotografa di mafia”, sebbene una buona parte della sua produzione, la più nota, riguardi le stragi di Cosa Nostra.
In realtà, anche la stessa definizione di “fotografa” le stava stretta: preferiva considerarsi una “persona che anche fotografa”. Lei, che la fotografia l’ha vissuta come documento ma anche come salvezza, come un mezzo capace di soddisfare la sua continua sete di libertà e di giustizia. Documentare le forti tensioni della realtà con rispetto per la verità e con empatia è sempre stato un atto di responsabilità per Letizia Battaglia, che negli anni ha sovente pensato di bruciare parte dei suoi negativi, perché legati a un doloroso pezzo di storia della sua terra.
Ma tra i tanti scatti realizzati con “poca tecnica e tanto cuore”, come lei stessa affermava, non ci sono solo lacrime e sangue, ci sono anche volti candidi, come quello de La bambina con il pane (quartiere La Kalsa, Palermo 1979), o corrucciati come nel caso de La bambina con il pallone (La Cala, Palermo 1980), ci sono il folklore delle feste religiose e l’opulenza dei ricevimenti mondani, miseria e nobiltà, poesia e squallore.
Tutto ciò Letizia l’ha fatto sempre animata da un profondo senso civico ed etico, spesso andando (anzi, quasi sempre) controcorrente. Con lei se ne va un altro pezzo di storia fotografica italiana, quello fra gli anni Settanta e la fine del secolo. E forse anche lassù, da qualche parte, con altri colleghi fotografi purtroppo scomparsi in questi anni, lei forse continuerà la sua personale “battaglia”.