Da qualche anno oramai l’editoria è in crisi. La situazione italiana non è un’eccezione alla regola. In modo speculare sono cambiati – lo riportano i dati ISTAT – i lettori e le loro abitudini. E’ strano pensare che l’Italia, che vanta una letteratura rigogliosa, figure di portata immensa come Petrarca, Boccaccio e Dante, le cui opere hanno dato il via alla formazione della lingua italiana odierna, si trovi oggi ad avere sempre meno lettori. Proprio così: più di 23 milioni e 750 mila persona dai sei anni in su, dichiarano di aver letto almeno un libro in un anno, per motivi non scolastici. Le cifre sono scese dal 43% di lettori del 2013 al 41,4% del 2014. Ma non dipende solo dalla scuola. Un altro fattore di grande importanza è la famiglia. I dati ISTAT dimostrano che “leggono libri il 66,9% di ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono”. Il divario si accentua maggiormente tra Nord e Sud del paese: nel Meridione si legge molto meno.
Ai grandi gruppi editoriali si sono via via affiancate negli anni nuove realtà. Da una parte le piccole e medie case editrici. Queste realtà più piccole portano avanti spesso un progetto culturale attento e più sorvegliato reso possibile da minori mediazioni con gli autori. Dall’altra parte si è fatto sempre più avanti il web. Internet e la diffusione e vendita di materiali online ha permesso una grande democratizzazione nell’accesso al mercato. La possibilità di pubblicare in autonomia il proprio manoscritto fa gola a molti. Se da una parte infatti il numero di lettori è in calo, sempre maggiori sembrano essere gli autori. E internet offre senza dubbio una valvola di sfogo.
Uno dei nodi cardine è proprio questo: la possibilità di autopubblicarsi immette sul mercato una gran quantità di testi lasciando che sia il mercato stesso a decretare il successo o l’insuccesso di un autore. Cosa resta dell’editore è bene chiederselo. Dal momento che l’editore dovrebbe essere, non solo un medium tra autore e lettore ma un garante di qualità. Occorre quindi chiedersi se sia giusto che venga posto un filtro – rappresentato dall’editore – alla produzione libraia o se invece tutti debbano avere le medesime possibilità di pubblicare il proprio testo.
Antonio Tombolini, CEO di Streetlib.com, realtà che fornisce aiuto agli autori permettendo la pubblicazione di testi e l’immissione sui grandi mercati come ad esempio Amazon, spiega che oramai la selezione “non può consistere nell’erigere barriere all’ingresso: tutti debbono potersi misurare col mercato e prendersi il rischio di essere giudicati, positivamente o negativamente, da editori e lettori. La democratizzazione dell’accesso al mercato non può mai essere un problema. Sta poi al mercato e ai suoi operatori, offrire ai lettori strumenti efficaci di selezione e di discernimento, ma la possibilità di partecipare al gioco va garantita a tutti quelli che lo vogliono e il digitale finalmente lo consente”. Posizioni diverse sono state quelle di Lorenzo Flabbi, editore de L’Orma editore, piccola casa editrice romana. Flabbi sostiene infatti che “pubblicarsi da solo un libro può anche essere gratificante per far circolare ciò che si è scritto, ma sottoporre il proprio testo a una redazione, un comitato di lettura, un editore, e poi magari vedersi arrivare una proposta di pubblicazione e rilavorarci con l’aiuto delle competenze altrui è senza dubbio un’esperienza diversa. Per noi fare editoria è come fare ricerca, è un tentativo di allargare i confini del sapere condiviso. E la ricerca può richiedere grandi momenti di solitudine nella fase di elaborazione delle idee, ma non si può limitare a un atto individuale, nemmeno in letteratura”.
Quali sono le caratteristiche proprie della vostra azienda?
Flabbi – Per una piccola casa editrice è possibile avere un controllo immediato dell’intera situazione, anche finanziaria, calcolare i rischi e scegliere la poetica editoriale, calibrare le pubblicazioni. La figura dell’imprenditore e quella dell’editor coincidono. In questa maniera è più facile attenersi con un buon margine di coerenza a quella che è una delle missioni faro per un indipendente: aggirare, contrastare e turbare, ma anche deviare, il mainstream.
Tombolini – Grazie a StreetLib.com è possibile scrivere, editare, pubblicare il proprio libro e averlo automaticamente disponibile in vendita in oltre 60 bookstore online, dai più grandi (Amazon Kindle Store, Apple iBooks, Google Play, Kobo, ecc.) agli store locali e specializzati.
Quali sono le cause della crisi dell’editoria in Italia?
Tombolini – L’editoria tradizionale è in crisi perché la filiera di produzione e distribuzione basata sulla carta stampata non è più sostenibile. Più del 60% dei libri stampati non viene venduto e già solo questo dato può far capire che un’industria non si può reggere su queste cifre. Per questo è necessario sposare le tecnologie digitali
Che ruolo gioca nel panorama odierno l’impostazione della vostra azienda?
Flabbi – L’Orma è una “casa editrice di progetto”, ossia una realtà editoriale che ha un’idea culturale abbastanza precisa sulla quale basare la scelta delle proprie pubblicazioni. Il nostro faro guida è la qualità letteraria dei testi, e in un certo senso siamo convinti che l’esigenza di letteratura da parte di una società sopravviva a ogni tipo di crisi economica. Siamo abbastanza lontani da un’idea di libro come puro intrattenimento, ad esempio come alternativa a un film o a una serie televisiva, e siamo convinti che questo, se da un lato limita il numero di potenziali lettori, dall’altro garantisce una presenza costante di persone che cercano nella lettura un potenziamento della propria esistenza.
Tombolini – La nostra risposta alla crisi dell’editoria tradizionale consiste nell’offrire strumenti facili e accessibili per ripensare l’editoria in base al criterio del “digital first”, non del “digital only”: il libro digitale da un lato e la rivoluzione della filiera di produzione e distribuzione del libro di carta guidata dalle tecnologie di stampa digitale, dall’altro.
Il web può essere una risorsa valida?
Tombolini – L’abbattimento delle barriere di accesso alla possibilità di espressione che è proprio del web sta cambiando radicalmente il peso degli opinion makers: i punti di riferimento non sono più i critici professionisti, ma i lettori dei libri, che sul web trovano modo di esprimersi e farsi sentire efficacemente. E siamo ancora all’inizio: il passaggio più importante avverrà quando – e tecnicamente si potrebbe già fare – si discuterà dei libri direttamente dal loro interno, grazie al social reading, alla possibilità, propria del digitale, di condividere annotazioni e commenti dentro il libro che si sta leggendo, trasformando il libro nel luogo stesso della discussione tra i lettori e – se lo capiranno – tra i lettori e gli autori.
Flabbi – Per una casa editrice come la nostra il web è importante soprattutto per quanto riguarda la disseminazione (comunicazione sui social, viralità degli eventi, visibilità e reperibilità dei titoli ecc.), perché la partita maggiore continua a giocarsi nelle librerie, dove librai attenti ed esperti sono in grado di individuare i libri più interessanti e di proporli con amorevole cura ai loro clienti.