“Nato a Perugia durante i mondiali dell’82, giusto in tempo per i festeggiamenti, non potevo che impiegare il mio tempo giocando a calcio e tifando il Perugia. A vent’anni avevo già un passato di bomber prolifico alle spalle e un futuro sulla fascia, o più spesso oltre la fascia, seduto in panchina. Fu così che dopo sanguinose battaglie con le squadre di Piccione, Bastardo, Casa del Diavolo e Colombella, un gomito lussato, una caviglia spaccata e quattro denti rotti, decisi di appendere le scarpette al chiodo e cominciare a fare il giornalista”.
Così Andrea Marinelli, 30 anni, si racconta nel suo blog (http://andreamarinelli.wordpress.com). Calciatore mancato è passato dal pallone alla penna, l’altra sua passione. Un amore che l’ha portato a New York. “Credo di avere sempre amato la scrittura. Leggevo molto fin da bambino, vengo da una famiglia d’insegnanti, e ho sempre avuto il desiderio di fare questo lavoro. Venendo dalla provincia, però, mi sembrava un desiderio irraggiungibile, almeno all’inizio. All’epoca non c’era internet e il mondo sembrava molto più distante”.
Invece ora si trova dall’altra parte dell’Oceano. Un luogo dove ha sempre sognato di vivere.
La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare. Arthur Schopenhauer
La sua avventura newyorkese è iniziata dopo mesi di ricerca on line di un’opportunità. Ad aiutarlo anche la sua conoscenza dell’inglese. Giorno dopo giorno ha inviato centinaia di curriculum ovunque. Si può dire che in ogni parte del mondo qualcuno ha letto il suo curriculum povero di esperienze ma ricco di determinazione. Ad un certo punto ha visto una possibilità nella Big Apple. Non se l’è lasciata sfuggire, ha insistito fino allo sfinimento ed alla fine ha ottenuto uno stage gratuito in una redazione.
I primi mesi sono stati difficili ma allo stesso tempo intensi e ricchi di esperienze che l’hanno aiutato a crescere e contare su stesso. Aveva pochissimi soldi e si doveva arrangiare per vivere. Sacrifici sopportabili se di mezzo c’è un sogno da realizzare. “Ricordo che un weekend mi era rimasto un solo dollaro, e non avevo neanche una casa dove dormire. Un’amica mi ha dato un materasso gonfiabile sul pavimento e del cibo per tre giorni. Poi ho dormito a lungo sul divano letto in salotto con un mio amico e la sua fidanzata, pagando un affitto bassissimo. Mi sono adattato per sopravvivere, ma ero motivato da tutto quello che mi circondava”.
“Ma come fai?” “Faccio!” “Si ma non è semplice… Ci vuole molta energia!” “Guarda che la vita ti da sempre ragione, sia credi di farcela, sia che credi di non farcela…” Anna Biason
Andrea è atterrato nella metropoli 5 anni fa anche se non era la sua prima opzione. Lui voleva vivere in America. In quale città, inizialmente, era un secondaria. Arriva dopo aver studiato Relazioni Internazionali nella sua città e alla Sorbonne di Parigi grazie all’Erasmus.
“Volevo venire in America, non necessariamente a New York, ma poi ho trovato uno stage qua e sono partito. Ovviamente New York era la città che avrei scelto fra tutte, ma ero pronto ad andare ovunque. Credo che il mio (scarno) curriculum fosse transitato sulle scrivanie di tutto il mondo. A un certo punto ho capito che a New York ci poteva essere una possibilità, e ho insistito. E alla fine, dopo qualche email e colloquio telefonico, sono partito senza neanche sapere dove avrei dormito la prima notte.”
Una volta oltreoceano l’energia della città lo ha conquistato definitivamente. In lui ardeva il desiderio di viverci il più a lungo possibile, ma pensava che non sarebbe stato possibile. Invece dopo neanche un mese ha capito che la redazione nella quale stava svolgendo lo stage lo avrebbe assunto così ha lavorato sodo affinché succedesse. E’ accaduto ed ha ottenuto il Visto ‘I’ dei media.
“Sono arrivato con il visto turistico per sei mesi. Ho sempre avuto paura dell’ambasciata americana, ma lo ottenni facilmente. Avevo portato una grandissima quantità di documenti, anche troppi, e mi concessero il visto. Poi ho avuto un J1 per quasi due anni, e alla fine – dopo aver fatto l’esame da giornalista – ho fatto il visto stampa”.
Per Andrea nella Big Apple ci sono molte opportunità, ma è anche un mercato estremamente saturo. “Non credo che in Italia sarei riuscito a diventare giornalista. Gran parte del merito è di Mario Platero, che mi ha dato una possibilità con America 24. E’ stato là che ho imparato a lavorare”. Ed ora scrive da New York per il Corriere della Sera, IL e Studio. Di tanto in tanto interviene a Radio3 mondo, Radio24 e Rsi, la radio della Svizzera italiana.
La sua giornata tipo è: sveglia presto, fra le 6 e le 7, per leggere i giornali e cercare notizie. “Lavorando per l’Italia la giornata comincia prestissimo: quando in America è mezzogiorno, in Italia è già tardi. Poi scrivo e generalmente nel tardo pomeriggio esco. La sera mangio quasi sempre fuori con amici, poi finisco in qualche bar a bere birra”. Del suo lavoro ama la possibilità di raccontare storie, avere il privilegio di poter tempestare le persone di domande e viaggiare per lavoro.
Ha tanti obiettivi. In primo luogo spera di diventare un giornalista sempre migliore
La ferma convinzione di riuscire è più importante di qualsiasi altra cosa. Abraham Lincoln
Finalmente Andrea faceva il lavoro che aveva sempre desiderato e si trovava dove voleva essere. Tanto da non sentire il cambiamento. O meglio, l’ha sentito in positivo. “La partenza non la ricordo. Arrivai pensando che dovevo trovare il modo di restare. I primi sei mesi sono stati incredibili, lavoravo moltissimo, uscivo tantissimo e non dormivo mai”.
Non ha mai avuto ripensamenti o nostalgia di casa nonostante alcuni momenti di difficoltà. “La mia vita a New York è stata una sfida continua. Come per tutti. Diciamo che l’affitto è la sfida principale. I momenti peggiori sono stati dal punto di vista economico, ma quando ti ritrovi a dover sopravvivere in una metropoli cara come New York con un pugno di dollari in tasca cresci, e hai meno paura del mondo”. Di fronte a questi momenti non poteva far altro che riuscire a superarli. Il suo obiettivo era restare, arrendersi non era una parola del suo vocabolario. Inoltre essendo un’inguaribile ottimista, per lui ogni problema aveva una soluzione. Ogni difficoltà sarebbe stata superata.
“New York mi ha cresciuto, mi ha reso una persona più determinata, mi ha insegnato a vivere e a lavorare. Mi ha tolto il me stesso che non volevo più essere. Sicuramente mi ha cambiato”.
"Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle" Denis Waitley
Di New York, Andrea, ama tutto “Mi piace l’ambiente che mi circonda, mi piace l’energia che sento attorno e la sensazione di non aver mai abbastanza tempo per fare tutto. Chi vive qui crede che sia impossibile vivere altrove e si domanda come una persona non voglia per lo meno provare a viverci, soprattutto fra i venti e i trent’anni. New York, a quell’età, è la capitale dell’universo”.
Uno dei momenti più belli che ha vissuto a New York è stato il giorno che gli è arrivata in redazione la prima copia del suo libro (L’ospite) che racconta il lungo cammino per le strade d’America di un giovane giornalista squattrinato. Viaggiando fra pullman e autostop finisce a dormire sui divani di ospiti generosi e bizzarri. Saranno le loro impressioni e le scelte che faranno a decidere le elezioni presidenziali americane del 2012. Un’avventura che corre dalle praterie ghiacciate dell’Iowa di inizio gennaio alla calda primavera di New Orleans, attraverso primarie, comizi, stazioni, bar, casinò, articoli di giornale e cappelle matrimoniali. E soprattutto grazie all'aiuto di un centinaio di persone e di un crowdfunding. “Ricevere la copia del mio libro è stata un’emozione bellissima”.
Il suo sogno? Top secret.
“Il sogno non si può rivelare, ma ovviamente spero di realizzarlo!”
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