Quando si ha una passione ardente per il proprio lavoro non viverla è un po’ come morire giorno dopo giorno.
Marco Perez, ha scelto di viverla. Nonostante l’omonimia, non vi parlo del calciatore colombiano ma di un 43enne romano di professione film editor che per svolgere al meglio la sua professione ha dovuto fare i bagagli ed emigrare all’estero. Ad un certo punto della sua carriera, infatti, ha detto ‘basta’ ad un buon lavoro che non gli permettere di crescere professionalmente ma soprattutto che non gli consentiva di sperimentarsi. Alla prima occasione è volato a Parigi per poi, sette anni fa, atterrare a New York.
L’occasione è stata una donna francese che gli ha rubato il cuore.
Prima di incontrare la donna che gli avrebbe fatto decidere di mollare tutto e ricominciare a Parigi, Marco lavorava in una società di produzione di Milano. Un lavoro trovato un po’ per caso, un po’ per fortuna. Mentre terminava gli studi al centro sperimentale di cinematografia di Roma, Marco si rese conto che in Italia non si producevano abbastanza film da permettere ad un giovane assistente al montaggio di vivere e pagarsi l'affitto. Per poter vivere e mantenersi ha, quindi, lasciato da parte il cinema e sperato nella televisione, ma invano.
“Le possibilità di lavoro in televisione, soprattutto per un giovane, erano così basse che avevo pensato di aver buttato via tre anni della mia vita a studiare un lavoro che amavo e che amo. Ero preoccupato. Sarei andato a fare il commesso in un negozio piuttosto che fare un lavoro che amo in un sistema che ti costringe a farlo male se non addirittura in un modo brutale”.
Il commesso non andò a farlo. La fortuna o destino gli ha fatto l’occhiolino. Un week end andò a Milano per lavorare in uno studio di montaggio di pubblicità. Qui la editor aveva bisogno di un assistente che parlasse l'inglese. Marco lo parlava. Così per cinque giorni e cinque notti ha lavorato al montaggio di uno spot. Un’opportunità che gli ha aperto le porte di questa societá di produzione milanese come assistente.
“Erano pronti a farmi una proposta. Sono andato a incontrarli a Milano. Li ho avuto un buon consiglio da Giovanni Morelli che si occupava della sezione di montaggio. Forse uno dei migliori che ho ricevuto nella mia vita. Mi disse: E' meglio giocare in panchina in serie A che giocare da titolare in serie C”.
Dopo quel consiglio Marco iniziò la sua carriera prima da assistente poi come editor, montava spot pubblicitari da milioni di euro, documentari e film. Dopo un paio d’anni e molta esperienza sentiva il bisogno di maggiore libertà nel lavoro. Proprio in quel momento incontrò e s’innamorò di una ragazza di Parigi. A quel punto segue l’amore e lascia il lavoro.
Vola a Parigi e ricomincia da zero in una città dove la pubblicità era prodotta da registi internazionali. E proprio qui, trova la sua libertà:
“Vivere a Parigi mi ha permesso, con un breve volo di aereo, di lavorare per produzioni a Milano, Barcellona, a Madrid, Amsterdam, Londra e Parigi stessa. Ho trovato libertá di movimento. Ho imparato molto, conosciuto registi sempre più bravi e agenzie impegnate in campagne pubblicitarie sempre più importanti”.
Come a volte la vita insegna, gli amori iniziano e finiscono. Così è stato per Marco. Finita la relazione con la parigina è finito l’amore anche per Parigi. Dopo sei anni la sua voglia di novità e sperimentare torna a farsi sentire:
“Avevo bisogno di una nuova sfida. Diversi registi americani con cui lavoravo mi consigliarono fortemente di trasferirmi negli Stati Uniti. Allora ho scritto ad alcune agenzie, e sono rimasto sorpreso che semplicemente inviando il mio curriculum a info@, mi avessero risposto e dato degli appuntamenti. A quel punto ho programmato due settimane di visita a New York. In queste ho incontrato le più grandi societá di montaggio di post produzione degli Stati Uniti. Alla fine ho scelto quella che mi ha fatto una proposta eccellente”.
"Anche se siete sulla strada giusta, resterete travolti dagli altri se vi siederete ad aspettare" Arthur Godfrey
Ogni trasferimento è una nuova sfida. Per Marco lasciare la propria cittá è di per sè un cambiamento che porta tantissimi dubbi. Ogni volta devi ricominciare tutto da capo sia dal punto di vista delle relazioni personali che professionali. Ti rimetti in gioco. A Marco questa sfida piaceva. Per lui è importante perché ha bisogno di nuovi stimoli per fare sempre meglio:
“Quando mi sono trasferito a Milano non avevo alcuna base economica. A Roma non si poteva vivere facendo l'assistente ai film. Quand’ero molto fortunato facevo un film all'anno. Quello mi avrebbe permesso di pagare l'affitto per sei o sette mesi. Come vivi gli altri sei? Ugualmente quando sono partito per Parigi dovetti ricominciare. Le chiamate ai lavori erano poche, dovevi ristabilirti sul mercato. Cambiare città è un investimento sia sul piano economico che sia sul piano lavorativo. É complesso e allo stesso tempo molto gratificante. Perché, poi, quando riesci ad ottenere anche le cose più piccole, queste sono importantissime perché te le sei costruite da solo”.
Nei momenti di difficoltà o sconforto Marco trovava la forza nella sua grande passione per il suo lavoro. Senza questa forse avrebbe rinunciato. Poi erano le sue scelte e quando sei tu il condottiero della tua vita non puoi far altro che esserne soddisfatto.
“Giá l'atto di trasferirmi era una mia scelta e non un appoggiarmi alle consuetudini. Il fatto di riconoscerei nelle scelte che facevo, anche in quelle sbagliate che potevano essere piccoli, grandi fallimenti, era una cosa che mi ha sempre dato molta energia”.
In queste sue scelte rientra New York. Fin da quando veniva in vacanza aveva la sensazione che era la città dove voleva vivere. Per lui è una metropoli che scopri ogni giorno.
“Trai vero piacere solo se ci vivi per un lungo tempo, paghi l'affitto, prendi la metropolitana con tutti gli altri che vanno al lavoro. Così scopri il vero piacere di vivere in una metropoli. E’ una delle ragioni per cui ho scelto di vivere a New York e non a Los Angeles perché poteva essere una possibilitá. Passo quattro mesi all’anno a LA ma NY é la città in cui voglio vivere”.
Anche Marco, come altre persone che arrivano nella Big Apple, sente la durezza e spietatezza della città: “E’ una spietatezza positiva che, in chi decide di restare rafforza il carattere e la volontà di ottenere risultati. In realtá New York fa quasi una selezione naturale. Non é una cittá semplice, ma una cittá le cui ricompense sono generosissime se dimostri quello che sai fare”.
Poi a New York tutto funziona sempre, o quasi. Soprattutto quando prendi la metropolitana e scopri che l'espresso ogni tanto diventa locale e il locale va in espresso. “Succede quotidianamente ai newyorkesi. Dopo qualche malumore per aver saltato la fermata o allungato il tragitto, alla fine ti rendi conto che, anche se scendi nelle fermate successive in qualche modo arriverai dove vuoi arrivare. Magari quel ritardo sarà positivo. Oppure passeggiando di corsa per andare a quell'appuntamento scopri quel locale dove andrai una sera o vedi quell'angolo che non avevi visto o scopri quella galleria d'arte dove vuoi vedere delle cose o incontrare persone etc”.
“Rivela il tuo segreto al vento, ma non lamentarti se lo dirà agli alberi”. Khaled Hosseini
Lasciamo la metropolitana e parliamo dell’Italia dove risuona la lamentela. Parola tanto cara agli italiani. Marco dice: “Secondo me le energie che si consumano nel lamentarsi sono energie sprecate che possono essere sfruttate meglio. Metterle nei progetti, nel capire quali sono le cose che non vanno bene nella propria vita e una volta capite trovare una soluzione per farle andare bene o per risolvere tutta una serie di problemi. Molto importante é anche capire cosa si vuole. Qual é la cosa che manca e qual é la cosa che si vuole ottenere. A quel punto scegliere qual é il Paese, la cittá, il luogo più giusto per realizzare quello che si desidera per la propria vita. Cosa che si puó fare anche a 80 anni. Una persona puó decidere di cambiare la propria vita in meglio a qualsiasi etá”.
“Certi uomini vedono le cose come sono e dicono: perchè? Io sogno cose mai esistite e dico: perchè no?” George Bernard Shaw
Adesso Marco sta lavorando al suo primo film di lungometraggio americano. Racconta dove vuole arrivare tra 15 anni. “In questo momento sto cercando di capire cosa voglio fare tra dieci anni, lavoro sul lungo periodo perché il quotidiano anche nei momenti più belli é fatto di stanchezza, imprevisti della vita lavorativa, sentimentale, della vita umana. E’ importante guardare il presente e sognare il futuro. Tra dieci anni qual é il mio sogno? O cosa mi piacerebbe fare… capire quali sono i propri desideri e quelli dei compagni di vita. Capire cosa si puó fare per realizzarli facendo tutto quello che é possibile per realizzarli. Questa é una soddisfazione giá di per se stessa. Provare a fare di tutto!”