Mentre la lotta per l’uguaglianza di genere si intensifica, i vertici dell’ONU si sono riuniti a New York per lanciare un avvertimento chiaro: i diritti delle donne sono sotto assedio.
Con migliaia di diplomatici, attivisti e leader aziendali riuniti per la 69ª sessione della Commissione ONU sulla Condizione delle Donne (CSW69), il messaggio è stato inequivocabile: i progressi sono troppo lenti e la reazione conservatrice in questo momento guidata dagli Stati Uniti è feroce.
La direttrice di UN Women, Sima Bahous, ha detto lunedì: “Non abbiamo paura della reazione. Non faremo un passo indietro.”

Questa sessione, in corso dal 10 al 21 marzo, arriva in un momento cruciale, con l’ONU che valuta i risultati della 23ª sessione speciale dell’Assemblea Generale e della storica Dichiarazione di Pechino del 1995. Ma quasi 30 anni dopo, le donne affrontano ancora ostacoli sistemici che impediscono una vera parità. Il processo di revisione includerà una riflessione circa le attuali sfide che ostacolano la concretizzazione della Piattaforma d’Azione e il conseguimento della parità di genere e dell’emancipazione delle donne.
Il Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, ha denunciato con forza la crescente “piaga del patriarcato”, sottolineando come i diritti delle donne siano attualmente “sotto assedio.” “I signori della misoginia stanno guadagnando terreno,” ha dichiarato, criticando i leader che sono pronti a “sacrificare l’uguaglianza alle belve.” Il suo intervento ha evidenziato una preoccupazione crescente: negli ultimi anni, i diritti delle donne sono stati presi di mira attraverso attacchi legislativi, violenze online e politiche discriminatorie.
L’allarme lanciato all’ONU arriva mentre i diritti delle donne subiscono attacchi su scala globale, con leader politici – Donald Trump in testa – che promuovono attivamente un arretramento delle conquiste ottenute. Dai tagli ai diritti riproduttivi negli Stati Uniti, al ritiro dall’ONU per i diritti umani, fino alla famigerata “global gag rule” che ha limitato i finanziamenti ai programmi sanitari per le donne, la presidenza Trump ha dato nuova forza ai movimenti conservatori anti-parità. Gruppi di estrema destra, incoraggiati dalla sua presidenza, stanno intensificando la loro agenda, imponendo divieti all’aborto, censurando l’educazione di genere nelle scuole e restringendo i diritti delle donne in diversi paesi.

Per Loretta Jeff Combs della Prima Nazione Tlesqox in Canada, la Dichiarazione di Pechino ha rappresentato un momento di svolta. Ma, secondo lei, i progressi sono ancora troppo lenti. “Troppo spesso, le donne indigene vengono escluse dagli spazi decisionali che influenzano il nostro futuro,” ha dichiarato. Ha poi denunciato quello che definisce un “genocidio su base razziale” contro le donne indigene in Canada, chiedendo cambiamenti immediati. “Abbiamo bisogno di donne indigene a tutti i livelli di potere. Dobbiamo mostrare alle nostre giovani che le nostre voci contano. Quando eleviamo le donne indigene, creiamo un futuro migliore per tutti.”
Nonostante le minacce in aumento, l’ONU non intende arretrare. Guterres ha delineato un piano d’azione chiaro:
- Investire nell’educazione delle ragazze per spezzare il ciclo delle disuguaglianze
- Porre fine alla violenza contro donne e ragazze con leggi più forti e tutele più efficaci
- Colmare il divario digitale per garantire l’accesso delle donne alla tecnologia e alla leadership
- Aumentare la presenza delle donne in politica e nei processi di pace, affinché le loro voci siano parte delle decisioni globali
“Dobbiamo difendere la Dichiarazione di Pechino,” ha affermato Guterres. “Questo è un momento decisivo.”
Mentre i leader mondiali discutono soluzioni, le giovani attiviste stanno già agendo. All’evento POWER4Girls: Investire nelle ragazze, trasformare il mondo, le giovani leader stanno sfidando l’idea che i movimenti dal basso siano troppo piccoli per avere un impatto significativo. Con il supporto dell’UNICEF e co-organizzato dai governi di Canada e Sierra Leone, l’evento esplora come i movimenti giovanili possano influenzare politiche e strategie globali.
CSW69 si sta trasformando in un grido di battaglia contro chi vuole riportare indietro le lancette dell’orologio sui diritti delle donne. Dagli Stati Uniti all’Argentina, fino al resto del mondo, la reazione conservatrice è in corso. Ma lo è anche la resistenza.
Come ha detto Sima Bahous: “Non faremo un passo indietro.”

Nei lavori di CSW69 la delegazione italiana è guidata dall’Ambasciatore Maurizio Massari e include una delegazione parlamentare, fra i cui membri vi è la Vice Presidente della Camera dei Deputati Anna Ascani, e rappresentanti dell’Ufficio del Ministro per la famiglia, la natalità, e le pari opportunità. Come di consueto, i lavori vedranno anche la partecipazione della società civile, con decine di ONG italiane rappresentate.
L’Italia sarà protagonista con tre importanti eventi promossi, dedicati rispettivamente alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili (13 marzo), al femminicidio (12 marzo) e all’agenda “donna, pace e sicurezza” e “giovani, pace e sicurezza” (12 marzo), in collaborazione con diversi partner fra i quali UNICEF, UNFPA, UN Women, l’OSCE, l’Unione Africana e il Burkina Faso.
Fra gli ulteriori appuntamenti in programma sponsorizzati dall’Italia, un evento organizzato dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) dedicato ai diritti delle donne nell’Africa occidentale con un focus su Gambia, Guinea e Sierra Leone (17 marzo), due sui diritti delle donne e ragazze afghane, un evento sull’uguaglianza di genere e gli aiuti umanitari in collaborazione con Save the Children e ChildFund Alliance fra gli altri, uno sui diritti delle donne ucraine nell’ambito degli sforzi di ricostruzione post-bellici in collaborazione fra gli altri con il Governo ucraino.
La Commissione sullo Status delle Donne costituisce la maggiore piattaforma a livello mondiale per i diritti delle donne e si riunisce ogni anno a marzo a New York, alla presenza delle Ministre/i per le Pari Opportunità e di membri dei Parlamenti dei 193 Stati Membri ONU, oltre a migliaia di delegate/i da organizzazioni non governative e altre articolazioni della società civile.