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Migranti: l’Italia delibera lo stato d’emergenza mentre l’ONU non può fare di più

Meloni in difficoltà per l'aumento dei barconi dalla Tunisia; il portavoce di Guterres: "i governi hanno la responsabilità di attuare il Global Compact for Migration"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Migranti: l’ONU all’attacco delle norme anti-Ong volute da Meloni

Migrants from the Mediterranean are rescued in the Channel of Sicily, Italy (Photo IOM/Francesco Malavolta )

Time: 5 mins read

Proprio mentre in Italia il governo certifica l’allarme nazionale sull’aumento degli sbarchi di migranti deliberando lo stato di emergenza, martedì al Palazzo di Vetro dell’ONU, durante il briefing giornaliero con il portavoce del Segretario Generale, abbiamo chiesto che cosa faranno le Nazioni Unite per aiutare l’Italia (e Malta) in chiara difficoltà nel salvare vite nel Mediterraneo. La marina militare italiana nelle ultime ore continua a far spola dai porti siciliani in soccorso dei barconi  e si rischiano nuove tragedie.

Poche settimane fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva chiesto più aiuto anche all’ONU, quindi abbiamo richiesto che cosa abbiano intenzione di fare le Nazioni Unite per far fronte alla situazione. Il portavoce Stephane Dujarric, ha replicato: “Nessuno si aspetta che i paesi costieri dell’Europa meridionale gestiscano da soli questa sfida. È una responsabilità regionale. È una responsabilità globale. Continuiamo a metterci dei cerotti sulla questione, attraverso il lavoro dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, attraverso il lavoro dell’UNHCR. Sono i governi nazionali di tutto il mondo che hanno la responsabilità di seguire e attuare il diritto internazionale sui rifugiati, di attuare il Global Compact sulla migrazione, sulla migrazione sicura e ordinata. Le soluzioni ci sono. Implicano discussioni profonde e importanti tra paesi di transito, paesi di destinazione, paesi di origine per garantire che la migrazione sia gestita dai governi attraverso mezzi legali e ordinati e non attraverso bande criminali come lo sono oggi”.

Italian Premier, Giorgia Meloni, and Vice Premier, Matteo Salvini, in Cutro Town Hall during a press conference after a meeting of the Italian Council of Ministers, Cutro, near Crotone, Italy, 09 March 2023. On the agenda there is also a decree law on the regular flows of migrants and the fight against irregular immigration. ANSA / CARMELO IMBESI

L’ONU al massimo può metterci “una pezza”? Il portavoce del Segretario Generale Guterres ribadisce che l’Italia, Malta e gli altri paesi europei devono rispettare il diritto internazionale e attuare quel Global Compact sull’Immigrazione che proprio il governo italiano allora di Conte-Salvini non volle appoggiare. Bisognerebbe evitare di ostacolare, per non dire “criminalizzare”,  le attività delle ONG che salvavano quei migranti e che aiutano così la marina militare oggi in chiara difficoltà. La situazione di oggi ci appare ancora più “schizofrenica”: inutile cercare di fermare con un “cerotto” l’emorragia di un intero continente.

Martedì tocca al ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci – non a caso già governatore della Sicilia, dove arrivano la maggior parte degli sbarchi – a portare al Consiglio dei Ministri la proposta per lo stato d’emergenza. Il provvedimento serve a sbloccare fondi e poteri che permetteranno di gestire più rapidamente le criticità emerse con il moltiplicarsi degli arrivi, visto che dall’inizio del 2023 sono arrivati in Italia 31.200 migranti, registrando il +300% rispetto all’anno scorso, portando al caos non solo Lampedusa, ma tutti gli hotspot di prima accoglienza attualmente nel Paese. Con un primo stanziamento di 5 milioni, poi 20 milioni per sei mesi, si dovrebbero creare nuovi posti per l’accoglienza, dai trasferimenti di migranti ai Centri di permanenza per il rimpatrio. “Abbiamo deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi”, ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alla fine della riunione.

People are dying in the waters of the Mediterranean. Most of their calls for help go unheard.

States must increase and support search and rescue to save lives at sea.

More here: https://t.co/0UH1BZ0oxh pic.twitter.com/v5xTFDhTmt

— IOM – UN Migration 🇺🇳 (@UNmigration) April 12, 2023

Nel Mediterraneo intanto gli sbarchi non si fermano, anzi triplicano. Nel fine settimana di Pasqua si sono intensificate le segnalazioni di barche in avaria e migranti in cerca di aiuto, con i soccorritori – per lo più unità della marina militare- che in tre giorni ha consentito di trarre in salvo circa 2mila persone alle quali si sono aggiunti altri 1.200 migranti per i quali le operazioni di soccorso sono ancora in corso nello Ionio tra la Sicilia e la Calabria. Trentotto sarebbero invece le vittime di due naufragi, uno al largo della Tunisia e l’altro in acque maltesi, e 18 i dispersi.

Se prima era il caos della Libia a preoccupare di più, da mesi è diventata la Tunisia il maggior centro di partenze di migranti e rifugiati e un episodio avvenuto proprio martedì ha messo in risalto come l’ONU, più che venire in soccorso dell’Italia, si trova essa stessa in grave difficoltà con le sue agenzie.

Sub-Saharan African migrants sit in tents outside the headquarters of the International Organization for Migration (IOM) to demand their evacuation to their country of origin in Tunis, Tunisia, 22 March 2023. Hundreds of people from Mali and Ivory Coast returned to their home countries earlier this month after Tunisian president hinted on 21 February that the arrival of sub-Saharan migrants was part of a plot to weaken Arab identity and Islam in Tunisia. According to the Tunisian Forum for Economic and Social Rights, Tunisia, a country of 12 million inhabitants, has more than 21,000 nationals from sub-Saharan African countries, most of them in an irregular situation. EPA/MOHAMED MESSARA

Le forze dell’ordine tunisine hanno infatti usato gas lacrimogeni per disperdere  centinaia di richiedenti asilo e migranti africani che da circa un mese erano accampati fuori dalla sede dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’ONU (UNHCR) e anche dell’Agenzia per l’Immigrazione (IOM) a Tunisi. Si tratta di cittadini di vari Paesi dell’Africa sub-sahariana, per la maggior parte in cerca di trasferimento verso Paesi terzi, che aspettavano una risposta dall’UNHCR che però ha da giorni sospeso l’esame delle loro pratiche. La ragione? Un aggiornamento del sistema informatico, almeno così è stato comunicato. Così martedì, centinaia di migranti disperati che nelle ultime settimane hanno vissuto tra gli stenti e i pericoli delle aggressioni, e che si aspettano di essere riconosciuti “rifugiati” per allontanarsi dalla Tunisia, hanno iniziato una protesta. A quel punto c’è stato un intervento della polizia tunisina, che ha eseguito gli sgomberi.

Under its early warning & urgent action procedure, UN Committee against Racial Discrimination calls on authorities of #Tunisia to refrain from any speech that contributes to racial hatred & discrimination against migrants from countries south of the Saharahttps://t.co/Rp9hCUt4Vz pic.twitter.com/tot4wgLcvS

— UN Treaty Bodies (@UNTreatyBodies) April 4, 2023

Il portavoce del ministero dell’Interno tunisino, Faker Bouzghaya, ha detto che la polizia è intervenuta “su richiesta dell’UNHCR” e che 80 migranti sono stati arrestati, di cui 30 posti in custodia cautelare. In una lettera aperta, un gruppo di richiedenti asilo e migranti provenienti da quindici Paesi subsahariani ha dichiarato di essersi “rifugiato” nei pressi dell’UNHCR dopo essere stato “cacciato” da diverse città della Tunisia, dopo il discorso di febbraio del presidente Kais Saied che ha preso di mira l’ immigrazione illegale. “La Tunisia non è sicura e non possiamo più restare qui”, avevano scritto, chiedendo di essere “evacuati immediatamente in qualsiasi altro Paese sicuro che ci accetti e ci rispetti come esseri umani”.

 

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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