La Repubblica islamica dell’Iran si prefigge di combattere “le ingiustizie in tutte le sue forme: contro l’umanità, contro la spiritualità, contro Dio Onnipotente e contro i popoli del mondo. Ovunque esse avvengano”.
Sono queste le parole pronunciate oggi dal presidente iraniano Ebrahim Raisi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un leader per cui, la rivoluzione islamica iraniana del 1979, è un modello per “ispirare altre rivoluzioni nel mondo”, “capace di resistere a diversi complotti nel corsi degli anni” e di creare “un sistema avanzato di ordine sociale, inviando al mondo un messaggio di giustizia”.
Parole che hanno fatto infuriare le migliaia di persone radunate a due passi dall’Onu, nella piazza sulla 47ª strada tra 1ª e 2ª Avenue.
In concomitanza con l’intervento di Raisi, gli iraniani-americani provenienti da 40 paesi degli Stati Uniti hanno chiesto che il loro presidente venga processato per crimini contro l’umanità e genocidio. Si riferiscono all’esecuzione di massa dei prigionieri politici iraniani del 1988, in cui persero la vita circa 30.000 persone.

Striscioni, cori e maschere, oltre a tantissime bandiere iraniane. Tutti vestiti di giallo con una grande scritta “FREE IRAN”.
La manifestazione è stata il culmine di una settimana di campagna portata avanti a New York dai sostenitori dell’opposizione del governo, composta dal Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (NCRI) e della sua Presidente Maryam Rajavi.
In Iran, nel frattempo, canti di “morte al dittatore” e “morte a Khamenei e Raisi” sono stati intonati in oltre 25 province e 35 città per il quinto giorno consecutivo. Le proteste sono state scatenate dal brutale omicidio di una donna di 22 anni, Mahsa Amini, da parte della “polizia morale” voluta da Raisi, imprigionata e giustiziata per aver portato male il velo.
Un’esecuzione non menzionata dal presidente all’Onu, che ha però sostenuto di respingere “i doppi standard di certi governi sulla questione dei diritti umani. Finché ci saranno, non avremo mai giustizia ed equità. I diritti umani sono di tutti. Purtroppo ci sono casi come le tribù di nativi in Canada, i diritti dei palestinesi o i migranti che cercano libertà, ma i loro bambini finiscono nelle gabbie e gli afroamericani uccisi”.

Agli Stati Uniti di Biden, Raisi ha intimato di “non dire a una nazione che non possa stare in piedi da sola senza dipendere da altri. Gli Stati Uniti non sono messi meglio. Il destino di molti Paesi dimostra come gli Usa abbiano perseguito i propri interessi e non quelli degli altri Paesi”.
Ora “l’Iran vuole il suo posto nel mondo”, a dispetto degli “interventi egemonici e delle sanzioni oppressive. Siamo diventati un Paese più forte nonostante le sanzioni e il mondo ha bisogno di un Iran più forte, che sia in grado di esportare petrolio e gas”.
Poi una rassicurazione: l’Iran non sta cercando di costruire o ottenere l’arma nucleare. “Simili armi non hanno spazio nella nostra dottrina”.