La 77esima Assemblea Generale dell’Onu che dalla prossima settimana vedrà confluire i capi di stato o di governo di 193 nazioni, potrebbe diventare la più rischiosa della storia. Potrebbe infatti segnare il destino della più grande organizzazione internazionale, determinando se possa avere ancora un futuro autorevole e più credibile, oppure se dovrà rassegnarsi al declino e al totale fallimento così come toccò all’alba della Seconda Guerra Mondiale alla Società delle Nazioni.
Tra le problematiche e le crisi internazionali che da alcuni anni scuotono l’ONU e ne mettono alla prova l’efficacia d’intervento – clima e sviluppo sostenibile, difesa dei diritti umani, rifugiati e migranti, pandemia covid, fame – l’ultima crisi scatenata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, paese fondatore e membro permanente del Consiglio di Sicurezza, rappresenta la scossa potenzialmente in grado di far crollare tutto il sistema onusiano. La decisione di Vladimir Putin di invadere un paese membro delle Nazioni Unite – lo aveva già fatto otto anni prima in Crimea senza scatenare la guerra, ma riparandosi dietro un seppur contestato referendum sull’autodeterminazione – ha calpestato il principio fondante della Carta delle Nazioni Unite: la sovranità di uno stato e il suo territorio, a meno di un diritto di autodifesa da precedente aggressione, non possono essere violati da attacchi militari non autorizzati da una risoluzione ONU.
Che poi a violare questo principio sia stato un membro permanente del Consiglio di Sicurezza, che con il suo diritto di veto annulla ogni reazione ONU – ma non quella dell’Assemblea Generale, che ha approvato risoluzioni di condanna a larghissima maggioranza – ha dato l’ulteriore spallata ad sistema onusiano basato su una Carta – leggi Costituzione o Trattato – che, doveroso a questo punto ricordare, era stata già violata anni prima e con modalità simili. Quella volta a macchiarsi dell’infamia di calpestare la Carta con attacchi militari non autorizzati (in Kosovo nel 1999 e, peggio, in Iraq nel 2003) era stata la superpotenza che più di ogni altra aveva contribuito alla nascita e rafforzamento delle Nazioni Unite: gli Stati Uniti d’America.
La rappresentante permanente USA all’ONU, l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield, proprio la scorsa settimana ha tenuto un discorso a San Francisco, intitolato sul “Futuro delle Nazioni Unite”. Pronunciato nella stessa sala di quel Fairmont Hotel dove, il 25 aprile del 1945 – lo stesso giorno in cui l’Italia festeggia la liberazione dal nazi-fascismo! – i delegati di cinquanta paesi si riunirono per iniziare i lavori che porteranno due mesi dopo all’approvazione della Carta delle Nazioni Unite, l’ambasciatrice Thomas-Greenfield ha ribadito:
“Anche se il mondo stava affrontando la minaccia del cambiamento climatico, una pandemia e una crisi alimentare globale, uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza ha invaso il suo vicino. La Russia ha violato la sovranità nazionale e l’integrità territoriale. Ha violato i diritti umani e ha perseguito una guerra aperta invece di negoziare la pace. Un membro permanente del Consiglio di sicurezza ha colpito al cuore la Carta delle Nazioni Unite.
I membri del Consiglio di sicurezza, e in particolare i membri permanenti, hanno quella che il presidente Truman ha definito una “responsabilità speciale”. In quello stesso discorso ai delegati di San Francisco, il presidente Truman ha affermato che, cito: “La responsabilità dei grandi stati è servire, e non dominare, i popoli del mondo”.
Servire, non dominare.
La guerra della Russia contro l’Ucraina è un tentativo di dominio nelle sue forme più pure. Questa guerra mette alla prova i principi fondamentali su cui sono state fondate le Nazioni Unite, forgiate qui al Fairmont: che l’aggressione totale non è mai, mai accettabile.
E così, la nostra risposta alla crisi di fiducia è stata quella di difendere la Carta e ritenere la Russia responsabile. (…)

Gli analisti di politica estera hanno deriso la dottrina della “nazione indispensabile” riferita agli USA e coniata negli anni Novanta dall’allora prima donna segretario di Stato, Madeleine Albright, che era stata in precedenza rappresentanze permanente degli USA al Palazzo di Vetro. Eppure gli Stati Uniti, a guardare il loro contributo al budget delle Nazioni Unite, appaiono sì indispensabili: il contributo di Washington al sistema ONU per il 2020, è stato di 11,6 miliardi di dollari: oltre cinque volte di più di quello della Cina (2 miliardi di $) e venti volte di più di quello della Russia!
Mentre scriviamo, all’Assemblea Generale il Presidente della UNGA76, il diplomatico maldiviano Abdullah Shahid, dopo aver condotto in porto l’Assemblea durante la tempesta del 2022, ha dato lo scettro al nuovo presidente della 77esima AG, l’ungherese Csaba Kőrösi, che si è presentato con il motto “Solutions Through Solidarity, Sustainability and Science”.

Già questa settimana apre un grande summit sull’Education (Istruzione), che avrebbe dovuto vedere anche la partecipazione, lunedì 19, dei grandi leader incluso il presidente Joe Biden. I funerali della Regina Elisabetta a Londra invece porteranno i big mondiali a New York solo a partire da martedì (il discorso di Biden invece che martedì, avverrà mercoledì 21), quando Kőrösi lascerà la parola al Segretario Generale Antonio Guterres che dovrà riuscire nell’impossibile impresa di mettere a fuoco tutte le maggiori sfide dell’ONU senza scontentare nessuno. Guterres, che nelle settimane precedenti all’attacco russo in Ucraina, si era ostinatamente rifiutato di contemplare la possibilità di una invasione “in fragrante violazione della carta Onu”, ha quindi aggiustato l’eccessiva “prudenza” diplomatica, accusando Mosca e il suo regime di avere messo in crisi tutto il sistema di legge internazionale basato sulla UN Charter.
Sul podio della AG si alterneranno molti leader che sembrano fare a gara nel tenere in tensione un mondo già scosso dalle crisi ambientali e sanitarie. Così Jair Bolsonaro, che come tradizione aprirà per il Brasile i discorsi dei capi di stato e di governo, si annuncia carico dei suoi tic trumpiani, soprattutto nel ritenere valide le elezioni solo quando si vincono. O l’iraniano Ebrahim Raisi che avrebbe potuto annunciare un avvenuto accordo sul nucleare e invece – almeno a quanto riferito dal Segretario di Stato Anthony Blinken – rinnoverà l’immagine aggressiva di un Iran che non vorrebbe rinunciare alle sue ambizioni strategiche sul nucleare ma che né gli USA, nè soprattutto Israele, hanno intenzione di concedergli.
La Cina, che fino a qualche giorno credeva di poter imporre il “silenzio” all’organizzazione cresciuta sul pilastro della Dichiarazione universale dei diritti umani, grazie all’ormai ex Commissario Michelle Bachelet ha visto invece i suoi crimini messi in vetrina al Palazzo di Vetro: è stato pubblicato il rapporto che l’accusa di aver abusato dei diritti umani della popolazione musulmana nella regione dello Xinjiang. La Cina di Xi, che si appresta alla vigilia dell’UNGA77 a stringere relazioni pericolose con la Russia di Putin, si trova al bivio: contribuire al salvataggio dell’ONU imponendo a se stessa e agli altri il rispetto della UN Charter, o essere determinante per il suo definitivo crollo.
Da altri interventi, ci si aspetta solo ulteriore confusione e incertezza, come quando si vedrà apparire un leader libico parlare, ma non si capirà a nome di quale nazione, dato che la Libia, che continua a dondolare sull’abisso della guerra civile, continua ad avere due governi che si sfidano e, paradossalmente, sono entrambi in un certo modo riconosciuti dall’ONU!

E l’Italia? Il nostro Paese, che ricordiamo è uno dei maggiori contribuenti del sistema ONU ed il primo tra quelli occidentali nella fornitura di caschi blu per le missioni di pace, avrà il capo del governo “dimissionario” Mario Draghi che parteciperà ai lavori e pronuncerà il discorso all’AG – all’inizio previsto per il 22 settembre, è stato anticipato a martedì pomeriggio, 20 settembre – proprio alla vigilia delle elezioni del 25 settembre. Draghi a New York riceverà anche un prestigioso premio. Non si prevede al momento l’arrivo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio ( impegnato nella campagna elettorale), al suo posto la Sottosegretaria Marina Sereni. Ci sarà la partecipazione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi (che partecipa al Summit Transforming Education) Ci sarà anche la delegazione della Commissioni Esteri del Parlamento, molto ridotta a causa delle elezioni, finora sarebbe composta da Alessandra Ermellino (ex M5S), Ricky Olgiati (M5S) e Alberto Pagani (PD).
Alla fine, da tutti i partecipanti all’UNGA77, ci si aspetta almeno di ricordare il miracolo di San Francisco, quando la Carta dell’ONU nacque sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale e sopratutto grazie agli Stati Uniti, nazione madre dell’ONU.
Vi invitiamo quindi a leggere altri passaggi del discorso tenuto a San Francisco dell’Ambasciatrice Linda Thomas Greenfield (vedi sotto video e traduzione in italiano); si nota grande differenza non solo nei toni, ma soprattutto nella sostanza, rispetto agli anni bui di Bush figlio e poi di Trump. Che le parole pronunciate da Thomas Greenfield a San Francisco siano il preludio a quelle che pronuncerà il presidente Joe Biden a New York: solo ammettendo le proprie colpe, si può iniziare a ristabilirne credibilità, autorevolezza, e soprattuto forza alla UN Charter:
“Si tratta di difendere la Carta delle Nazioni Unite. Si tratta di pace per la prossima generazione. Si tratta di proteggere i principi delle Nazioni Unite. Si tratta di servire, non di dominare, i popoli del mondo.
Alcuni hanno chiesto se ci impegniamo a rispettare questi principi. Useremo la Carta delle Nazioni Unite quando ci serve, e poi la abbandoneremo quando non lo fa? Per rispondere a questa domanda e per dimostrare la nostra sincerità e il nostro fervido impegno nei confronti della Carta delle Nazioni Unite, oggi sono orgogliosa di annunciare che gli Stati Uniti aderiranno a sei chiari principi per un comportamento responsabile dei membri del Consiglio di sicurezza.
Questi sono standard che ci stiamo impostando e che diamo il benvenuto a tutti coloro che ci attengono.
Non siamo sempre stati all’altezza di loro in passato, ma ci stiamo impegnando per loro andando avanti. Riteniamo inoltre che questi sarebbero gli standard giusti per tutti gli altri membri del Consiglio di sicurezza a cui impegnarsi, in particolare i membri permanenti.
Quindi, prima di tutto, ci impegniamo a difendere e ad agire rigorosamente in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. Nessun membro del Consiglio può vantare un record perfetto su questo negli ultimi otto decenni, ma questo momento eccezionale richiede una rinnovata leadership nella difesa della Carta.
Mireremo a rafforzare la fede dell’appartenenza alle Nazioni Unite e l’adesione alla Carta delle Nazioni Unite, non solo nel Consiglio di sicurezza, ma durante le nostre azioni nelle Nazioni Unite e persino nelle nostre politiche nazionali…
In secondo luogo, ci impegneremo pragmaticamente con tutti i membri del Consiglio per affrontare le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali. Le controversie bilaterali non devono mai essere una scusa per ostacolare il mandato del Consiglio o per rinunciare alle proprie responsabilità. Ad esempio, per quanto non siamo d’accordo con la Cina su una serie di questioni, dobbiamo ancora lavorare insieme per compiere progressi sul cambiamento climatico.
Terzo, ci asterremo dall’uso del veto tranne che in situazioni rare e straordinarie. [Applausi]. In particolare, qualsiasi membro permanente che eserciti il veto per difendere i propri atti di aggressione perde autorità morale e dovrebbe essere ritenuto responsabile. E noterò che dal 2009 la Russia ha posto 26 veti, 12 dei quali sono stati raggiunti dalla Cina, mentre gli Stati Uniti hanno usato il veto solo quattro volte.
Quarto, dimostreremo la leadership nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. In quanto difensori della Carta e del diritto internazionale, i membri del Consiglio di sicurezza dovrebbero essere leader mondiali nella difesa dei diritti umani, sia in patria che all’estero. E dovremmo usare le nostre posizioni in seno al Consiglio di sicurezza, nell’ambito del suo mandato, per fare lo stesso”.
“… E infine, come sto facendo oggi, ci impegneremo nuovamente a sostenere la Carta delle Nazioni Unite e cercheremo di plasmare il futuro delle Nazioni Unite. La nostra risposta alle flagranti violazioni della Russia non può essere quella di abbandonare quei principi fondanti. Invece, dobbiamo raddoppiare: dobbiamo raddoppiare il nostro impegno per un mondo pacifico e mantenere ancora più stretti i nostri principi profondamente radicati di sovranità, integrità territoriale, pace e sicurezza.
Fortunatamente, non siamo soli in questo. Lontano da esso. Per noi, questo è l’inizio di un dialogo, quello che il presidente Biden, il segretario Blinken e io, e tanti altri raccoglieremo e porteremo nelle nostre conversazioni durante la settimana ad alto livello e le settimane a venire. La nostra speranza è di radunare il mondo dietro la Carta in cui tutti ci siamo impegnati, proprio qui, 77 anni fa. E insieme lavoreremo per plasmarlo e riformarlo, e il sistema che ha creato, per il futuro.
Come ha detto Truman ai delegati di San Francisco quel primo giorno: “Per avere buoni vicini, dobbiamo anche essere buoni vicini”.
Per avere un buon vicino, sii tale.
Questo è il nostro obiettivo in questa prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ed è ciò a cui ci impegniamo come processo inclusivo. Quindi uniamoci. Costruiamo quel futuro pacifico e di vicinato per tutti.
Grazie”.