E siamo a tre. Tra le mura del Palazzo di Vetro di New York, i 193 membri dell’Assemblea generale dell’Onu si riuniranno giovedì alle 10 in punto per la terza volta e discutere della condotta di Mosca in Ucraina. Questa volta si voterà la sospensione della Russia dal Consiglio per i diritti umani a Ginevra. Un’iniziativa avanzata dagli Stati Uniti e richiesta dal G7 dopo le raccapriccianti immagini della strage di Bucha che mostravano le strade della città disseminate di cadaveri trucidati e bruciati. Video e reportage shock che hanno suscitato repulsione da ogni angolo del globo e che hanno spinto i leader dell’Occidente a chiedere non solo sanzioni più severe contro il Cremlino, ma anche di processare i responsabili per crimini di guerra.
L’ambasciatrice USA all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, lo aveva già anticipato martedì durante la riunione del Consiglio di Sicurezza a cui aveva partecipato in videocollegamento anche il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. Alla luce degli ultimi avvenimenti, per la diplomatica americana “è un’ipocrisia” che Mosca faccia parte del Consiglio per i diritti umani.

La portavoce del presidente dell’Assemblea generale Paulina Kubiak ha spiegato ai corrispondenti del Palazzo di Vetro che nella bozza di risoluzione, di cui anche l’Italia è firmataria, si chiede di “sospendere il diritto di Mosca di far parte” dell’organismo ONU esprimendo “grave preoccupazione per la crisi umanitaria e la crisi dei diritti umani in Ucraina, in particolare le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte della Russia”. Per essere approvata, la delibera richiede la maggioranza dei due terzi dei membri. Le astensioni non contano.

In arrivo un terzo smacco per Mosca? L’Assemblea Generale si è già riunita due volte e compatta si è schierata contro le azioni di Vladimir Putin. Lo scorso 24 marzo aveva votato con 140 voti a favore la risoluzione che incolpa la Russia per la crisi umanitaria in Ucraina, mentre il 2 marzo con 141 “sì“, l’Assemblea generale aveva adottato la risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato e la protezione dei civili. Fonti diplomatiche dell’Headquarter delle Nazioni Unite si dicono dunque “fiduciose” di ottenere i voti sufficienti per espellere la Russia dal Consiglio per i diritti umani. Solo cinque Paesi hanno votato finora contro i testi precedenti: Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria ed Eritrea. Mentre gli astenuti sono stati rispettivamente 38 e 35 (tra cui Cina, Cuba e Iran). In questo caso sono attese più astensioni, anche se per i corridoi del Palazzo di Vetro, si vocifera che Mosca, in queste ore, stia tentando di convincere un numero ancora indefinito di paesi a votare “no“, minacciando di considerare ostile anche l’astensione o il mancato voto, influenzando così le relazioni bilaterali.
Facile immaginare l’intervento che l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia pronuncerà sul palco dell’Onu. In un “non-paper” ottenuto dall’Associated Press, la Russia ha già affermato che il tentativo di espellerla dal Consiglio per i diritti umani è politico e sostenuto da vari paesi per preservare la loro posizione dominante e il controllo sul mondo. A Ginevra, l’ambasciatore russo, Gennady Gatilov, ha definito l’azione degli Stati Uniti “una spavalderia infondata e puramente emotiva che sta bene davanti alla telecamera, proprio come piace agli Stati Uniti” e ha ribadito che “Washington sfrutta la crisi ucraina a proprio vantaggio nel tentativo di escludere o sospendere la Russia dalle organizzazioni internazionali“.