Continua ad inasprirsi il conflitto in Myanmar, dove più di 3 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari. Il colpo di stato militare del febbraio scorso, che ha portato via il potere al governo eletto democraticamente, ha causato il dislocamento di centinaia di migliaia di persone nelle zone di conflitto sparse per il paese.
Durante la dichiarazione di ieri del coordinatore dell’UN Emergency Relief, Martin Griffiths, sono state delineate le maggiori aree di crisi del paese: la grande quantità di rifugiati, i continui conflitti, e l’aumento dell’insicurezza alimentare.
I’m concerned about the increase in violence in Myanmar & rising need.
Since Feb., hundreds of thousands of people have been forced to flee their homes due to violence & 223,000 remain internally displaced.
We need an end to violence, improved access & a peaceful resolution.
— Martin Griffiths (@UNReliefChief) November 8, 2021
“144.000 Rohingya (minoranza etnica del Paese) sono confinate in campi e luoghi simili a campi nella regione di Rakhine, molti dei quali sono sfollati dal 2012, e più di 105.000 persone dislocate in Kachin e Shan, molte delle quali lo sono da anni,” ha commentato con preoccupazione Griffiths.
A detta del coordinatore stesso, i cittadini birmani vivono in aree di profondo conflitto, che è andato a intensificarsi negli ultimi mesi, in particolare nella regione nord-ovest del paese. “Più di 37.000 persone, incluse donne e bambini, sono state sfollate recentemente, e più di 160 edifici sono stati incendiati, incluse chiese e uffici di organizzazioni umanitarie”. Questi attacchi sono proibiti dalle leggi internazionali, che anche durante i conflitti non consentono le violenze nei confronti di chiese, ospedali, civili e strutture dedicate ai soccorsi.
Sono tre i passi avanti che, secondo l’agenzia dell’ONU, devono essere messi in pratica per assicurare una migliore condizione di vita per i birmani. Gli sforzi umanitari, che fino ad ora hanno permesso il sostentamento di più di 1.67 milioni di persone, devono essere facilitati dalle forze armate del Myanmar, e finanziate dalla comunità internazionale.
Anche la dignità dei birmani deve essere protetta, in una maniera che è risultata impossibile fino ad ora avendo i cittadini ricevuto meno della metà dei $385 milioni di dollari in aiuti umanitari promessi dopo il colpo di stato.
Tutte le agenzie e i diplomatici coinvolti sono d’accordo sull’importanza di ristabilire la democrazia in Myanmar. Ma per riuscirci, è fondamentale che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aumenti gli aiuti umanitari e tagli l’accesso dei militari birmani ad introiti ed armi.