Dopo 11 giorni di duro conflitto armato, Israele e Hamas hanno fatto scattare nella notte il cessate il fuoco, ma entrambe le parti sono accusate di aver violato il diritto internazionale: Israele per l’uso eccessivo del diritto a difendersi; Hamas per il lancio indiscriminato di razzi sulle città israeliane.
Il conflitto ha portato una nuova ondata di distruzione di massa senza precedenti. Dall’inizio dello scontro, lo scorso 10 maggio, 232 palestinesi sono morti, tra cui 65 bambini; 1.900 circa i feriti. Hamas ha invece ucciso 12 israeliani e ferito centinaia di persone. Circa 75mila persone sono fuggite dai bombardamenti sulla Striscia di Gaza e almeno 38 mila sono i palestinesi sfollati.
Ma a causa della vasta asimmetria di potere, le vittime di questo conflitto sono sproporzionate. Ed esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno sollecitato un’indagine da parte della Corte penale internazionale sugli attacchi alle popolazioni civili e su altre “gravi violazioni dei diritti umani“.

Più di 450 edifici nella Striscia di Gaza sono stati completamente distrutti o danneggiati dai missili. Tra questi c’erano sei ospedali, nove centri sanitari e un impianto di desalinizzazione dell’acqua, che forniva acqua potabile pulita a circa 250.000 palestinesi, e l’edificio che ospitava i media tra cui i media Al Jazeera e Associated Press.
Azioni che violano non solo gli standard internazionali sui diritti umani, ma possono essere dei crimini perseguibili secondo il diritto internazionale per i quali esistono responsabilità individuali e statali. Sono stati violati principi fondamentali all’interno del diritto internazionale umanitario, come il principio di distinzione, che obbliga le parti in guerra a distinguere gli obiettivi civili da quelli militari. Un altro è il principio di proporzionalità, secondo cui la morte di civili e gli attacchi agli edifici residenziali, non possono essere eccessivi. C’è poi il principio delle precauzioni in attacco, che obbliga le parti in guerra a contenere i danni ai civili.

L’Onu ha avvertito che la distruzione a Gaza richiederà anni, se non decenni, per essere risolta. La soluzione a due Stati, che prevede la creazione anche di un Paese effettivo chiamato Palestina, sembra ancora molto lontana. Per le condizioni storico-politiche le due parti, prossimamente, potrebbero prepararsi al prossimo round.
La guerra incombe ancora. Parlando da Gaza, Matthias Schmale dell’agenzia di soccorso delle Nazioni Unite per i palestinesi UNRWA, ha affermato: “Sono convinto dopo essere stato qui due anni e mezzo che torneremo in guerra a meno che le cause profonde non vengano affrontate”.
Intanto, il coordinatore dei soccorsi di emergenza delle Nazioni Unite, Mark Lowcock, ha stanziato 4,5 milioni di dollari per soddisfare le crescenti esigenze di Gaza.