La decisione del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul sulla protezione delle donne è stata definita dalle Nazioni Unite “un passo indietro molto preoccupante”. Una scelta paradossale in quanto fu proprio la Turchia di Erdogan la prima dei 35 Stati membri a firmare il trattato internazionale nel 2012 nella metropoli turca.
“Questa decisione invia un messaggio pericoloso” ha affermato un gruppo di esperti indipendenti dei diritti umani dell’Onu. L’azione intrapresa dal governo di Ankara potrebbe lasciar intendere che la violenza contro le donne non è importante, e con tutta probabilità incoraggerà gli autori. Una mossa attesa, ma certamente azzardata specialmente in un momento in cui il fenomeno è in aumento in tutto il mondo a causa dell’isolamento sociale imposto dalla pandemia.
Secondo il governo turco, il contenuto della Convenzione di Istanbul minaccia l’unità e i valori delle famiglie nel paese. Così, da sabato, migliaia di attiviste si sono riversate nelle piazze di Istanbul e nelle altre città turche per protestare, esibendo i volti delle donne uccise dai propri compagni. In Turchia la violenza coniugale è preoccupante. Secondo i dati dell’Onu, il 38% delle donne sposate ha subito violenza fisica e/o sessuale nel corso della sua vita. Lo scorso anno i femminicidi sono stati 300 e 171 donne sono morte in circostanze sospette. Nel 2021 le vittime sono state già 78, ma Erdogan ha motivato l’uscita dal trattato affermando che le leggi nazionali sono sufficienti a garantire protezione.
Citando i dati disponibili sul palese aumento dei femminicidi in Turchia, l’Onu ha dunque chiesto di “riconsiderare questa decisione”. Immediate anche le reazioni di disapprovazione da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
La Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, con alla Dichiarazione dell’Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e la Piattaforma d’azione di Pechino, sono accordi che “impegnano gli Stati a mettere in atto politiche e leggi per sradicare” la violenza di genere.
Intanto, le associazioni femministe in Turchia hanno annunciato nuovi sit-in e oltre ai cortei, hanno organizzato una protesta quotidiana alle 21 da balconi e finestre delle case.