Sono trascorsi ormai più di 70 giorni da quando i 18 pescatori partiti da Mazara del Vallo sono stati sequestrati dalle milizie del generale dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico Khalifa Haftar.
Le famiglie delle vittime presiedono Montecitorio da settimane per supplicare il governo di riportarli a casa. Il Ministro degli Esteri Luigi di Maio ha promesso che ciò accadrà, ma quando? Aveva affermato che “l’Italia non sarà ricattata”, ma nonostante le pressioni di alleati di Haftar come gli Emirati Arabi Uniti, il rilascio degli ostaggi non è ancora avvenuto.
Matteo Salvini, leader della Lega afferma: “Settanta giorni di assenza con una sola telefonata sono assurdi!”, e anche Papa Francesco, durante l’Angelus del 18 ottobre si è stretto alle famiglie delle vittime, così come il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero.

La scorsa settimana, il sindaco della cittadina siciliana Salvatore Quinci ha fatto sapere di aver ricevuto una telefonata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per far mostrare la sua vicinanza ai famigliari dei 18 pescatori.
In queste settimane piogge di critiche sono arrivate al governo Conte, tra cui tuonano le parole dell’ammiraglio Nicola De Felice, che ha affermato: “Il governo se davvero volesse difendere la nostra sovranità e gli italiani dovrebbe intervenire con un blitz e liberare i nostri pescatori nelle mani del criminale Haftar. O quanto meno fare pressioni militarmente”.

Ma non è intenzione di Luigi Di Maio mostrare i muscoli, che piuttosto preferisce ottenere “il risultato in silenzio”. È passato quasi un altro mese, da quando il 15 ottobre, il Ministro degli Esteri Di Maio ha parlato in Senato ribadendo la sua promessa.
Avendo dalla sua il diritto internazionale per quanto riguarda la questione dei confini marittimi, l’Italia potrebbe rivolgersi all’ONU. La Voce di New York ha più volte chiesto al portavoce del Segretario Generale Antonio Guterres, se l’Italia avesse chiesto aiuto in proposito, ma ci è stato sempre risposto di “non avere notizie”.

Ieri, 11 novembre, durante l’ordinario press briefing delle Nazioni Unite, La Voce di New York ha incalzato nuovamente con domande, e questa volta più esplicitamente: “Forse sembra un piccolo problema, ma i 18 pescatori sono ancora prigionieri in Libia da 70 giorni. Forse, a questo punto, le parole del Segretario Generale potrebbero essere utili, perché anche il Papa ha parlato ma niente, nessuno effetto. Il Segretario Generale dispone di informazioni su questa situazione? Il governo italiano ha chiesto il suo aiuto? C’è un modo in cui il Segretario generale può dire qualche parola su queste persone prigioniere in Libia?” (minuto 22.44)
Il portavoce Stéphane Dujarric ci ha risposto: “Siamo preoccupati per il loro destino e vogliamo che la situazione venga risolta il più rapidamente possibile e che vengano rilasciati. Sto cercando di ottenere alcune informazioni dai nostri colleghi sul campo su quale sia esattamente la situazione”.

Nel frattempo però si è aperta un’accesa polemica sul fatto che la sera del 1° settembre, il giorno del rapimento, una nave della Marina Militare Italiana si trovava a 115 miglia dal luogo del sequestro, ma non è intervenuta.
La questione è stata sollevata da Repubblica, che ha pubblicato la scorsa settimana un articolo dal titolo: “Pescatori sequestrati, la notte dei misteri. La Marina era vicina ma li abbandonò”.
Quella sera, i pescherecci Medinea e Antartide si trovavano nella zona del gambero rosso, in cui fin dagli anni del regime di Gheddafi, si è scatenata una contesa sull’interpretazione della legge internazionale sulle miglia di mare che separano la Libia dalle acque internazionali. Poco prima delle 21, i miliziani armati del generale Haftar hanno raggiunto i pescherecci siciliani, e sparando in aria, hanno ordinato agli equipaggi di seguirli verso Bengasi, ed è qui che si trova la caserma in cui da allora sono trattenuti.

Secondo la ricostruzione pubblicata il 9 novembre da Panorama, alle 21.26 Roma ha lanciato l’allarme e alle 21.35 il cacciatorpediniere, la nave Durand de La Penne e con a bordo un elicottero AB-212 Asw, sarebbe stato in grado di intervenire, ma non l’ha fatto; infatti, si sarebbe successivamente deciso per la soluzione diplomatica.
Giuseppe Giacalone, il 1° settembre, si trovava a bordo di un altro peschereccio, “Aliseo”, ma era riuscito a scappare in tempo. Giacalone ha riferito a Panorama di aver ricevuto una chiamata da Roma, dopo le 23, che gli assicurava l’arrivo di un elicottero entro 20 minuti, 30 al massimo. Ma la Marina ha affermato che quell’elicottero “non è mai decollato”, ma che certamente avrebbe potuto raggiungere in tempo i pescherecci. La decisione di non intervento “è stata presa dal comandante della nave Durand e condivisa dai vertici della forza armata”, riporta Panorama.
All’articolo di Repubblica, la Marina Militare risponde. Il quotidiano ha infatti pubblicato la versione della Marina Miliare, la quale fa sapere che la dinamica degli eventi riportata da presunte “fonti informate dei fatti” non corrisponde alla realtà.

In una nota diffusa dalla Marina si legge: “La notte tra l’1 e il 2 settembre, l’unità navale della Marina Militare impegnata in quel momento nell’operazione Mare Sicuro non ha mai avuto alcun contatto diretto con i pescatori. La Marina ha solo successivamente appreso di quanto stava accadendo dal Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo della Guardia Costiera italiana (IMRCC – Roma)”. “Al momento dell’acquisizione dell’informazione di allarme il personale libico era già a bordo del motopesca, mentre la nave operava ad oltre 115 miglia nautiche di distanza (tra le 5 e le 6 ore di navigazione). Le possibilità di intervento della nave, anche attraverso l’eventuale impiego del solo elicottero, sono pertanto state precluse sia dalla distanza in gioco, sia dalla dinamica dell’evento. Inoltre, in tali circostanze, con il personale militare libico già a bordo, l’eventuale arrivo dell’elicottero sul luogo dell’evento avrebbe innalzando la tensione e mettendo a rischio la stessa sicurezza dei pescatori italiani”.
Mentre pubblichiamo questo articolo, trapela una notizia dalla Farnesina: grazie alla sua azione diplomatica, Luigi Di Maio è riuscito a far ottenere una telefonata a casa ai pescatori italiani.