Il consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito il 18 novembre per confrontarsi sulla preoccupante situazione della Libia. In apertura l’intervento tenuto da Ghassan Salamé, il Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU e Capo della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL).
Salamé aveva preparato per il Consiglio di Sicurezza un report generale sulla questione libica, enfatizzando la richiesta per una maggiore cooperazione internazionale svolta a trovare una soluzione per la crisi che sta affliggendo la Libia da sette anni. Ma a sottolineare ancora più forte la necessità e l’urgenza di un cambiamento immediato nella politica libica è stata la notizia, riferita dallo stesso Salamé, del bombardamento avvenuto proprio questa mattina contro una fabbrica di biscotti vicino Tripoli.
Salamé ha commentato la tragedia affermando: “Sono arrabbiato e triste di riferirvi che oggi c’è stato un altro evento di massa che ha causato vittime civili. […] L’attacco ha causato quelli che per ora pensiamo siano 10 morti e oltre 35 feriti. La maggior parte dei morti sono migranti, ma almeno due sono di origine libica. […] Questo attacco potrebbe costituire un crimine di guerra”.
Ghassan Salamé ha fornito nel suo discorso di apertura al Consiglio di Sicurezza un quadro molto preoccupante della Libia, che tende a peggiorare e quindi ormai è sempre più “una corsa contro il tempo”. Dopo sette mesi e mezzo di conflitto, i pericoli provenienti dalla interferenza esterna sono sempre più evidenti e pressanti: mercenari e combattenti da compagnie private estere hanno aumentato il numero di civili uccisi e feriti, facendo crescere l’immigrazione di famiglie verso luoghi più sicuri. L’intrusione di potenze estere, in questo campo, è colpevole inoltre di impedire all’embargo di armi decretato dall’ONU di svolgere il suo ruolo nel cercare di non intensificare le violenze all’interno del Paese.
Per questo motivo, Salamé ha fatto un appello alla comunitá internazionale, di non interferire nel conflitto e di limitarsi a rimanere compatta e unita nel supporto alla Libia “per arrivare ad una fine del conflitto e ad uno ristabilirsi del dialogo” diplomatico. Ecco ancora le parole di Salamé: “Gli investimenti esterni nel conflitto in Libia rischiano di superare la quantità di coinvolgimento nazionale, sottraendo il controllo del futuro della Libia ai libici e affidandolo alle forze straniere.[…] È nell’interesse di tutti i libici respingere le interferenze esterne negli affari del loro paese, e mi rivolgo a queste per il loro sostegno nel chiedere che gli attori esterni aderiscano all’embargo sulle armi e si impegnino concretamente a porre fine al conflitto sul campo, prima che sia troppo tardi.”
Per quanto riguarda la situazione sociale all’interno della Libia, Salamé ha riportato che sono state attivate diverse iniziative per ristabilire il funzionamento delle elezioni e workshops per arginare il problema dell’uso di hate speech nei media. Inoltre, le agenzie delle Nazioni Unite hanno lanciato un progetto a Sirte “per supportare giovani e adolescenti nel diventare agenti attivi di cambiamento per le sorti della Libia e di pace”.
Riguardo al tema delle donne, invece, Salamé ha riferito suo malgrado che “le donne migranti e rifugiate in Libia sono a rischio di stupro, violenza sessuale e di genere, sfruttamento sessuale e prostituzione forzata”.
Salamé ha dunque lanciato un appello a livello internazionale per contrastare gli effetti drammatici e devastanti del conflitto sulla sicurezza, stabilità e salute dei civili libici. In questo scenario, migranti e rifugiati continuano ad essere vittime di uccisioni, torture, detenzioni e altri atti volti a limitarne la libertà. Particolarmente preoccupante per il Capo della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite in Libia è la detenzione forzata dei migranti intercettati dalla Guardia costiera libica, che ricordiamo ha un accordo di cooperazione con l’Italia nel riportare i migranti in territorio libico.
Il Ministro degli Affari Esteri della Libia (governo Tripoli, quello riconosciuto dall’ONU, ndr), Mohamed T. H. Siala, ha riaffermato nella riunione del Consiglio di Sicurezza i punti giá enfatizzati in precedenza da Salamé, sottolineando l’importanza della cooperazione internazionale nella risoluzione della crisi in Libia. Grandi sono le aspettative di entrambi i diplomatici verso il summit che si terrá a Berlino – ma la data potrebbe nuovamente slittare addirittura a gennaio – in cui sperano si arrivi ad un accordo comune per trovare una soluzione e fermare l’incremento di vittime che sta causando questa crisi.
Infine, Ghassan Salamé e Mohamed T. H. Siala hanno espresso nuovamente l’importanza fondamentale del dialogo tra il popolo della Libia e le Nazioni Unite come unico mezzo per raggiungere sicurezza e pace. “Le Nazioni Unite sono in Libia e rimarranno in Libia, per sostenere il popolo libico in questo loro processo”. (Ghassan Salamé)
Reda Al-Tabuly, rappresentante della organizzazione umanitaria “Together We Build It”, una non-profit con base a Tripoli che lavora per promuovere la pace e la sicurezza in Libia, è intervenuta alla riunione del Consiglio di Sicurezza (vedi video dal minuto 20:58). Alla fine della riunione del Consiglio di Sicurezza, ha risposto alle domande de La Voce sulla situazione libica e su come vede il ruolo dell’ONU e dell’Italia: “Siamo molto legati all’Italia e per questo motivo, ci auguriamo che l’Italia svolga un ruolo diverso”. Al-Tabuly ha infatti sottolineato le attuali divisioni che intercorrono tra Francia e Italia sulla situazione libica e che, al contrario, se Roma e Parigi riuscissero a collaborare tra loro, ci ha detto Al-Tabuly, la Libia avrebbe più possibilità di raggiungere la stabilitá che necessita.