Un intervento lungo e articolato, rivolto a un interlocutore chiaro anche se mai citato. A qualche giorno di distanza dal G7 di Taormina, che ha visto gli Stati Uniti d’America prendere tempo (e distanze) sulla firma di ratifica degli accordi relativi al Climate Change, il Segretario Generale dell’ONU António Guterres manda un messaggio al mondo, rivolgendosi in particolare al Presidente Donald Trump, pur senza nominarlo: sui temi del riscaldamento globale non si può più andare avanti così, perché le conseguenze negative sono evidenti e il futuro è già arrivato.
Durante uno speech molto applaudito, tenuto martedì pomeriggio alla New York University Stern School of Business, il Segretario Generale Guterres ha parlato degli accordi di Parigi davanti a una platea di centinaia di studenti, seguendo un filone quasi narrativo e ponendo l’accento sulla necessità di non sottovalutare il fattore-tempo: “Mio nonno è nato nel 1875 e mai avrebbe potuto immaginare il mondo in cui viviamo oggi. Allo stesso tempo, io non posso immaginare il mondo in cui i miei nipoti abiteranno tra qualche decennio”. Anche per questo, ha proseguito il Segretario, è necessario adottare politiche che siano capaci di rispettare “la nozione di responsabilità intergenerazionale” e siano sufficienti ad affrontare un tema non più procrastinabile: “Di per sé, il cambiamento climatico è una minaccia, perché moltiplicatore di ulteriori minacce. Se ne sentono fin da oggi gli effetti, sono pericolosi e stanno accelerando”. Un primo passo è stato proprio quello degli accordi di Parigi, citati a più riprese da Guterres e considerati come “indispensabili, perché la scienza ci sta parlando molto chiaramente dicendoci cosa sta succedendo e come possiamo agire per far sì che la situazione migliori”. “Science is beyond doubt”, per dirla con le sue parole, la scienza dietro alle teorie sul cambiamento climatico va oltre i dubbi dei singoli soggetti, in quanto oggettiva. E in quanto oggettiva andrebbe rispettata.
Il messaggio lanciato da António Guterres, che ha ripercorso nel suo intervento le cinque azioni che vedranno l’ONU intervenire concretamente sul tema, assume i connotati di un ultimatum ai leader di governo di tutto il mondo. Leader “chiamati a sostenere l’azione più ambiziosa del cambiamento a beneficio delle generazioni di oggi e di domani”. Ed è in particolare in questo passaggio che la tirata d’orecchie appare evidente, rivolta a chi ha invece incentrato un’intera campagna elettorale (e le prime azioni di governo) su teorie opposte, alimentando la paura del cambiamento. Il Segretario Guterres ha prima proposto di “riflettere sull’unità di intenti istituzionalizzata a Parigi nel 2015”, un momento “straordinario nella storia dell’umanità”. Poi ha evidenziato come 147 Paesi nel mondo abbiano già ratificato gli accordi presi due anni fa. Infine ha lanciato due frecciate di fioretto, più o meno velate, al Presidente USA già chiamato in causa nel corso dello speech, pur senza mai essere nominato. La prima è più evidente: “Se un governo dubita della volontà globale e della necessità degli accordi sul clima, questo è il motivo in più per cui tutti gli altri dovrebbero essere ancora più uniti e mantenere saldo il percorso”. La seconda è più celata: “Il dibattito sul clima dovrebbe smetterla di assumere i connotati del litigio: il viaggio da Parigi è ancora in corso e ci saranno delle cicatrici lungo il sentiero, ma con la partecipazione di tutti il mondo può portare a compimento quanto deciso”. Il messaggio è in ogni caso chiaro: chi non ci sta e non vuole mettere il proprio mattoncino green dovrà farsi un esame di coscienza, ma chi decide di restare deve continuare a lavorare a testa bassa, compatto.
Anche perché è proprio nel Paese che oggi li rinnega, che gli accordi di Parigi hanno già portato a effetti positivi sull’economia reale: “L’anno scorso l’energia solare è cresciuta del 50 per cento con gli Stati Uniti in testa, e i nuovi lavori in materia di energie rinnovabili superano in USA quelli creati nelle industrie del petrolio e del gas” ha detto Guterres. Una speciale classifica che vede primeggiare il Paese amministrato da Trump in compagnia della Cina, e che permette al Segretario Generale dell’ONU di mantenere uno spiraglio di speranza: “Vorrei sottolineare che la mia porta è aperta a tutti coloro che voglio discutere la via da percorrere, anche quelli che potrebbero avere prospettive divergenti”, ha detto nelle battute conclusive. Perché nonostante tutto è importante che il dibattito rimanga aperto, prima che sia davvero troppo tardi.