È probabile che il 2016 sarà l’anno più caldo mai registrato, con temperature globali che supereranno il record del 2015. A lanciare l’allarme è la United Nations weather agency, che ha reso noti i preoccupanti dati sul clima: rispetto a livelli pre-industriali, la temperatura salirà di 1,2°C, anche a causa del temibile El Niño, iniziato alla fine dell’anno scorso.
E a detta del Segretario Generale del World Meteorological Organization (WMO) Petteri Taalas, il riscaldamento globale è destinato a continuare, sulla scia di una tendenza che dura ormai da decenni.
Ma le temperature non sono gli unici indicatori record del cambiamento climatico. Le concentrazioni dei principali gas serra nell’atmosfera continuano ad aumentare e il ghiaccio marino artico rimane a livelli molto bassi.
L’WMO afferma inoltre che gli aumenti di temperatura sono più pronunciati nell’emisfero nord e che oltre il 90 per cento delle aree di terra nella parte settentrionale del globo ha avuto temperature di più di 1 °C sopra la media.
Tali fenomeni hanno un impatto disastroso sull’ecosistema, contribuendo per esempio allo sbiancamento della Grande Barriera Corallina.
Tali notizie sarebbero già brutte per il pianeta, ma potrebbero diventare pessime se fosse vero che il neo-presidente eletto della prima potenza mondiale è un noto “climate change denier”, convinto che l’intera questione del cambiamento climatico sia un’invenzione dei cinesi e deciso a stracciare gli accordi di Parigi quanto prima.
Queste, ovviamente, erano le dichiarazioni di Trump durante la campagna elettorale, quando voleva accattivarsi le simpatie di minatori e industriali colpiti dalla crisi e dalla conversione energetica basata sulle fonti rinnovabili voluta dall’amministrazione democratica.
Ma il Donald Trump di qualche mese fa pare in questi giorni ridimensionato dal gravoso peso della presidenza e su alcune questioni (come l’Obamacare) sembra aver smorzato i toni.
Sul clima, invece, è calato un silenzio sospetto, reso pesante dalla totale assenza di domande in merito nella recente intervista del tycoon su 60 Minutes.
A infittire il mistero ci sono poi le dichiarazioni rilasciate in questi giorni dal Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, che in un’intervista concessa l’11 novembre all’agenzia di stampa francese AFP si è dimostrato insolitamente ottimista sui futuri scenari della presidenza Trump sui temi ambientali: “Ha fatto molte dichiarazioni preoccupanti, ma sono sicuro che capirà l’importanza, la serietà e l’urgenza del problema”, ha detto, con parole che ricalcano il comunicato rilasciato poco dopo i risultati delle elezioni americane.
Un ottimismo giunto nel corso della conferenza internazionale sul cambiamento climatico che si sta tenendo proprio in questi giorni a Marrakech, in Marocco, con l’obiettivo di tradurre in atti concreti le direttive già definite a Parigi sul tema.
Su tali dichiarazioni, la Voce ha chiesto subito delucidazioni a Farhan Haq (qui in video dal minuto 6:45), Deputy Spokesman di Ban Ki-moon. Da dove viene l’ottimismo? Forse dalla breve telefonata che Ban Ki-moon ha recentemente avuto con Trump? Nel rispondere Haq è stato in parte evasivo, ma ha anche chiarito: “Come il Segretario Generale ribadirà domani a Marrakesh, se non si agisce ora [contro il cambiamento climatico ndr] le conseguenze dell’inazione o di ogni forma di ritardo nell’implementare le politiche di Parigi potrebbero complicare le vite di tutti per i secoli e anche i millenni a venire”.
In breve, pare di capire che di fronte a conseguenze così catastrofiche, Ban Ki-moon sia stato forse rassicurato sulle future mosse del magnate, il quale potrebbe per pragmatismo fare marcia indietro rispetto a quanto dichiarato in campagna elettorale.
Bisognerà attendere il discorso del Segretario Generale martedì in Marocco per avere maggiori conferme.
A credere nel pragmatismo del tycoon è anche il presidente Barack Obama. L’assordante silenzio sul tema sembrava avere travolto anche lui, eppure durante la prima conferenza stampa dalla vittoria di Trump e prima della sua partenza per l’Europa (vedi il video sotto), il presidente ha inserito a forza l’argomento (che nessuno dei giornalisti gli aveva chiesto), parlando dei vantaggi tecnologici ed economici delle energie rinnovabili promosse a livello internazionale dalla Conferenza di Parigi.
Rispondendo a una domanda sulle conseguenze di un eventuale futura uscita dall’accordo sul nucleare iraniano, Obama ha colto la palla al balzo citando Parigi, dicendosi sicuro che la nuova amministrazione porterà avanti gli impegni presi, come di solito avviene in questi casi, se non per idealismo, per una ragione di interesse economico.
Insomma sarà necessario che Trump rompa il silenzio, e che magari i giornalisti si decidano a incalzarlo sulla questione, per risolvere definitivamente il mistero. Con la speranza di essere contagiati dall’ottimismo di Obama e Ban Ki-moon.
Update
Ban Ki-moon a Marrakech conferma: “Dopo la discussione con Trump rimango ottimista”
“Come saprete, la scorsa settimana ho parlato al presidente eletto Trump su una serie di questioni, tra i quali la pace e la sicurezza e anche il tema del cambiamento climatico […] l’unità globale sul cambiamento climatico sembrava un tempo impensabile, ma oggi è diventata inarrestabile”.
Queste alcune delle affermazioni fatte martedì a Marrakech Ban Ki-moon, che ha confermato l’ottimismo già in parte palesato nei giorni scorsi sull’atteggiamento della nuova amministrazione americana sul cambiamento climatico.
Il Segretario Generale ha poi aggiunto che “la comunità imprenditoriale mondiale è ormai completamente dalla nostra parte per andare avanti nella diminuzione delle emissioni di carbone”, dicendosi sicuro che Trump comprenderà l’importanza del problema e “farà la cosa giusta”.
Insomma, con tali affermazioni Ban Ki-moon sembra essere certo che il lascito maggiore della sua eredità, riguardante proprio la lotta al climate change, non verra cancellato. E il motivo, molto pragmatico, è in fondo lo stesso fatto presente lunedì da Obama (non a caso citato da Ban Ki-moon): anche le forze del business sono convinte della necessità di fare qualcosa, e i loro interessi paiono sufficienti a far fare marcia indietro a Trump.