Uno dei numerosi fenomeni collegati al difficile periodo in cui ci troviamo è la creazione, tanto rapida quanto radicale, di una nuova classe di stereotipi. Ci riferiamo in particolare all’ormai diretta associazione tra le parole “arabo”, “musulmano” e, automaticamente, “malvagio” che si sta facendo sempre più strada nell’immaginario comune.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Per prima cosa, non vi è alcun legame di tipo necessario tra arabi e musulmani: mentre il primo aggettivo definisce infatti l’appartenenza etnica e linguistica di un individuo, il secondo ha una connotazione religiosa.
In secondo luogo, smentire l’unione tra “arabo/musulmano” e “sostenitore del terrorismo” risulta più difficile poiché essa tocca direttamente il cuore, l’essenza di un’intera etnia. Sempre più spesso capita di incorrere in persone che accusano l’islam o, peggio, il mondo arabo tout court per le stragi commesse a Parigi, in Siria, in Libano. Una componente troppo numerosa di persone rischia così di conformarsi e accettare l’inclusione snaturata di persone in un crimine che non hanno fatto nulla per alimentare.
Per ovviare a questa dilagante generalizzazione le comunità islamiche di tutta Europa non hanno tardato a farsi sentire dissociandosi pubblicamente da azioni che non possono riconoscere come proprie: in un comunicato stampa la Federazione delle organizzazioni Islamiche d’Europa (FIOE) ha infatti annunciato direttamente da Bruxelles: “Condanniamo gli attacchi terroristici accaduti la sera di venerdì 13 novembre 2015 nella capitale francese i quali hanno causato decine di vittime innocenti.”. Sulla stessa linea si sono poste le numerose sezioni locali delle comunità italiane.
La questione più controversa riguarda però il Testo Sacro della religione islamica poiché è difficile capire tra le decine e decine di possibili interpretazioni del Corano quali debbano essere considerate valide. È questo uno dei punti fondamentali sul quale si basano gli oppositori dell’islam e, forse, la principale causa del processo di generalizzazione ormai da tempo avviato in quanto il Corano è letto, citato e interpretato tanto dai terroristi quanto dai fedeli musulmani. Come può uno stesso testo giustificare due comportamenti così differenti? Lo abbiamo domandato a Elisa Giunchi, docente di Storia e istituzioni dei paesi islamici presso l’Università Statale di Milano.
Elisa Giunchi
In questa intervista la Prof.ssa Giunchi ci spiega che “quando nel VII secolo d.C. fu messa per iscritto quella che ancora oggi è considerata la versione canonica del Corano si decise di ordinare i capitoli in ordine decrescente per lunghezza. A causa di questo i passi che cronologicamente furono scritti per ultimi vennero invece inseriti per primi e si è così di fatto invertito l’ordine della Rivelazione.” Giunchi pone l’accento sull’importanza concreta del problema che emerge quando si considera che “i versi che noi oggi, aprendo il Corano, leggiamo all’inizio del testo furono invece composti in un periodo di guerra all’interno del proto-stato islamico e, quindi, hanno naturalmente un carattere maggiormente prescrittivo e violento proprio a causa del contesto storico nel quale vennero composti”. Mentre alcuni capitoli elaborati in precedenza invitano alla pace e alla coesistenza, lo scatenarsi dei conflitti all’interno della complessa storia islamica del VII secolo determinò un cambio di interessi e di prospettiva anche per quanto riguarda la stesura dei versetti.
La questione si complica ulteriormente quando, assumendo che il testo del Corano è per sua natura caratterizzato da questa sorta di “bipolarismo” interno, i giuristi classici decisero che tra le due letture dovesse prevalere quella cronologicamente più recente: quella, cioè, dal carattere più virulento. Nonostante questo, ad un’analisi più approfondita, quando nel Corano si afferma che è necessario “uccidere gli idolatri” – vale a dire i politeisti – esso si riferisce ai politeisti arabi che non volevano accettare la nuova religione. E si tratta peraltro di un versetto che non è quasi mai stato applicato. Per quanto riguarda le tradizioni monoteistiche, quelle cristiane e ebree, Giunchi afferma che “il Corano specifica che la battaglia ha un fine politico, l’accettazione della supremazia musulmana, non la conversione. La lettura che i jihadisti danno di questi passi appare quindi chiaramente distorta. Siamo di fronte a una reinvenzione dell’islam, dove i versetti più virulenti, relativi ai politeisti, vengono assunti come l’unica vera essenza del Corano e, estrapolati dal contesto, vengono applicati anche a cristiani e ebrei”.
Per quanto riguarda le cause di questa radicalizzazione, Giunchi è convinta che esse siano da ricercarsi anche (se non soprattutto) nei complessi e articolati processi politici che hanno toccato tanto il mondo musulmano quanto quello occidentale negli ultimi decenni. Curioso è anche il fatto che il Vecchio Testamento si presti alle interpretazioni violente tanto quanto il Corano. Interrogata a questo proposito Giunchi ci spiega che “la differenza fondamentale tra i due Libri Sacri è che mentre il primo viene considerato un testo volto a comunicare il messaggio divino esso resta pur sempre un documento scritto dall’uomo e, quindi, contestualizzabile in una situazione sociale e storica; mentre il Corano è invece da sempre letto e tramandato come ‘parola di Dio’ e ovviamente ciò lo rende molto più difficile da modificare”.
Nell’Islam, inoltre, non c’è un “Papa”, una figura che possa decidere cosa è vero e cosa non lo è e quindi nessuno può imporre quale sia la modalità di interpretazione corretta. In senso quasi protagoreo ciò che è vero per un musulmano rappresenterà la sua personale verità e nessuno potrà andare a contestarla (sempre rimanendo all’interno di determinati dogmi comuni a tutti i credenti). Questo è un altro dei tanti fattori utilizzati dagli estremisti per sostenere la correttezza della loro ideologia: sfruttare la libertà di interpretazione di un testo sacro per giustificare atti violenti e disumani.
Il legame tra arabo, islamico e terrorista è molto più complesso e articolato di quanto si possa leggere nei post razzisti e islamofobici che spopolano su tutti i social networks. Con questo non si vuole qui in alcun modo proporre una giustificazione per gli atti terroristici che si susseguono in modo sempre più preoccupante ma, al contrario, liberare coloro che non hanno colpa dall’accusa un crimine troppo grande per poter essere sopportato.
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