Al Palazzo di Vetro dell'ONU, il 2 ottobre, si è svolto il meeting di alto livello sulla Libia, presieduto dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, con la partecipazione di ministri e delegati di numerosi paesi, tra cui il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, il segretario di stato americano, John Kerry, il rappresentante del segretario generale dell'ONU per la Libia, Bernardino León Gross, nonché diversi leader del parlamento libico in esilio a Tobruk e del GNC di Tripoli, autoproclamatosi erede del congresso nazionale disciolto nel 2014.
Il meeting ha esposto l’avanzamento dei lavori per il raggiungimento dell'accordo tra le parti e la proclamazione di un governo di unità nazionale che guidi il paese verso la democrazia, terminando la sanguinosa guerra civile che da anni insanguina il Paese.
Una bozza dell’accordo è stata presentata, e nei prossimi giorni i leaders libici si incontreranno in Marocco per discutere gli ultimi punti e procedere con la nomina dei membri del governo. Questo ultimo passaggio delle nomine potrebbe essere ancora molto insidioso, come ha poi fatto capire ai giornalisti il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni.
Durante il suo discorso di apertura Ban Ki-moon ha affermato che “nessun accordo è perfetto, ma questo documento aiuterà la Libia nel superare il caos e nella creazione di una nazione stabile e democratica in un chiaro contesto di legalità”.
Riferendosi poi ai contrasti sorti tra il parlamento riconosciuto di Tobruk e il GNC di Tripoli il segretario generale ha ricordato che “tutte le parti che decideranno di restare al di fuori di questo accordo saranno responsabili per le conseguenze e le sofferenze che seguiranno”. Il segretario generale ha quindi chiesto alle parti in causa di lasciar perdere i contrasti su temi minori ed accordarsi rapidamente sulle questioni più importanti per il bene del popolo libico.
Il segretario di stato americano, John Kerry, ha ricordato che “non può esistere sicurezza senza unità” e che la Libia è un paese “piccolo ma pieno di risorse”, per cui sarebbe possibile garantire alti standard di vita a tutti, se solo si mettessero da parte le divergenze e le ambizioni dei singoli leader e di ciascuna milizia, e si operasse nell’interesse della Nazione, evitando che il vuoto di potere scaturito dalla guerra civile venga riempito dai terroristi dell’ ISIS.
Alla conferenza ha parlato anche il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni, che ha riaffermato l’urgenza di concludere i negoziati entro il 21 ottobre, termine del mandato del parlamento di Tobruk. Gentiloni, insieme ad altri ministri, ha ringraziato pubblicamente Bernardino León Gross, rappresentante del segretario generale dell'ONU per la Libia, artefice dell’incontro e mediatore durante i negoziati. Il ministro ha inoltre ricordato come la crisi libica sia alla base del traffico di esseri umani e del flusso di migranti che quotidianamente attraversano il Mediterraneo verso l’Italia.
Nella conferenza stampa, tenutasi alla rappresentanza italiana subito dopo il meeting, Gentiloni ha affermato che il grosso del lavoro è stato fatto e che “manca un pezzo di strada, ma sarà in salita” riferendosi alla necessità di scegliere i nomi per la creazione di un governo di unità nazionale, processo che risentirà delle forti divisioni tra i partiti coinvolti, poco propensi ad accordarsi e spesso spaccati al loro interno in diversi gruppi.
L`Italia, ha continuato, è “complessivamente soddisfatta” degli esiti del meeting di oggi, incontro che fino a poco tempo fa risultava talmente impossibile che, secondo il ministro, “se ne avessi parlato qualche mese fa mi avrebbero preso per un visionario”. Il ministro italiano ha concluso affermando che, se il governo libico di prossima formazione dovesse richiedere l’intervento delle Nazioni Unite, l’Italia sarebbe disponibile ad unirsi ad una eventuale missione di peacekeeping nell’area, per garantire la sicurezza della transizione democratica nel Paese.