"Sono ottimista sul futuro. Non potrei altrimenti, dato che non c'è scelta nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti. Devono migliorare". Così ha risposto Sergey Lavrov alla domanda de la VOCE ("E' più ottimista o pessimista dopo l'incontro Putin-Obama alle Nazioni Unite?) durante la partecipazione del ministro degli Esteri russo alla festa di lunedì sera della Global tv RT (Russian Television) che festeggiava dieci anni.
Vista all'ONU la tensione tra Barack Obama e Vladimir Putin, forse Papa Francesco avrebbe fatto meglio a far ritorno lunedì al Palazzo di Vetro per aiutare Ban Ki-moon, seduto tra il leader russo e quello americano nel pranzo più "ghiacciato" che si ricordi e che neanche un buon vino rosè italiano è riuscito a sciogliere.
Dopo aver ascoltato i loro discorsi all'Assemblea Generale, pensiamo che nemmeno Papa Francesco si sarebbe appassionato ma gli applausi, se proprio avesse dovuto concederli, li avrebbe avuti più per Putin che per Obama. Almeno, per quanto riguardo certe similitudini con quel recente messaggio di Francesco lanciato all'ONU in difesa della legge internazionale dettata dalla Carta. Ricordiamo cosa aveva detto il papa argentino: "Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. In questo contesto, è opportuno ricordare che la limitazione del potere è un’idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali."
Cerchiamo di spiegare ora perché questo concetto sia più vicino al discorso espresso da Putin che a quello di Obama.
In due discorsi pronunciati ad un'ora di distanza l'uno da l'altro, il presidente degli Stati Uniti e quello della Russia hanno fatto per un momento tornare i tempi della Guerra Fredda proprio nell'Assemblea generale in cui in questi giorni si festeggiano i suoi 70 anni. Più dicevano che non si doveva tornare al caos del mondo prima delle Nazioni Unite, e più le loro stilettate sulla Siria e anche sull'Ucraina facevano vibrare il Palazzo di una tensione che non si sentiva da anni.
Ma tra i due duellanti, almeno sulla forma legalistica, è stato il discorso di Putin a indicare meglio chi stia rompendo le "regole del gioco" internazionale stabilito dall'ONU. Obama risulta più capace nel "delivering the speech" del gelido Putin che poi deve essere pure tradotto. Ma nei contenuti del discorso, quello del Presidente della Russia risulta più convincente di quello del presidente degli Stati Uniti, almeno per quanto riguarda la preservazione dell'ordine internazionale stabilito 70 anni fa con le regole dettate dall'ONU.
Entrambi hanno iniziato con l'anniversario delle Nazioni Unite e su come sia importante che lo strapotere degli stati grandi sia limitato dalle regole sottoscritte nella Carta dell'ONU. Ma nelle affermazioni che mostrano non poca ipocrisia internazionale per entrambi, ecco che sulla violazione del diritto internazionale assicurato dall'ONU almeno il discorso del russo reggeva meglio che quello dell'americano.
Putin, fin dall'inizio ha difeso l'ordine internazionale nato a Yalta (subito ricordando come Yalta, in Crimea, fosse "nel nostro paese") quando ancora c'era la guerra contro il comune nemico Hitler. Le Nazioni Unite furono concepite dal sistema nato dopo i milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale. E questa ONU, con tutti i suoi difetti, ci ricorda Putin, ha salvato il mondo da crisi molto più grandi. Ed ecco che il leader russo ora difende anche quello che viene invece considerato il "difetto" dell'ONU, cioè le insormontabili differenze. "Vorrei mettere in risalto che ci sono sempre stati differenze dentro l'ONU in questi 70 anni. Il diritto di veto è sempre stato esercitato dagli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Cina, dall'Unione Sovietica come dalla Russia". Giustamente il presidente russo sottolinea che le Nazioni Unite non sono state fondate sul principio di "unanimità'". Per Putin quindi è normale che in una organizzazione così complessa ci si trovi spesso in disaccordo e che la vera missione dell'ONU è proprio quella di trovare un compromesso tra posizioni diverse. "La sua forza" ci dice Putin, "è quella di tenere in considerazione diversi punti di vista e opinioni". E dopo tante discussioni, una risoluzione "passa o non passa". E se poi uno stato prende una decisione oltrepassando questa procedura questa è illegittima, va contro la Carta fondatrice delle Nazioni Unite che appunto stabilisce la legge internazionale.
Putin non è solo realista, ma descrive esattamente come funzioni l'ONU all'interno delle regole della Carta. Infatti, come dirà poi in un altro passaggio del suo discorso, per le Nazioni Unite il governo siriano Assad è ancora l'unico legittimo per le Nazioni Unite (l'ambasciatore siriano che rappresenta la Siria all'ONU è Bashar Ja'afari, quello inviato dal regime di Damasco anni prima che la guerra iniziasse).
Quindi, sempre secondo la Carta, per intervenire in Siria legalmente, la coalizione anti ISIS ha solo due strade: o una risoluzione del Consiglio di Sicurezza (dove la Russia ha il potere di veto) o per richiesta dal governo siriano. Quando in questi giorni Putin decide "a sorpresa" di bombardare l'ISIS costruendo una coalizione con la Siria di Assad (+Iraq e Iran) è effettivamente legittimato dalla richiesta del governo siriano e quindi resta rispettoso della Carta, mentre gli Stati Uniti e la loro coalizione che da un anno bombardano la Siria cercando di colpire l'ISIS (o ISIL come lo chiama non a caso Washington) non potrebbero farlo secondo il diritto internazionale. A proposito, c'entra qualcosa chiamarlo ISIL invece che ISIS? Interessante Putin, quando nel suo discorso ha detto: "Nello stesso modo va interpretata anche la così chiamata legittimità della sovranità statale: Nessuno dovrebbe giocare con o manipolare le parole. Ogni termine nella legge internazionale e negli affari internazionali dovrebbe essere chiaro, trasparente, e avere criteri uniformemente comprensibili".
Il leader del Cremlino, nel ricordare ai paesi delle Nazioni Unite, che "siamo tutti diversi. E dovremmo rispettarlo questo", ci avverte anche che dovremmo ricordarci sempre cosa il passato ci ha insegnato. E, in un passaggio molto efficace del suo discorso, ricorda proprio gli errori dell'Unione Sovietica, con quegli "esperimenti sociali da esportazione", cioè come "il tentativo di forzare il cambiamento dentro ai paesi basati sulle preferenze ideologiche, ha spesso portato a conseguenze tragiche e alla degradazione invece che al progresso". E sembrerebbe, continua Putin, che "invece di imparare dagli errori degli altri, ognuno continui a ripeterli. E quindi ecco continuare l'esportazione delle rivoluzioni, questa volta le così chiamate 'democratiche'".
Equiparando il "Socialismo d'esportazione sovietico" alla "democrazia di esportazione americana," Putin ci dice che, nel caso del Medio Oriente e l'Africa, il risultato dell'errore ripetuto dagli americani sarebbe ancora più catastrofico: "Invece che portare le riforme, una aggressiva politica estera di interferenza ha portato ad una flagrante distruzione delle istituzioni nazionale delle stessa vita. Invece del trionfo della democrazia e del progresso, abbiamo avuto la violenza, la povertà e il disastro sociale. E a nessuno importa nulla dei diritti umani, incluso il diritto alla vita".
Ed ecco che il presidente russo arriva alla frase citata da tutti i giornali (ma senza aver spiegato come il leader del Cremlino ci sia arrivato): "Vi rendete conto adesso che cosa avete fatto?"
Putin non si aspetta che gli americani capiscano, dato che "le politiche basate sulla presunzione, nel credere di essere eccezionali e di godere dell'impunità, non sono mai state abbandonate".
Da qui in Medio Oriente e in Nord Africa, il vuoto di potere creato in alcuni paesi ha portato all'anarchia. E questa ha portato all'affermazione degli estremismi e terroristi. E quindi Putin ricorda come tra le decine di migliaia di combattenti nelle file dello Stato Islamico, ci sono i soldati iracheni "buttati per strada" dopo l'invasione americana del 2003, e anche libici il cui stato è crollato "come risultato di una grave violazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1973". E ora le fila dei radicali sono rafforzate dai cosiddetti "moderati" della opposizione siriana, appoggiati dai paesi occidentali che "prima li hanno armati e addestrati, e poi hanno disertato per lo Stato Islamico".
Nei passaggi successivi, Putin accusa chi ha prima tentato di strumentalizzare l'ISIS: "Non è certo nato dal nulla, ma era usato come strumento contro regimi laici non desiderati".
Così Putin il terribile diventerebbe di colpo il paladino del diritto internazionale? E i massacri di Assad in Siria prima con le armi chimiche e ora ancora con le "barrel bombs"? Senza la protezione della Russia, Assad non avrebbe potuto. Vero. Ma il fatto che la Russia abbia protetto e continui a proteggere il regime criminale di Damasco, purtroppo non la mette in difetto nei confronti della legge internazionale. Almeno quella attuale dell'ONU. Che infatti, lo ripetiamo, riconosce come legittimo rappresentante della Siria al Palazzo di Vetro ancora solo il Dr. Jaafari, l'inviato di Assad.
Ok, lasciamo perdere allora la Siria. Ma con l'Ucraina? La Russia non si è forse annessa "illegalmente" la Crimea?
Questo è l'argomento che ha cercato Obama infatti di ripetere nel suo discorso… Già, ma mentre l'Assemblea Generale ha votato un anno fa una risoluzione che condannava l'annessione della Russia dichiarandola "illegale", allo stesso tempo l'unica risoluzione che avrebbe potuto effettivamente imporre sulle mappe internazionali l'illegalità dell'annessione sarebbe potuta arrivare soltanto dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, dove ovviamente la Russia ha lo scudo del veto.
Purtroppo, quindi, per le regole formali dell'ONU, la Crimea, per sua "libera" scelta, è Russia. Quel referendum stravinto per l'annessione (perché sono in larga maggioranza i russi in Crimea) ha dato la possibilità a Mosca di mettere un cappello di legalità ad una operazione iniziata illegalmente. Ma un referendum fatto dopo una invasione? Nessuno ha potuto "provare" legalmente che ci fosse stata un' invasione russa. L'invasione dovrebbe comportare anche una resistenza, ma invece l'Ucraina non ha sparato un colpo e la maggioranza dei cittadini in Crimea ha fatto festa. Possiamo chiamarla invasione? Gli americani che invasero la Sicilia nel 1943 (sparando eccome, almeno all'inizio) furono chiamati "liberatori" (anche se con loro poi tornò anche la mafia). Così per la maggioranza del popolo di Crimea, Putin li ha "liberati" facendoli ritornare a casa della "Grande Madrea Russia".
Qui non si sta cercando di sostenere che la Russia di Putin non abbia le sue responsabilità sulla pericolosissima crisi in Ucraina (da condividire con quelle americane nei modi di come questa è arrivata). Ma di affermare che quando Papa Francesco ha detto che la legge è la limitazione della prepotenza dei potenti, nel tentativo di "limitarsi" ci sembra che la Russia abbia finora, almeno a livello formale, cercato di convivere col diritto internazionale dettato dalla Carta dell'ONU concepita con gli USA a Yalta, mentre gli Stati Uniti di Obama (come in precedenza quelli di Bush jr) se ne stanno infischiando della Carta. Come quando hanno bombardato la Siria – per attaccare l'ISIS – senza nessuna autorizzazione internazionale.
Se Papa Francesco fosse stato l'arbitro dei due discorsi all'Assemblea Generale di lunedì, pensiamo che il risultato finale sarebbe stato: Putin 1 – Obama 0.
Putin non era nella sala dell'Assemblea Generale quando Obama ha parlato. Obama ha ricambiato lo sgarbo. Poi al pranzo con Ban Ki-moon, seduti accanto, neanche un sorriso. E infine dopo un'ora e mezza di bilaterale, con Lavrov e Kerry a fare da balie, Obama non ha parlato con i giornalisti mentre Putin lo ha fatto, ma solo con quelli russi, per dire: "Abbiamo parlato con un atteggiamento per condurre business… Io rispetto Obama, ma gli americani devono capire che non possono scegliere loro chi governerà la Siria, ma i cittadini siriani".
Le due posizioni sul governo di Assad restano distanti. Obama nel suo discorso in Assemblea Generale aveva ripetuto che gli USA erano pronti a "lavorare con qualunque nazione, inclusa la Russia e l'Iran per risolvere il conflitto. Ma dobbiamo riconoscere che non ci può essere, dopo così tanto spargimento di sangue, dopo questa carneficina, un ritorno allo status quo di prima della guerra". Per Obama Assad deve andar via. Per Putin deve restare. E mentre la guerra continua, i siriani continuano a morire (Oltre 200 mila morti in 4 anni)
Martedì Obama ha presieduto la conferenza (dove ha partecipato anche Matteo Renzi) su come combattere meglio l'ISIS, una vertice dove spiccava l'assenza dei russi, e anche degli iraniani. Così tra i litiganti Obama e Putin, l'ISIS continua a godere.
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