Un discorso all'Assemblea Generale durato quasi 50 minuti, pronunciato in spagnolo, la lingua del papa argentino e anche lingua ufficiale Onu, e ascoltato in un'aula gremita di attenzione che non avevamo mai visto prima. E Papa Francesco, quarto pontefice a parlare alle Nazioni Unite ma primo a farlo per l'inaugurazione dei lavori dell'AG, nell'affrontare le numerose scottanti crisi internazionali, riesce a non isolarle in compartimenti stagni, legandole in un continuo susseguirsi di causa ed effetto.
C'erano capi di governo e di stato a vedere il papa, ma erano in pochi. Tutti gli altri arriveranno nel week end, in tempo per ascoltare Barack Obama e Vladimir Putin lunedì. Ma c'era Angela Merkel. E c'era la presidente del Brasile Dilma Roussef. E c'era il boliviano Evo Morales. E c'era Raul Castro, che aveva ospitato Bergoglio pochi giorni fa a Cuba. E c'era anche la presidente del Fondo Monetario Internazionale Christine La Garde. Per l'Italia, seduto accanto all'ambasciatore Sebastiano Cardi, il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti, come per sottolineare i temi al centro del discorso del Papa. (Il premier Matteo Renzi arriva sabato, parlerà all'assemblea mercoledi).
Come accaduto già per il discorso al Congresso, appena 24 ore prima, la logica dell'argomentazione nel discorso di Papa Francesco, "costringe" a seguirlo senza far "salti". Senza andare di qua e di là per poi tornare indietro, per cogliere quella frase ad effetto che ti aiuta col titolo. Lo storico discorso di questo papa, nel 70esimo anniversario delle Nazioni Unite, è anche un trattato sul futuro di questa istituzione che, nonostante le sue lentezze burocratiche e le zavorre inventate dalle grandi potenze, resta ancora il vero e unico braccio indispensabile dell'umanità per evitare l'estinzione della vita nella terra.
E questo ce lo conferma subito Francesco all'inizio del suo argomento:
"Senza pretendere di essere esaustivo, si può menzionare la codificazione e lo sviluppo del diritto internazionale, la costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario, la soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e di riconciliazione, e tante altre acquisizioni in tutti i settori della proiezione internazionale delle attività umane. Tutte queste realizzazioni sono luci che contrastano l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi. È certo che sono ancora molti i gravi problemi non risolti, ma è anche evidente che se fosse mancata tutta questa attività internazionale, l’umanità avrebbe potuto non sopravvivere all’uso incontrollato delle sue stesse potenzialità".
Grazie all'ONU quindi per esserci stata per 70 anni e per continuare ad esistere. Ma per il nuovo millennio, ci mette in guardia Francesco, l'istituzione del secolo scorso va aggiornata ai tempi, va riformata per essere finalmente più democratica. E con questa, vanno riformate anche altre organizzazioni internazionali che si occupano soprattutto di finanziare lo sviluppo, come l'FMI, che il papa non nomina ma è lì ben presente nel suo discorso che viene ascoltato dal vivo dalla sua direttrice La Garde.
"L’esperienza di questi 70 anni, al di là di tutto quanto è stato conseguito, dimostra che la riforma e l’adattamento ai tempi sono sempre necessari, progredendo verso l’obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni. Questa necessità di una maggiore equità, vale in special modo per gli organi con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza, gli Organismi finanziari e i gruppi o meccanismi specificamente creati per affrontare le crisi economiche. Questo aiuterà a limitare qualsiasi sorta di abuso o usura specialmente nei confronti dei Paesi in via di sviluppo."
Ecco che qui scattano i primi applausi dell'Assemblea. Dopotutto i paesi in via di sviluppo restano la grande maggioranza dentro il Palazzo di Vetro.
"Gli organismi finanziari internazionali devono vigilare in ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi e per evitare l’asfissiante sottomissione di tali Paesi a sistemi creditizi che, ben lungi dal promuovere il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di maggiore povertà, esclusione e dipendenza".
Perché per Francesco, il problema del mondo, è soprattutto nell'ingiustizia fondata nell'arroganza, che è il maggiore ostacolo all'obiettivo della fraternità universale. Il potere non limitato, il potere che non si piega alle leggi, è appunto arrogante. E' il maggior nemico del diritto, che invece sta alla base del fondamento delle Nazioni Unite. Francesco argomenta così la sua difesa del diritto internazionale:
"Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. In questo contesto, è opportuno ricordare che la limitazione del potere è un’idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali."
Arrivano di nuovo gli applausi, Francesco continua:
"La distribuzione di fatto del potere (politico, economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere. Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e – nello stesso tempo – ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo di donne e uomini esclusi. Due settori intimamente uniti tra loro, che le relazioni politiche ed economiche preponderanti hanno trasformato in parti fragili della realtà".
Iniziando un discorso sulle crisi internazionali che si acuiscono per il non rispetto del diritto internazionale, ecco che Francesco lega tutto non ad una questione di "relazioni internazionali" tra stati, ma a questione di diritti umani e diritto della Terra (ambiente), due diritti legati e calpestati.
"Per questo è necessario affermare con forza i loro diritti, consolidando la protezione dell’ambiente e ponendo termine all’esclusione".
Ed arrivano ancora applausi. Francesco aspetta, e poi riparte con affermazioni che possono sembrare "rivoluzionarie" ma sono invece impregnate dalla logica del diritto alla vita. In cui Bergoglio riesce a coniugare, quasi fondere, diritto terreno e diritto spirituale:
"Anzitutto occorre affermare che esiste un vero “diritto dell’ambiente” per una duplice ragione. In primo luogo perché come esseri umani facciamo parte dell’ambiente. Viviamo in comunione con esso, perché l’ambiente stesso comporta limiti etici che l’azione umana deve riconoscere e rispettare. L’uomo, anche quando è dotato di «capacità senza precedenti» che «mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico» (Enc. Laudato sì, 81), è al tempo stesso una porzione di tale ambiente. Possiede un corpo formato da elementi fisici, chimici e biologici, e può sopravvivere e svilupparsi solamente se l’ambiente ecologico gli è favorevole. Qualsiasi danno all’ambiente, pertanto, è un danno all’umanità. In secondo luogo, perché ciascuna creatura, specialmente gli esseri viventi, ha un valore in sé stessa, di esistenza, di vita, di bellezza e di interdipendenza con le altre creature. Noi cristiani, insieme alle altre religioni monoteiste, crediamo che l’universo proviene da una decisione d’amore del Creatore, che permette all’uomo di servirsi rispettosamente della creazione per il bene dei suoi simili e per la gloria del Creatore, senza però abusarne e tanto meno essendo autorizzato a distruggerla. Per tutte le credenze religiose l’ambiente è un bene fondamentale (cfr ibid., 81)".
Ora Francesco è pronto a installare il problema dei poveri, dei deboli, degli "esclusi", che nella prevaricazione del diritto all'ambiente, sono coloro che finiscono per pagarne le conseguenze immediate e peggiori:
"L'abuso e la distruzione dell’ambiente, allo stesso tempo, sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione. (…) L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all’ambiente. I più poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati per un triplice, grave motivo: sono scartati dalla società, sono nel medesimo tempo obbligati a vivere di scarti e devono ingiustamente soffrire le conseguenze dell’abuso dell’ambiente. Questi fenomeni costituiscono oggi la tanto diffusa e incoscientemente consolidata “cultura dello scarto”.
Bergoglio quindi spiega perché un papa deve "alzare la voce" in materia ambientalista, perché le prime vittime della mancata azione saranno proprio coloro che lui, capo di oltre un miliardo di cristiani, ha il dovere e la responsabilità di proteggere:
"La drammaticità di tutta questa situazione di esclusione e di inequità, con le sue chiare conseguenze, mi porta, insieme a tutto il popolo cristiano e a tanti altri, a prendere coscienza anche della mia grave responsabilità al riguardo, per cui alzo la mia voce, insieme a quella di tutti coloro che aspirano a soluzioni urgenti ed efficaci. L’adozione dell’ “Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” durante il Vertice mondiale che inizierà oggi stesso, è un importante segno di speranza. Confido anche che la Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico raggiunga accordi fondamentali ed effettivi".
L'esclusione economica di cui parla Francesco, che sta alla base della violenza sull'ambiente, non si limita a rendere più poveri i poveri. Ma moltiplica altri mali, che il papa vede ancora una volta come conseguenze del diritto calpestato. E non servono parole parole parole, ma misure e fatti concreti, da attuare subito:
"Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli".
Questo aiuto da far arrivare agli "esclusi", non deve essere imposto passivamente. Chi deve uscire dalla povertà deve poter godere dell'ambiente di diritto, ma deve essere "degno attore" del proprio destino. Aiutati che il nuovo diritto internazionale fondato sul diritto all'ambiente ti aiuta. E questo successo, per le famiglie che usciranno dalla povertà, sarà fondato sul diritto all'istruzione per i loro figli e, attenzione, garantito anche alle bambine. Ecco ora le parole del papa su un obiettivo del Millennio che reputa fondamentale, parole che vengono ascoltate con gioia dalla premio Nobel Malala Yousafzai che ascolta in Assemblea Generale (La VOCE ha poi avvicinato Malala che ci ha confermato di aver apprezzato molto il discorso di Papa Francesco, che reputa tra le personalità morali indispensabili per il futuro del mondo).
"Affinché questi uomini e donne concreti possano sottrarsi alla povertà estrema, bisogna consentire loro di essere degni attori del loro stesso destino. Lo sviluppo umano integrale e il pieno esercizio della dignità umana non possono essere imposti. Devono essere costruiti e realizzati da ciascuno, da ciascuna famiglia, in comunione con gli altri esseri umani e in una giusta relazione con tutti gli ambienti nei quali si sviluppa la socialità umana – amici, comunità, villaggi e comuni, scuole, imprese e sindacati, province, nazioni, ecc. Questo suppone ed esige il diritto all’istruzione – anche per le bambine (escluse in alcuni luoghi) – che si assicura in primo luogo rispettando e rafforzando il diritto primario della famiglia a educare e il diritto delle Chiese e delle aggregazioni sociali a sostenere e collaborare con le famiglie nell’educazione delle loro figlie e dei loro figli. L’educazione, così concepita, è la base per la realizzazione dell’Agenda 2030 e per il risanamento dell’ambiente".
E accanto il diritto all'istruzione, per mantenere con dignità una famiglia non possono mancare altri fondamentali diritti:
"Al tempo stesso, i governanti devono fare tutto il possibile affinché tutti possano disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignità e per formare e mantenere una famiglia, che è la cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale. Questo minimo assoluto, a livello materiale ha tre nomi: casa, lavoro e terra; e un nome a livello spirituale: libertà di spirito, che comprende la libertà religiosa, il diritto all’educazione e tutti gli altri diritti civili."
Per Papa Francesco, l'ambiente e ai nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio hanno bisogno di indicatori precisi per misurarne i progressi ed eventuali successi:
"Per tutte queste ragioni, la misura e l’indicatore più semplice e adeguato dell’adempimento della nuova Agenda per lo sviluppo sarà l’accesso effettivo, pratico e immediato, per tutti, ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione propria, lavoro dignitoso e debitamente remunerato, alimentazione adeguata e acqua potabile; libertà religiosa e, più in generale, libertà di spirito ed educazione. Nello stesso tempo, questi pilastri dello sviluppo umano integrale hanno un fondamento comune, che è il diritto alla vita, e, in senso ancora più ampio, quello che potremmo chiamare il diritto all’esistenza della stessa natura umana…."
A parlare è il capo della Chiesa Cattolica, e la coerenza del suo discorso continua quando il diritto naturale all'ambiente si lega alla "legge morale iscritta nella stessa natura umana": il diritto alla vita in tutte le sue fasi.
"Perciò, la difesa dell’ambiente e la lotta contro l’esclusione esigono il riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna (cfr Enc. Laudato sì, 155) e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni (cfr ibid., 123; 136).
Senza il riconoscimento di alcuni limiti etici naturali insormontabili e senza l’immediata attuazione di quei pilastri dello sviluppo umano integrale, l’ideale di «salvare le future generazioni dal flagello della guerra» (Carta delle Nazioni Unite, Preambolo) e di «promuovere il progresso sociale e un più elevato livello di vita all’interno di una più ampia libertà» (ibid.) corre il rischio di diventare un miraggio irraggiungibile o, peggio ancora, parole vuote che servono come scusa per qualsiasi abuso e corruzione, o per promuovere una colonizzazione ideologica mediante l’imposizione di modelli e stili di vita anomali estranei all’identità dei popoli e, in ultima analisi, irresponsabili".
Il rispetto del diritto quindi per evitare la guerra, che la negazione di tutte le altre leggi naturali, dice il papa. E lo strumento per evitare la guerra c'è già:
"Se si rispetta e si applica la Carta delle Nazioni Unite con trasparenza e sincerità, senza secondi fini, come un punto di riferimento obbligatorio di giustizia e non come uno strumento per mascherare intenzioni ambigue, si ottengono risultati di pace. Quando, al contrario, si confonde la norma con un semplice strumento da utilizzare quando risulta favorevole e da eludere quando non lo è, si apre un vero vaso di Pandora di forze incontrollabili, che danneggiano gravemente le popolazioni inermi, l’ambiente culturale, e anche l’ambiente biologico".
Ed ecco che dalla Carta Onu, dal suo preambolo, Francesco attacca la corsa agli armamenti, soprattutto quello nucleari di mutua distruzione:
"Il Preambolo e il primo articolo della Carta delle Nazioni Unite indicano le fondamenta della costruzione giuridica internazionale: la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni. Contrasta fortemente con queste affermazioni, e le nega nella pratica, la tendenza sempre presente alla proliferazione delle armi, specialmente quelle di distruzione di massa come possono essere quelle nucleari. Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori e costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni Unite, che diventerebbero “Nazioni unite dalla paura e dalla sfiducia”. Occorre impegnarsi per un mondo senza armi nucleari, applicando pienamente il Trattato di non proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti".
Papa Francesco vuol dire la sua sul "deal" con l'Iran, e non ha dubbia riguardo:
"Il recente accordo sulla questione nucleare in una regione sensibile dell’Asia e del Medio Oriente, è una prova delle possibilità della buona volontà politica e del diritto, coltivati con sincerità, pazienza e costanza. Formulo i miei voti perché questo accordo sia duraturo ed efficace e dia i frutti sperati con la collaborazione di tutte le parti coinvolte".
E quando invece la collaborazione fondata sul diritto internazionale non c'è, ecco arrivare il caos. E a farne le spese sono soprattutto le minoranze etniche e religiose, come i cristiani perseguitati in Medio Oriente e in Africa:
"In tal senso, non mancano gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale. Per questo, seppure desiderando di non avere la necessità di farlo, non posso non reiterare i miei ripetuti appelli in relazione alla dolorosa situazione di tutto il Medio Oriente, del Nord Africa e di altri Paesi africani, dove i cristiani, insieme ad altri gruppi culturali o etnici e anche con quella parte dei membri della religione maggioritaria che non vuole lasciarsi coinvolgere dall’odio e dalla pazzia, sono stati obbligati ad essere testimoni della distruzione dei loro luoghi di culto, del loro patrimonio culturale e religioso, delle loro case ed averi e sono stati posti nell’alternativa di fuggire o di pagare l’adesione al bene e alla pace con la loro stessa vita o con la schiavitù".
Basta con le infinite discussioni in nome degli interessi nazionali, le vittime delle guerre, che sono persone in carne e ossa, non possono aspettare. Qui Francesco elencale le crisi più gravi:
"Non solo nei casi di persecuzione religiosa o culturale, ma in ogni situazione di conflitto, come in Ucraina, in Siria, in Iraq, in Libia, nel Sud-Sudan e nella regione dei Grandi Laghi, prima degli interessi di parte, pur se legittimi, ci sono volti concreti. Nelle guerre e nei conflitti ci sono persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono. Esseri umani che diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare problemi, strategie e discussioni".
Ora, entrando nella parte finale del discorso, il papa introduce un altro tipo di guerra, che fa altrettante vittime: il narcotraffico.
"Un altro tipo di guerra che vivono molte delle nostre società con il fenomeno del narcotraffico. Una guerra “sopportata” e debolmente combattuta. Il narcotraffico per sua stessa natura si accompagna alla tratta delle persone, al riciclaggio di denaro, al traffico di armi, allo sfruttamento infantile e al altre forme di corruzione. Corruzione che è penetrata nei diversi livelli della vita sociale, politica, militare, artistica e religiosa, generando, in molti casi, una struttura parallela che mette in pericolo la credibilità delle nostre istituzioni".
Ed ecco che Francesco vuole che si comprenda che i grandi pericoli per la sopravvivenza dell'umanità non ricadranno sulle nuove tecnologie, anzi queste sono uno strumento necessario al progresso umano e delle quali Francesco ha fiducia. Il grande pericolo per l'uomo viene soltanto da se stesso, dalla corruzione della sua coscienza. Qui Francesco ritorna alle parole pronunciate da Paolo VI proprio 50 anni fa nella stessa sala dell'ONU:
"Ho iniziato questo intervento ricordando le visite dei miei predecessori. Ora vorrei, in modo particolare, che le mie parole fossero come una continuazione delle parole finali del discorso di Paolo VI, pronunciate quasi esattamente 50 anni or sono, ma di perenne valore. «È l’ora in cui si impone una sosta, un momento di raccoglimento, di ripensamento, quasi di preghiera: ripensare, cioè, alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune. Mai come oggi […] si è reso necessario l’appello alla coscienza morale dell’uomo [poiché] il pericolo non viene né dal progresso né dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l’umanità» (Discorso ai Rappresentanti degli Stati, 4 ottobre 1965). Tra le altre cose, senza dubbio, la genialità umana, ben applicata, aiuterà a risolvere le gravi sfide del degrado ecologico e dell’esclusione. Proseguo con le parole di Paolo VI: «Il pericolo vero sta nell’uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste!» (ibid.).
Fino a questo punto il discorso di Francesco sul futuro dell'umanità pronunciato per i 70 anni delle Nazioni Unite appare forse pessimista? C'è ancora speranza? Al Congresso degli Stati Uniti, abbiamo definito il discorso di Francesco ottimista, perché esortava all'America di ritrovare in se stessa, nelle sue "riserve culturali", che sono certamente anche cristiane, i valori per il futuro. Per quanto riguarda l'intera umanità, pensiamo che Francesco si sia mostrato certamente molto preoccupato delle dense nubi all'orizzonte. Ma non pessimista. Questo primo papa gesuita venuto dall'America non poteva esserlo e infatti non lo è. Perché anche l'umanità intera, secondo Francesco, ha una "riserva" dove poter attingere per trovare conforto e la strada maestra per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, necessario alla continuità della vita in terra. Questa "riserva" ha i "principi spirituali" pronti ad arrivare in soccorso. Qui Francesco attinge ancora una volta da un discorso di un altro papa, fatto mezzo secolo prima nella stessa sala:
"La casa comune di tutti gli uomini deve continuare a sorgere su una retta comprensione della fraternità universale e sul rispetto della sacralità di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri, degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati scartabili perché li si considera nient’altro che numeri di questa o quella statistica. La casa comune di tutti gli uomini deve edificarsi anche sulla comprensione di una certa sacralità della natura creata.
Tale comprensione e rispetto esigono un grado superiore di saggezza, che accetti la trascendenza – quella di sé stesso – rinunci alla costruzione di una élite onnipotente e comprenda che il senso pieno della vita individuale e collettiva si trova nel servizio disinteressato verso gli altri e nell’uso prudente e rispettoso della creazione, per il bene comune . Ripetendo le parole di Paolo VI, «l’edificio della moderna civiltà deve reggersi su principii spirituali, capaci non solo di sostenerlo, ma altresì di illuminarlo e di animarlo» (ibid.).
La conclusione con il futuro possibile e realizzabile solo se i rappresentanti degli stati sapranno utilizzare lo strumento delle Nazioni Unite per quello che dovrebbe essere l'obiettivo di tutti: il bene comune.
Non possiamo permetterci di rimandare “alcune agende” al futuro. Il futuro ci chiede decisioni critiche e globali di fronte ai conflitti mondiali che aumentano il numero degli esclusi e dei bisognosi.
La lodevole costruzione giuridica internazionale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e di tutte le sue realizzazioni, migliorabile come qualunque altra opera umana e, al tempo stesso, necessaria, può essere pegno di un futuro sicuro e felice per le generazioni future. Lo sarà se i rappresentanti degli Stati sapranno mettere da parte interessi settoriali e ideologie e cercare sinceramente il servizio del bene comune. Chiedo a Dio Onnipotente che sia così, e vi assicuro il mio appoggio, la mia preghiera e l’appoggio e le preghiere di tutti i fedeli della Chiesa Cattolica, affinché questa Istituzione, tutti i suoi Stati membri e ciascuno dei suoi funzionari, renda sempre un servizio efficace all’umanità, un servizio rispettoso della diversità e che sappia potenziare, per il bene comune, il meglio di ciascun popolo e di ciascun cittadino. Che Dio vi benedica tutti!"
Un discorso del capo della Chiesa Cattolica alle Nazioni Unite per le Nazioni Unite per il loro 70esimo compleanno, con il quale Francesco indica all'umanità una strada sostenibile per lo sviluppo di tutti nella felicità di ognuno.