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September 3, 2015
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All’ONU sui migranti parole parole parole… Per la verità si aspetta Francesco

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Una foto sconvolgente sul dramma che accade da anni nel Mediterraneo: un poliziotto turco davanti al corpo di un bimbo annegato dopo che una barca di profughi è affondata nei pressi dell'isola greca di Kos (Foto AFP/Getty Images)

Una foto sconvolgente sul dramma che accade da anni nel Mediterraneo: un poliziotto turco davanti al corpo di un bimbo annegato dopo che una barca di profughi è affondata nei pressi dell'isola greca di Kos (Foto AFP/Getty Images)

Time: 6 mins read

Parole parole parole, parole soltanto parole… Ricordate? Cantava così la bravissima Mina al focoso Alberto Lupo. Sulla questione della cosiddetta "crisi" in Europa dei migranti, e soprattutto quando se ne parla dentro il Palazzo di Vetro dell'ONU, verrebbe proprio voglia di cantare la canzone ai "lupi" della diplomazia mondiale. 

In questi giorni, sul podio dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ad alternarsi erano i presidenti dei Parlamenti delle "democrazie" nel mondo e, siccome l'Italia di camere parlamentari ne ha due, ecco che le parole parole parole in quel caso raddoppiano.

Per carità, noi de La VOCE portiamo rispetto alle istituzioni quando parlano,  abbiamo pure pubblicato il discorso, pronunciato in italiano dal Presidente del Senato Pietro Grasso –  bravo a non avventurarsi in una lingua sconosciuta e quell'italiano magari destava attenzione in un'Assemblea Generale mentre gli auricolari gracchiavano la traduzione -. Ma le parole delle figure istituzionali non dovrebbero essere ascoltate soltanto come parole… Sono sì parole, ma dovrebbero essere, come dire, parole che pesano più delle parole degli altri. Perché se uno dice in piazza ad un amico "ma che vergogna l'Europa, bisogna fare di più per salvare i migranti", queste restano parole, di sdegno certo, ma appunto parole durante una discussione tra amici e di cui più che quella dimostrazione di protesta non si aspetta alcunché.  Ma se le stesse parole le pronuncia un presidente di Parlamento di una grande democrazia all'interno del Palazzo dove ci stanno rappresentati tutti i paesi del mondo, ecco che queste non dovrebbero restare parole parole parole, soltanto parole… 

Grasso Boldrini

Pietro Grasso e Laura Boldrini all’Assemblea Generale dell’ONU (Foto di Luiz Rampelotto – EuropaNewsWire)

E invece… 

Ora, i discorsi di Pietro Grasso e Laura Boldrini erano anche pieni di buone intenzioni, ma in un momento come questo a cosa servono? Perché non rischiare di più, soprattuto nei toni? Coraggioso, a nostro parere, parte del discorso della Presidente della Camera, sulla libertà di espressione e informazione su Internet da proteggere sempre, che poteva anche non sembrare legato alla tragedia emigrazione che la Presidente della Camera aveva affrontato. Ma se si pensa che i migranti che intraprendono il loro viaggio sono motivati proprio dalle informazioni che leggono su internet… Ora, avremmo potuto anche ascoltarli questi discorsi da giornalisti "disciplinati",  limitandoci poi a sottolineare quel passaggio, elogiarne quell'altro… Ma questa volta non ci riusciamo proprio. In testa, invece, rimbomba la canzone parole parole parole…

Basta con soltanto parole quando si parla di migranti, profughi, rifugiati che fuggono dall'inferno di guerre e da regimi e bande di tagliatori di teste (armate da chi, poi?), come sta accadendo ora in Siria, Iraq, Yemen, ma come accade da molto più tempo in Somalia, Sudan, Eritrea…

Perché, tra questi presidenti dei Parlamenti, nessuno ha il coraggio di dire dentro e fuori al Palazzo di Vetro, la verità? E già, la verità fa male…

La verità è che i paesi europei e non soltanto questi, avrebbero potuto stabilire e organizzare, già anni fa, quando questo fenomeno migratorio appariva inevitabile, quei canali per meglio controllare il flusso e renderlo meno pericoloso. Come? Rilasciando per esempio molti più visti di rifugiati, profughi, ma anche di semplici migranti. Certo, mantenendo un tetto sui numeri, ma con cifre che avrebbero potuto assorbire la grande quantità di coloro che, invece, si vedono costretti a consegnarsi ai trafficanti e pagarli (sono cifre ONU) dai tremila ai cinquemila dollari a testa per un viaggio dove rischiano di morire di sete e violenze nel deserto, o annegare nel Mediterraneo. Basterebbe che l'Italia, la Spagna, la Grecia, la Francia, la Germania avessero agito in tempo sulla loro politica dei visti d'asilo, rafforzando per lo scopo le loro sedi consolari più vicine a questi esodi per, almeno da quello che dice l'ONU, rispettare con questi "filtri" i diritti umani di ogni profugo. Così il migrante avrebbe potuto pure pagarsi il biglietto di aereo verso l'Europa (Vedere la nostra domanda e la risposta del Portavoce del Segretario dell'ONU qui dal minuto 26:44 ). E invece…. 

Allora, quale verità dietro l'ipocrisia delle parole parole parole? La verità è che in Italia, come in Francia, Spagna e tanti altri paesi UE, i politici non trovano utile nel loro inseguimento del consenso, di stabilire una politica vera sull'limmigrazione, ma gli fa molto comodo continuare a presentarla come "perenne emergenza".  La verità è anche che una certa Europa questi profughi non li vuole perché nel suo ventre persiste ancora un profondo razzismo. Attenzione, che non è da confondere con la xenofobia, fenomeno diverso, certamente brutto ma ben diverso, come spiega anche nel suo articolo su La VOCE Francesco Ersparmer. Quello dell'Europa è invece vero e proprio razzismo, un rigurgito che riemerge al solo pensiero di ricevere ogni anno alcune centinaia di migliaia di migranti e profughi dall'Africa…

Una prova di ciò che affermiamo? In questi giorni circolano nella rete le terribili immagini di corpi di bambini siriani, trovati sulle spiagge, annegati durante la traversata. Sono immagini terribili, e stanno finalmente scuotendo l'opinione pubblica europea che adesso chiede ai suoi leader di cambiar politica…. Ma davvero? Per anni, a finire in fondo al Canale di Sicilia, quanti sono stati i bambini somali o eritrei? Tranne gli abitanti dell'isola siciliana, dove lo sdegno eccome se c'è stato, dove era finita la stessa indignazione emersa poi in questa fine estate del 2015? Forse perché la pelle di quei bambini siriani ha un colore simile a quella dei bambini europei, solo un po' più abbronzata?

Vergogniamoci tutti. Non solo i soliti grandi media, manipolatori di consenso per politiche dettate dall'alto, ma anche tutti noi, che scorrazziamo su internet nei nostri social e che ora indignati protestiamo per certe foto, ma prima non portavamo così attenzione verso un dramma che avviene da oltre dieci anni, solo che allora le vittime avevano la pelle più scura.

papa Lampedusa

Luglio 2013: Papa Francesco a Lampedusa lancia una corona di fiori in memoria degli emigranti annegati durante la traversata

Circa quattro anni fa organizzammo all'ONU la presentazione di un bel libro, scritto da Tommaso Della Longa e Laura Bastianetto, sull'inferno al largo di Lampedusa. I giornalisti internazionali che parteciparono all'evento, ci confessarono di non saperne nulla. Seppur invitati, di diplomatici e rappresentanti UE quel giorno in sala non ne vidi. 

Poi finalmente arrivò un pontefice argentino, che una delle prime cose che fece dopo essere diventato papa, fu quella di depositare fiori nelle acque di Lampedusa. 

Proprio da papa Francesco, quindi, speriamo di ascoltare i toni forti e giusti. Il papa tra poco più di venti giorni arriva a New York e al Palazzo di Vetro terrà un atteso discorso. Al Presidente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per il mese di settembre, l'ambasciatore russo Vitaly Churkin, ieri abbiamo chiesto dell'arrivo del papa e se, al contrario di come pensava Stalin (celebre la frase del dittatore sovietico: quante divisioni ha il papa?), oggi questo papa possa scuotere la comunità internazionale e aiutare l'ONU in certi suoi obiettivi (domanda e risposta la trovate qui dal minuto 27:16). Speriamo che le parole di Francesco, dal podio dell'Assemblea Generale dell'ONU, non ci facciano più pensare alla canzone di Mina. Vogliamo immaginare che nel pronunciarle quelle parole, Francesco punti anche il dito verso certi leader di stati "latitanti", europei e non. E che Francesco dica la verità, finalmente nel posto giusto.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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