Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha trascorso tra giovedì e venerdì due giornate intense al Palazzo di Vetro dell'ONU. Due gli appuntamenti ufficiali e pubblici: la partecipazione alla riunione del Consiglio di Sicurezza dedicata alla protezione dei bambini nelle zone di guerra e anche l'incontro con la comunità italiana di New York al Consolato generale in cui ha cercato di infondere fiducia sulla ripresa economica italiana. Ma la parte più delicata di questa visita a New York per Gentiloni si teneva a porte chiuse, ed erano i numerosi incontri bilaterali e multilaterali che il ministro degli Esteri italiano ha avuto con diversi ambasciatori rappresentanti di quei paesi che, in un modo o in un altro, potranno influenzare le decisioni delle Nazioni Unite sulle soluzioni ancora tutte da trovare per la crisi in Libia.
Come i lettori de la VOCE ricordano, l'Italia un mese e mezzo fa aveva provato a spingere la comunità internazionale per una soluzione nel Mediterraneo mostrando i muscoli. In un op-ed uscito a firma del primo ministro Matteo Renzi sul New York Times, pubblicato proprio il giorno prima di un suo incontro con Ban Ki-moon che sarebbe proseguito su una nave della marina militare italiana nel Canale di Sicilia, il governo italiano indicava per la prima volta che una soluzione per fermare il traffico dei migranti sarebbe arrivata con "la distruzione dei barconi" usati dai trafficanti per il trasporto. Nello spazio di pochi giorni, anche dopo una ennesima visita della responsabile esteri della UE Federica Mogherini al Palazzo di Vetro, che tentava invano di convincere il Consiglio di Sicurezza dell'urgenza di far approvare una risoluzione dove venisse legittimato questo uso della forza militare contro i mezzi dei trafficanti, l'Italia aveva compreso che fosse meglio lasciare perdere i proclami sui giornali, e bisognava invece ancora rimboccarsi le maniche della diplomazia nel cercare una intesa chiudendosi nelle stanze con le delegazioni dei paesi che avrebbero potuto aiutare. Questo il principale motivo della visita di Gentiloni di questa settimana a New York.
Nella sua delegazione, oltre all'ambasciatrice Elisabetta Belloni, che con Gentiloni ha il primato di essere la prima capo di gabinetto donna alla Farnesina, c'erano altri "pezzi da novanta", come il segretario generale del Ministero degli Esteri, l'ambasciatore Michele Valensise e il direttore generale per gli affari politici, l'ambasciatore Luca Giansanti. Questo spiegamento di forze della Farnesina a New York perché non ci sarebbe stata solo la Libia al centro dei colloqui, ma anche la corsa per la candidatura italiana a membro non permanente del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2016-18. Quando all'ambasciatore Sebastiano Cardi, che guida la missione italiana al Palazzo di Vetro, subito dopo la conferenza stampa con Gentiloni, abbiamo chiesto come stesse andando sul fronte candidatura al Consiglio di sicurezza, soprattuto dopo gli incontri con il gruppo dei paesi arabi, (non c'è stato il tempo di chiedere al ministro perché dopo qualche domanda sulla Libia, aveva chiuso la conferenza stampa non lasciando lo spazio per altre domande), Cardi non ci ha risposto, ma ha fatto un grande sorriso. Insomma, abbiamo avuto la sensazione che almeno su questo fronte le cose si mettano bene per la diplomazia italiana.

Paolo Gentiloni con l’ambasciatore russo Vitaly Churkin
Ma torniamo agli incontri di Gentiloni sulla crisi libica. Alla conferenza stampa il ministro ha detto che avrebbe incontrato alla fine praticamente tutti gli ambasciatori dei paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza: la mattina, prima della conferenza stampa, aveva già visto quello cinese Liu Jieyi e quello russo Vitaly Churkin; nel pomeriggio, dopo la conferenza stampa quindi, l'americana Samantha Power, il francese François Delattre e quello britannico Matthew Rycroft, più anche l'ambasciatore spagnolo Román Oyarzun. Ai giornalisti Gentiloni ha poi riassunto le sensazioni che ha avuto in questa maratona diplomatica di 48 ore (ma noi giornalisti ci ha incontrato quando ancora doveva vedere altri ambasciatori del Consiglio di sicurezza e anche prima della cena con Ban Ki-moon invitato nelle residenza dell'ambasciatore Cardi).
"Il punto essenziale del lavoro che stiamo facendo converge su due argomenti tra loro collegati: crisi libica e immigrazione" ha subito esordito Gentiloni. "L'impressione che io ho ricavato da questi incontri che il tema dell'immigrazione è un tema globale di proporzioni enormi. Il numero di rifugiati a livello globale, secondo le Nazioni Unite, è di 60 milioni, ci sono quindi alcuni paesi che si confrontano con dei flussi migratori di proporzioni non comparabile a quelle di cui noi ci occupiamo. Questo era ovvio e lo sapevamo. Dall'altra parte però mi ha colpito il livello di informazione e consapevolezza e di sensibilità che c'è sull'emergenza mediterranea, e l'enorme apprezzamento che riceve il lavoro fatto dall'Italia, che viene considerato innanzitutto sul profilo umanitario. Un lavoro che ha portato difronte ad una emergenza a salvare l'anno scorso, oltre centomila vite umane".

Gentiloni a colloquio con gli ambasciatori occidentali del Consiglio di Sicurezza: in mezzo si distingue l’ambasciatrice americana Samantha Power
Poi Gentiloni ha fatto capire ai giornalisti, che tra i suoi interlocutori dell'ONU c'era preoccupazione per le divisioni all'interno della UE. "C'è l'auspicio da parte delle diverse espressioni delle Nazioni Unite di un impegno condiviso sul fronte immigrazione da parte dei diversi paesi europei".
Sul tema della crisi libica, e sui suoi rapporti con l'immigrazione, in particolare sulle iniziative contro i trafficanti e gli organizzatori del traffico irregolare di migranti, Gentiloni ha avuto giovedì un incontro con un gruppo di 24 ambasciatori di paesi arabi e a parte un incontro bilaterale con l'ambasciatore egiziano. Poi la mattina di venerdì ha visto l'ambasciatore russo Churkin e l'ambasciatore cinese. Venerdì pomeriggio gli altre tre membri permanenti, Usa, Francia, e GB, e poi anche gli altri due paesi europei non prementi, Spagna e Lituania. "Il senso di questi incontri" ha detto Gentiloni, "è sollecitare tutti nei prossimi giorni nel cercare di dare uno sbocco positivo al lavoro dei negoziati tra le parti libiche, che hanno avuto come avrete saputo una parte importante la scorsa settimana. Con incontri in Marocco confluiti poi con un incontro a Berlino tra 5 membri permanenti del CdS più Italia Germania, Spagna, ONU e UE. In quell'incontro si è registrato una confluenza per spingere le parti libiche a condividere gli sforzi dell'inviato speciale in Libia del Segretario Generale dell'ONU, Bernardino Leon, e in particolare il quarto draft che lui aveva presentato. Il lavoro che stiamo facendo qui in queste ore" ha continuato Gentiloni, "è un lavoro di condivisione e ulteriore spinta verso le parti libiche perché i prossimi giorni saranno molto importanti. In particolare domenica dovrebbe riunirsi la Camera dei rappresentanti di Tobruk per esprimere il suo giudizio sull'ultima proposta di Leon sul quale c'era stato un consenso, seppure condizionato, delle altre parti. L'auspicio che l'Italia formula è stato condiviso da molti nel corso dei primi incontri della mattina" ha detto Gentiloni, che poi si è dichiarato sicuro che "sarà condiviso anche dai membri europei e occidentali e che anche la camera dei rappresentanti di Tobruk accetti questa proposta base. Poi si può sempre lavorare sui dettagli e gli allegati, per correggere in questa o quella direzione, ma certamente non si può più ricominciare d'accapo".

Gentiloni con accanto l’ambasciatore Sebastiano Cardi
Il ministro italiano con gli ambasciatori del CdS ha parlato anche della missione navale europea, la Eunavfor Med, che dovrebbe essere definitivamente varata lunedì: "Da un lato questa spinta, dall'altro la condivisione con particolari membri del Consiglio di sicurezza sul senso dell'iniziativa europea che verrà formalmente approvata lunedì nel vertice dei ministri degli Esteri UE a Lussemburgo, che è una missione di difesa europea, che si chiama Eunavfor Med, e che prevede tre diverse fasi. La decisione che verra presa lunedì, è di assumere il lancio di questa missione di difesa e di vararne la prima fase. Che consiste in una intervento coordinato di unità navali tedesche, britanniche e italiane al momento limitato alla raccolta di informazioni circa il traffico illegale di emigranti clandestini. Le unità navali sono coordinate dall'Ammiraglio Enrico Credendino con base a Roma. Le altre due fasi, e qui è molto importante il lavoro che si sta facendo ora a New York, sono collegate al Consiglio di sicurezza, il cui drafting della risoluzione è affidato agli inglesi, ed è molto avanzato. Da questo punto di vista devo dire che ho registrato da parte sia dell'ambasciatore russo Vitaly Churkin che dall'ambasciatore cinese Liu Jieyi, un atteggiamento estremamente costruttivo".
Le navi europee avranno licenza di intervento in Libia? "Il passaggio importante dei prossimi giorni, dopo il varo della missione che avverrà lunedì nella riunione in Lussemburgo, sarà da parte nostra, ma da parte in particolare dell'UE e del Regno Unito, quello di chiedere alle autorità libiche, in particolare alle autorità di Tobruk, una presa di posizione che richieda forme limitate di intervento anche nelle acque territoriali libiche e in alcune limitate posizioni della costa libica" ha detto Gentiloni, che ha proseguito: "Su questi aspetti il lavoro poi di drafting della risoluzione dovrà andare avanti perché certamente da parte dei rappresentanti permanenti, sia russo che cinese, è molto importante che nel suo linguaggio e nei suoi dettagli la risoluzione autorizzi gli interventi contro il traffico illegale di migranti ma che non abbia la funzione indiretta poi di autorizzare missioni militari e interventi militari, cioè presenze militari permanenti nel territorio libico".
Tutto questo lavoro, dice Gentiloni, si farà dopo il varo della missione dell'Unione europea. "I contatti ci sono già stati con le autorità libiche, è evidente l'incrocio tra questa dinamica e la dinamica negoziale. La mia impressione conclusiva è che ci sia grande consapevolezza dell'importanza del tema anche se in proporzioni non paragonabili con quelle che ci sono in altre aree, ma consapevolezza di quanto le migrazioni nel mediterraneo abbiano un rilievo globale. Grande apprezzamento quindi per il lavoro che ha fatto e sta facendo l'Italia e una disponibilità molto positiva da parte dei componenti del Consiglio di sicurezza sulla base delle decisioni che prenderà l'UE e delle richieste che verranno dalle autorità libiche per arrivare ad una risoluzione che può essere suon strumento importante per combattere i criminali nel loro traffico di migranti clandestini".

Gentiloni con il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon
Quando è arrivato il momento delle domande, subito è stato fatto notare a Gentiloni che potrebbe essere vano sperare che il governo di Tobruk accetti il documento di Leon sull'accordo di pace, quando ci sarebbero stati segnali disincentivanti, come quello che sarebbero già pronte importanti forniture di armi e mezzi per aiutare il governo di Tobruk a riprendere il controllo di Tripoli e della Libia. Nel video potete ascoltare la risposta di Gentiloni, che si riassume comunque nella parte finale così: "Non esistono le condizioni per una soluzione militare della crisi libica".
Noi della VOCE, abbiamo chiesto (nel video sopra, dal minuto 2:45) proprio dell'incontro avuto con l'ambasciatore russo Churkin. Henry Kissinger, ricordato da Gentiloni proprio il giorno prima al Consolato italiano di New York per aver appena dato durante una cerimonia a Berlino un premio a Giorgio Napolitano, usava nella sua strategia diplomatica con Mosca, la tattica del "linkage": mettere sul tavolo delle trattative altri scenari geopolitici dove gli scambi del dare e ricevere avrebbero potuto portare ad una soluzione di entrambe le crisi. E allora, per quanto riguarda la situazione in Libia, quale "linkage" la Russia avrebbe cercato con l'Italia per poter lasciare una risoluzione passare dal Consiglio di Sicurezza? Forse qualche concessione sul fronte della crisi in Ucraina, che da molti osservatori qui all'ONU viene considerata la più pericolosa di tutte quelle scottanti in questo momento nel mondo? Insomma nei colloqui con l'ambasciatore Churkin, è stata utilizzata o no la diplomazia kissingeriana del "linkage"?
Gentiloni alla domanda de La VOCE di New York ha risposto così: "No, con l'ambasciatore Churkin abbiamo parlato solo di Libia, di migrazioni, di Siria, di terrorismo e di alcuni aspetti tra loro connessi. Ma il punto da parte del governo italiano è sempre stato, sia nei colloqui che ho avuto col ministro Lavrov, sia quelli recenti che ha avuto il presidente Renzi con il presidente Putin, quello di tenere in parallelo una posizione di fermezza e condivisione delle scelte europee e dei nostri alleati sull'Ucraina e dall'altro però di continua a sottolineare la necessità di coinvolgere la Russia nel dialogo, sia per evitare l'escalation della crisi al confine orientale della Unione Europea e questo coinvolgimento si chiama Minsk (cioè l'accordo firmato tra Kiev e Mosca e l'Ue proprio nella capitale della Bielorussia), e sia per coinvolgere la Russia in altri teatri. Uno di questi teatri che in particolare per noi italiani è di particolare importanza, è quello della crisi libica. Da parte nostra non c'è uno scambio ma la conferma della posizione politica che manteniamo da un anno. Da quando è nata la crisi ucraina noi non ci siamo sottratti a condividere le scelte con i nostri alleati ma non abbiamo mai taciuto la necessità che accanto alla fermezza ci fosse un continuo tentativo di ingaggio della Russia di dialogo anche in altre aree e altri teatri. E siamo contenti che questa posizione sia più condivisa adesso di quanto lo fosse sette o otto mesi fa nella comunità atlantica".
Questa la nostra interpretazione della risposta di Gentiloni: il "linkage" c'è, eccome ma c'è sempre stato tra Italia e Russia, e se l'ambasciatore Churkin era così ben disposto ciò avveniva proprio per gli incontri precedenti di Gentiloni e Renzi con Lavrov e Putin, che avevano funzionato allo scopo. La differenza è che prima di questo "linkage" italo-russo gli alleati si lamentavano, adesso non più. Avrebbero capito che funziona…
Infatti, nel proseguo della conferenza stampa dedicata alla crisi in Libia, ad un altra domanda di un collega sempre sulla Russia, in questo caso sulle sanzioni e il danno che stanno recando all'Economia italiana, Gentiloni ha risposto: "Le imprese italiane non hanno alcuna intenzione di andarsene dalla Russia, che considerano un mercato promettente, né il nostro governo cambierà posizione: che da un lato è di fermezza sull’Ucraina, in linea con gli alleati occidentali, e dall’altro cerca di coinvolgere Mosca in un dialogo costruttivo in vari teatri di conflitto, dalla Siria alla Libia, oltre che nei negoziati nucleari con l’Iran”. Andando in Russia, Gentiloni ha detto di non aver avuto l’impressione che gli imprenditori italiani volessero “staccare la spina”. E poi il ministro degli Esteri italiano ha osservato: “Il meccanismo delle sanzioni produce delle difficoltà: ecco anche perché ci siamo opposti a una escalation commerciale o alla fornitura di armi all’Ucraina. Ma non potevamo disinteressarci di una crisi così grave alla frontiera orientale dell’Unione europea, che ha prodotto una risposta unanime dei membri dell’Unione, a dispetto delle differenze politiche che ci sono, ad esempio, tra la Lituania e la Grecia di Tsipras. Ma se è giusto fare pressioni sulla Russia perché rispetti pienamente gli accordi di Minsk sull’Ucraina, l’Italia rifiuta il ritorno alle logiche da guerra fredda”.
Quindi, qualsiasi soluzione per la crisi libica, assolutamente e drammaticamente urgente per gli interessi di Roma, dovrà essere vistata a Mosca.