Milioni di bambine e ragazze ogni anno sono colpite dalla piaga delle mutilazioni genitali femminili: la pratica avviene soprattutto nei Paesi africani, ma ne esistono tracce in Medio Oriente e in Asia. E con i flussi migratori anche l'Occidente, Italia inclusa, ha dovuto fare i conti con l'infibulazione.
Secondo i dati dell'Unicef, in 29 Paesi dell'Africa e del Medio Oriente, 125 milioni di bambine, ragazze e donne hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale. Si tratta di cifre impressionanti, tanto che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 2012 ha approvato all'unanimità una risoluzione per chiederne l'abolizione. In prima linea nella lotta contro le Mgf c'è anche l'Italia, che nell'ambito della 58ᵃ Commissione sullo stato delle donne ha organizzato un evento ad hoc al Palazzo di Vetro insieme a Burkina Faso, Somalia, UNFPA, UNICEF e UNESCO.
"Dobbiamo puntare sui giovani: attraverso la loro istruzione possiamo cambiare il modo di pensare", ha detto l'ambasciatore italiano Sebastiano Cardi, rappresentante permanente alle Nazioni Unite, dando il via ai lavori. Inoltre, è fondamentale la sinergia tra governi, organizzazioni internazionali, esperti ed attivisti. Questi due aspetti secondo l'ambasciatore rappresentano la chiave del successo per raggiungere il traguardo dell'eliminazione della pratica. "Posso dire con orgoglio che l'Italia sta facendo la sua parte, sia a livello nazionale che a livello internazionale, con iniziative bilaterali e multilaterali", ha aggiunto Cardi.

Il sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali, Teresa Bellanova
All'evento, che ha riscosso un grande successo al quartier generale dell'ONU, ha preso parte anche il sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali Teresa Bellanova, la quale ha tenuto a sottolineare l'importanza dell'adozione della risoluzione da parte dell'Assemblea Generale: "si è trattato di un lungo e tortuoso percorso – ha ricordato – partito dal coraggio di alcune donne senegalesi che sedici anni fa gridarono con forza alla loro gente la volontà di abbandonare questa pratica, per rispetto di sé stesse ma soprattutto per le loro figlie, le loro sorelle e le loro nipoti. Tanto è bastato perché, con il tempo, sempre più voci provenienti da ogni parte del mondo si siano unite per dire basta a questo abuso irreparabile e irreversibile". L'onorevole ha poi voluto precisare che spesso le mutilazioni genitali femminili sono interpretate come una convenzione sociale, una pratica tradizionale che rappresenta una tappa 'naturale', finora considerata inevitabile nello sviluppo delle giovani donne.
Dal 2008, data di nascita del programma congiunto di UNFPA e UNICEF sulle mutilazioni genitali femminili, circa diecimila comunità in 15 Stati, per un totale di quasi otto milioni di persone, hanno posto fine a questo fenomeno. Un risultato frutto di un lavoro eccezionale che secondo Bellanova non deve essere interrotto, ma al contrario potenziato, soprattutto attraverso adeguati finanziamenti. "È mia ferma convinzione che le generazioni future saranno toccate da questa violenza in misura sempre minore se sapremo costruire un mondo in cui le donne possano godere di pari opportunità nell'accesso all'istruzione, al lavoro e alle cariche decisionali – ha concluso – Ora dobbiamo trasformare questa convinzione in realtà con politiche nazionali ed internazionali in grado di eliminare alla radice la pratica". Come ha sottolineato il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, è necessario "cercare di preservare il meglio in ogni cultura e mettere da parte il male. Non c'è alcuna ragione per mutilare le donne e le ragazze". Mentre il direttore generale dell'UNESCO, Irina Bukova, ha ribadito che "nessuna tradizione culturale può offrire il pretesto per violare i diritti umani".