Gli ultimi giorni della sua vita, l’ex segretario siciliano del Pci Pio La Torre aveva molti occhi puntati addosso. Una micidiale convergenza di interessi aveva decretato la sua fine. La Torre aveva prospettato una soluzione politica al problema secolare della mafia. Aveva intuito che non si poteva più combattere Cosa nostra con gli arresti e le retate. Non bastava. Bisognava aggredire i patrimoni dei boss, bloccare i capitali, togliere l’acqua nella quale nuotavano i mafiosi.
Ma il segretario del Pci non esauriva il suo impegno sul fronte antimafia. Era il 1982, il muro di Berlino era ancora in piedi ed i blocchi contrapposti Usa-Urss continuavano ad occuparsi dei destini del mondo. Su entrambi i fronti si accumulavano i missili nucleari e in Europa gli strateghi della Nato avevano individuato un paesino siciliano come base per ospitare i nuovissimi Cruise, a testata multipla, in grado di colpire molto al di là della cortina di ferro. Nel giro di pochi mesi si creò un fronte trasversale contro l’installazione dei missili, composto da pacifisti, radicali, ecologisti, movimenti di sinistra, cattolici. La Torre ne fu l’anima e questo come era prevedibile attirò su di lui diverse attenzioni.
Durante i tanti processi che si sono succeduti sull’agguato nel quale morì il 30 aprile 1982 assieme all’autista Rosario Di Salvo sono emerse le tracce di una prolungata attività di «osservazione» da parte dei servizi. A lungo l'esponente comunista era stato considerato informatore del Kgb, amico dei cinesi, soggetto «pericoloso». Poi le note informative ne avevano «declassato» il ruolo. A quel tempo La Torre aveva colto segnali di una ripresa della guerra fredda dalla creazione in Sicilia di strutture segrete come Gladio. Giovanni Falcone che a lungo si è occupato delle indagini cercò di allargare l'inchiesta ma si scontrò, scrisse nel suo diario, con l'ostilità del procuratore del tempo Pietro Giammanco.
Adesso la pista dell’impegno, per così dire, «extramafioso» di Pio La Torre, è tornata d’attualità e nel trentunesimo anniversario dell’omicidio dodici politici e intellettuali hanno inviato un appello al neo presidente del senato Piero Grasso. Chiedono la riapertura delle indagini sull’omicidio, con l’acquisizione di tutto il materiale raccolto dai servizi americani sul delitto. I 12 firmatari (Luigi Colajanni, Angela Bottari, Angelo Capodicasa, Claudio Fava, Tonino Russo, Valeria Ajovalasit, Mario Azzolini, Nino Caleca, Dario Carnevale, Salvatore Costantino, Francesca Messana ed Elio Sanfilippo) si rivolgono direttamente al presidente Obama per ottenere informazioni, probabilmente decisive per ricostruire in modo finalmente organico e completo, un omicidio complesso, con moventi diversi e «paralleli».
Gli esecutori materiali ed i mandanti mafiosi sono stati tutti individuati, grazie anche al pentimento di uno dei sicari: Salvatore Cucuzza. Ma i processi agli esponenti di Cosa nostra non hanno scritto tutta la verità sull'uccisione di La Torre che nel 1976 aveva firmato la relazione di minoranza della commissione antimafia, nella quale muoveva un durissimo atto d'accusa contro la Dc di Salvo Lima e Vito Ciancimino. Poi aveva elaborato norme che avrebbero introdotto il nuovo reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni. Infine la campagna contro l'installazione dei missili a Comiso.
«In questa battaglia La Torre spese – si legge nel testo della lettera-appello inviata a Grasso -, senza risparmio, tutto se stesso, arricchendo il suo impegno antimafia di uno specifico connotato di internazionalità che lo ha reso unico ed assolutamente particolare: la lotta contro Cosa nostra di La Torre si intersecava con i destini del mondo assumendo così una dimensione di geopolitica ormai decisamente conoscibile a più di trent’anni dalla sua morte».
Da qui la richiesta di coinvolgere ufficialmente il governo americano. «Lo scenario geo-politico – continua l’appello al presidente del Senato -, ove deve iscriversi l’assassinio di La Torre necessita di atti istruttori straordinari a cominciare da un’esplicita richiesta al presidente degli Stati Uniti affinchè metta a disposizione delle autorità italiane tutto quello che i servizi segreti americani abbiano potuto apprendere sull’attività degli ultimi giorni di La Torre e del perchè della sua uccisione…È incredibile che scorci di verità non possano, adesso, venire da chi in quegli anni aveva il compito di vigilare sulla difesa di interessi nazionali dell’Italia o di quei paesi più direttamente interessati a cominciare dagli Stati Uniti».