Non solo la famosa Torre pendente progettata nel 1173 dall’architetto Diotisalvi (ma secondo Giorgio Vasari i lavori li inizia Bonanno Pisano). A Pisa si parlava anche di una giraffa. Una leggenda? Per qualcuno addirittura una sorta di scherzo beffardo per creduloni. Due ricercatori, Gianni Bedini e Simone Farina, hanno dimostrato che la storia di questa giraffa pisana è vera.
Sono partiti da un disegno del 1849, una sorta di mappa della città tracciata dall’alto: autore un artista del tempo, il francese Alfred Guesdon, noto per le litografie aeree realizzate in molte città europee, a bordo di mongolfiere, e pubblicate sulla rivista “L’Illustration, Journal Universel de Paris”.
In un punto preciso della mappa, quello dove ha sede l’Orto Botanico, compaiono una giraffa, una mucca e un vitello. Curioso terzetto. Che ci fa una giraffa a Pisa? Bedini e Farina hanno voluto approfondire la cosa. Animale esotico e certamente inconsueto per quel tempo, è citata in pochissimi documenti. Mettendo insieme i rari indizi disseminati, i due ricercatori scoprono che quella giraffa è oggetto del desiderio del Granduca di Toscana Leopoldo II: arriva da Alessandria d’Egitto sbarca a Livorno nel 1847, e finalmente arriva a Pisa.
Sistemata in un recinto dell’Orto Botanico, ne assume la cura e la custodia il direttore del Museo di Storia Naturale Paolo Savi. In una lettera Savi la descrive “maschio di carattere allegro”. Due anni, in compagnia della mucca e del vitello immortalati da Guesdon; poi – è il 1849 – la giraffa viene trasferita dall’Orto Botanico alla frazione di San Rossore, dove il Granduca ha provveduto a far costruire una stalla su misura per proteggerla dal freddo invernale.
Tuttavia l’animale si ammala: contrae un’infiammazione alla bocca e nel 1853 muore. La pelle e lo scheletro vengono regalati al Museo di Storia Naturale di Firenze; gli organi a quello dell’università di Pisa. Lì è ancora conservato il cuore della bestia.