Sui marciapiedi di Kitaj-gorod, storico quartiere mercantile nel centro di Mosca, si è accumulato del nevischio. Le temperature sono ben al di sotto dello zero – e a dicembre, nella capitale russa, non potrebbe essere altrimenti.
L’atmosfera si fa invece decisamente più calda e ovattata quando si varca la soglia del Gostinyj Dvor, elegante palazzo tardo-settecentesco commissionato da Caterina II al suo architetto di fiducia, il bergamasco Giacomo Quarenghi, e completato nel primo Ottocento dal russo-napoletano Giuseppe/Osip Bove.
All’interno di quello che oggi è un imponente centro congressi a due passi da Piazza Rossa e Cremlino si è riunito giovedì il gotha del giornalismo russo più qualche corrispondente estero. Molti di loro sono arrivati con cartelli assai creativi con su inciso il proprio nome o quello della testata di appartenenza. La speranza è quella di catturare l’attenzione di Vladimir Putin, così da potergli fare una domanda nel corso della sua consueta conferenza stampa-fiume di fine anno.
L’edizione 2024 della cosiddetta “Linea diretta” con il presidente russo è durata oltre 4 ore e 31 minuti. In buona parte un vero e proprio one-man show dello stesso Putin – fatta eccezione per gli episodici interventi dei moderatori (Dmitry Kulko, corrispondente militare di Pervij Kanal, e Aleksandra Suvorova, volto del canale statale VGTRK) e per le domande dei giornalisti.
Secondo il Cremlino, dal Web ne sarebbero arrivate più di due milioni, poi suddivise da un software di intelligenza artificiale in vari macro-argomenti: costo della vita, sanità, guerra in Ucraina, relazioni con l’Occidente, ed alleanza con BRICS e Cina tra i filoni di maggior tendenza.
La prima è arrivata proprio da Suvorova: “Come fa la Russia a resistere in un mondo impazzito?”. Serafica e sorniona la replica: “Sapete, quando tutto va bene ci annoiamo, quindi ci vuole un po’ di movimento”.
Lo stato di salute dell’economia russa
Il focus preponderante è stato sui problemi interni, a partire dallo stato di salute dell’economia di guerra russa, che nonostante una crescita nominale del PIL al 4% (“primo Paese in Europa e quarto al mondo“) registra un’inflazione stimata dal leader russo al 9,3% su base annua.
Un “segnale allarmante”, che secondo Putin però è parzialmente compensato dalla contemporanea salita di salari e reddito reale. E guai a dare tutta le colpe alla guerra: “Naturalmente influiscono anche le sanzioni occidentali ma non sono di importanza fondamentale“, ha ammesso Putin. “Pesano soprattutto dinamiche interne”.
“L’aspetto spiacevole è l’aumento dei prezzi. Ma se gli indicatori macroeconomici rimangono invariati, credo che saremo in grado di sistemare la situazione”, ha aggiunto.
Venerdì intanto la banca centrale guidata dalla governatrice Elvira Nabiullina potrebbe aumentare i tassi di interesse al 23% per contenere il carovita, portando così il benchmark rate al livello più alto dal 2002.
La “operazione speciale” in Ucraina
“La politica è l’arte del compromesso“. Nel suo discorso Putin affronta come previsto anche il capitolo ucraino. Lo fa parafrasando Liszt – ma pure ammettendo che tre anni di “operazione speciale” lo hanno segnato nel profondo. “Ho iniziato a scherzare di meno e ho quasi smesso di ridere”.
Putin ha spiegato che nella primavera del 2022 Mosca e Kyiv erano quasi arrivate a un compromesso durante i colloqui a Istanbul, saltati a suo dire a causa di Boris Johnson. L’ex premier britannico, che il leader russo chiama “un uomo dalla pettinatura interessante“ avrebbe convinto Kyiv a “combattere fino all’ultimo soldato”. “Ebbene, presto non ci saranno più uomini disposti a combattere“.
Putin ha precisato che che la base di una tregua dovrebbe rifarsi proprio al testo del 2022 e che il Cremlino non pone alcuna precondizione per avviare negoziati con l’Ucraina, a patto però che i rivali accettino le realtà territoriali attuali. “Non vogliamo una tregua bensì una pace duratura“, ha aggiunto Putin, che afferma di aver proposto senza successo almeno tre volte di sospendere i combattimenti per un paio di giorni ma sempre incontrando la netta resistenza di Zelensky.
Per fermare il conflitto, la Russia chiede il ritiro completo delle truppe ucraine dal Donbass (Donetsk e Luhansk) in aggiunta all’impegno di Kyiv a non entrare nella NATO. Giuridicamente, Putin ha peraltro argomentato che i poteri di Zelensky “sono scaduti” in mancanza di valide elezioni presidenziali (il voto, previsto lo scorso marzo, è stato rinviato per effetto della legge marziale in vigore nel Paese), sottolineando quindi che il leader ucraino verrà considerato un interlocutore legittimo solo dopo aver incassato un mandato popolare.
Regna l’ottimismo sul futuro: “Siamo vicini a raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissati all’inizio dell’operazione militare speciale”, le parole (a braccio) di Putin, che ha poi elogiato le sue truppe per aver “eroicamente” iniziato a cacciare gli ucraini dalla regione di Kursk, ammettendo però al contempo di non poter prevedere con esattezza quando verrà completata la riconquista.
Le domande su Trump (e Biden)
Rispondendo a una domanda su come giudicasse la disponibilità di Trump a un possibile accordo di pace, Putin si è detto pronto a incontrare il futuro inquilino repubblicano della Casa Bianca “in qualsiasi momento se anche lui lo desidera“.
“Non so quando vedrò Trump, non gli parlo da più di quattro anni. Ma sono pronto in qualsiasi momento. E avremo molto di cui parlare”.
Un altro reporter gli ha invece chiesto di commentare la grazia piena e incondizionata concessa da Joe Biden al figlio Hunter, condannato per possesso illegale di arma da fuoco e frode fiscale, nonostante il presidente dem avesse promesso di non farlo. Anche qui la risposta è stata (forse inaspettatamente) cordiale: “Ha agito più da uomo che da politico”.
La rivoluzione in Siria
“Non ho ancora incontrato il presidente Assad dopo il suo arrivo a Mosca. Ma ho intenzione di farlo”, ha affermato Putin dopo la domanda di un giornalista statunitense sulla Siria, a quasi due settimane dalla caduta del regime alleato ad opera dei ribelli sostenuti dalla Turchia.
Il Cremlino ha concesso ad Assad asilo politico nelle stesse ore in cui la milizia islamista Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) conquistava Damasco. L’inquilino del Cremlino ha sottolineato che Mosca è pronta a stabilire relazioni ufficiali con il nuovo esecutivo, che negli scorsi giorni ha già incassato qualche timida apertura diplomatica da parte di Unione Europea, Stati Uniti e ONU.
Tra una domanda di politica internazionale e un’altra di macroeconomia c’è stato però ampio spazio anche per qualche quesito più leggero od intimo.
“Con chi berrebbe il tè, presidente?”, gli ha chiesto qualcuno dalla platea. “Tra quelli che sono vivi, vorrei vedere più spesso i miei cari. Di quelli che se ne sono andati – con Helmut Kohl, Jacques Chirac e Silvio Berlusconi“. Il Cavaliere è stato ricordato dall’amico russo come “una persona molto calorosa e intelligente che ha fatto molto per lo sviluppo delle relazioni russo-italiane”. Con una chiosa che richiama al presente: “Nonostante tutto, sentiamo che gli italiani continuano a provare una certa simpatia per la Russia, e noi facciamo altrettanto nei confronti dell’Italia.“