Zelensky è ebreo, Zelensky elogia i nazisti del battaglione Azov. Quindi Zelensky è un ebreo nazista. Davvero? Il falso sillogismo che ci insegnavano a scuola è quello che, ai danni del presidente ucraino, ha costruito lo zar Putin.
Hitler era ebreo, ha dichiarato il possente ministro degli Esteri russo alla tv italiana Rete 4. Come? Hitler ebreo?! Ma è una solenne sciocchezza, lo sanno anche i bambini. No, è vero, l’ha detto lo stesso Lavrov che aveva dato lezioni di diplomazia al suo omologo italiano, il giovane Di Maio.
Insomma, siamo tornati ai Protocolli dei Savi di Sion, uno dei più clamorosi casi di avvelenamento dell’opinione pubblica mondiale. Un falso totale. Creato e diffuso nel 1903 dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, sotto forma di documento segreto, voleva essere la prova di una cospirazione ebrea e massonica per dominare il mondo. I Protocolli furono usati dalla propaganda nazista per giustificare lo sterminio degli ebrei e divennero lettura obbligatoria nelle scuole del III Reich.

Dopo 119 anni, ci risiamo. Più la panzana è grossa, più fa colpo sugli ignoranti.
Ciò che colpisce, in questa nostra Italia veterocomunista sempre pronta a rispolverare il suo antiamericanismo, è l’assenza di protesta contro questa marea antisemita proveniente dal Cremlino. Sempre pronti a bollare (e giustamente) come negazionisti e antisemiti quelli che da destra si ergono a maestri di storia e di vita, i benpensanti gauchisti niente stanno dicendo su questa schifosa grancassa russa.
Eppure qualcuno dovrà ricordare che alcuni dei peggiori pogrom (la parola è russa e vuol dire devastazione) della storia moderna si verificarono proprio in Russia dal 1821 al 1921. Qualcuno dovrà ricordarsi che proprio la memoria dei pogrom spinse decine di migliaia di ebrei sovietici a lasciare l’URSS già dagli anni Settanta per Israele. Niente. Tutto cancellato.
Certi pregiudizi sono incistati nei popoli da secoli di storia. E puntualmente riemergono appena qualche tiranno (o qualche cretino) ne ha bisogno per incitare all’odio o alla guerra.
Abbiamo ripreso in mano gli articoli di Vasilij Grossman, il più grande corrispondente di guerra di sempre. Grossman era così bravo che i dirigenti del PCUS lo mandarono al fronte perché scrivesse per La Stella Rossa, il giornale dell’Armata Rossa. Memorabili le sue cronache da Stalingrado, le sue pagine sui cecchini dentro la fabbrica di silicato o sui cannoni del Volga. Cronache che servirono al regime stalinista per costruire il mito della ‘vittoria patriottica’ sul nazismo, la stessa che celebrerà Putin lunedì prossimo sulla Piazza Rossa. E che gli servirà per convicere il popolo russo a ‘versare il sangue’ per un’altra grande vittoria, quella sui ‘nazisti’ dell’Ucraina.

Eppure. Eppure Grossman era ebreo, ebreo ucraino, e il suo cognome lo tradì quando scoprì l’orrore di Treblinka. Le sue interviste ai sopravvissuti sono tra le più terribili e commoventi pagine sulla Shoah.
Eppure. Eppure malgrado Grossman si trovasse sul posto, sarà il suo rivale Simonov a essere incaricato di riferire sui massacri nazisti per ‘Krasnaja zvezda‘.
“Nel suo articolo, il favorito del regime Simonov evitò qualsiasi enfasi sull’origine ebraica delle vittime” scrivono nel 2005 Antony Beevor e Luba Vinogradova, curatori de Uno scrittore in guerra. E aggiungono: “La fede di Grossman nella ‘spietata verità della guerra’ fu crudelmente beffata dalle autorità sovietiche e, innanzitutto, dal loro tentativo di sopprimere qualsiasi riferimento alla Shoah… L’antisemitismo del regime emergerà chiaramente solo nel 1948, assumendo un carattere decisamente virulento nel 1952”.
Vita e destino, il capolavoro scritto da Grossman quando ormai era caduto in disgrazia, vedrà la luce solo perché molti anni più tardi una copia sfuggì agli agenti del Kgb. Ma tutto questo oggi è coperto dalla polvere della storia.