Ha vinto, il presidente francese uscente Emmanuel Macron (è il primo turno, la definitiva vittoria tra un paio di settimane). Il presidente francese uscente, comunque ha perso. Si dirà: se comunque Macron riuscirà a varcare per la seconda volta la soglia dell’Eliseo, la si metta pure come si vuole, lui ha vinto. In un’ottima cinica, alla Nicolò Machiavelli, sì. Ma lo stesso Machiavelli metterebbe in guardia dalle facili letture macchiavelliche (con due “C”, nel senso di macchietta; e in questo caso nulla da ridere).

Si può, si deve cominciare dal principio. Infondata, la sorpresa di molti osservatori e analisti per il risultato di questa prima tornata elettorale. Ne emerge piuttosto una conferma, sia pure per certi versi aggravata: quella di una Francia smarrita, confusa, irritata, irritabile, piena di sé e vuota, gondia e pesante, seduta e “vecchia”. In buona compagnia, ben più di metà Europa è in queste condizioni. Ma mal comune, guaio peggiore.
Il mandato presidenziale di Macron comincia il 14 maggio 2017. Quella sera un po’ tutti siamo rimasti abbagliati dalla sua “marcia” trionfale al suono della “Marsigliese” e l’”Inno alla gioia”. Affievolite le note, la realtà: sia al primo che al secondo turno, registra un alto numero di astensioni. Al primo numero non solo Marine Le Pen e il suo Fronte Nazionale di destra estrema raccolgono il consenso di una quantità di francesi; anche il candidato di una sinistra non meno demagogica e infantile, quella capeggiata da Jean-Luc Mélenchon si “piazza” in modo più che ragguardevole; al secondo turno, Macron prevale, ma sempre tanti i voti confluiscono su Le Pen; alta la percentuale degli astenuti: Macron e Le Pen, andate al diavolo entrambi, non siete differenti.
Tra chi vota Macron, non lo fa “per” lui; piuttosto perché non vuole Le Pen. Sceglie il male minore; che sempre male considera, sia pure di intensità meno letale. La maggioranza dei francesi, insomma, non era per nulla convinta di Macron.
Oggi la situazione si ripete: alta soglia di astensione, superiore al 2017; ancora consenso a Mélenchon, e soprattutto a Le Pen. In questi cinque anni Macron non ha saputo (o potuto) sanare la situazione che già era vistosamente emersa cinque anni fa; questa è la realtà, e c’è poco di che essere allegri: Macron ha praticamente raschiato il suo fondo; i partiti centristi si sono schiantati (spariti di fatto socialisti e gollisti); al secondo turno chissà a chi riuscirà a “rubare” i voti. Si vedrà.

In questo la Francia ha molto in comune con l’Italia: lo “smarrimento” dell’elettore italiano non è di oggi. Una classe politica che non sa essere classe politica, non è cosa di oggi o di ieri. Una quantità di campanelli d’allarme sono suonati, a quanto pare invano: è un qualcosa di più che anomalo che si sia riconfermato Sergio Mattarella presidente della Repubblica perché non si è saputo esprimere un altro candidato; e che a palazzo Chigi ci sia l’ennesimo presidente del Consiglio estratto quale coniglio dal cappello, e non proveniente direttamente da un lineare percorso politico; è più che anomalo che si debba tirare un sospiro di sollievo perché capo dello Stato e capo del Governo sono, oggi, Mattarella e Mario Draghi. Se si guarda con inquietudine il fatto che raccolgano consenso Le Pen e Mélenchon, non si dovrebbe dimenticare un istante che in Italia hanno trionfato i loro equivalenti: la coppia Giorgia Meloni e Matteo Salvini da una parte; il movimento di Beppe Grillo dall’altra. Ha ragione il segretario del Partito Democratico Enrico Letta più che allarmato: un insediamento di Le Pen all’Eliseo, comporterebbe “un terremoto senza precedenti in Europa… una cosa che sfascia l’Europa e avrebbe un impatto anche su di noi”.

Sarebbe un secondo, gravissimo, disastro: perché ancora sanguina la ferita costituita dalla Brexit. Oltreoceano, ci sono gli Stati Uniti che ancora non si sono ripresi dai gravi vulnus inferti da uno dei peggiori presidenti che si siano insediati alla Casa Bianca: c’è un’America che si rispecchia ancora in Donald Trump, e la cosa mette i brividi: l’assalto a Capitol Hill è un oltraggio che non va dimenticato e che mai si sarebbe creduto. Germania, Italia e Spagna non avrebbero certo la forza, da soli di andare avanti. Per non parlare dell’effetto domino; anche in Italia a breve ci saranno elezioni amministrative, e al massimo entro un anno elezioni politiche.
In questo contesto (“arricchito” dalla crisi e dalle conseguenze del Covid, che ancora si fanno sentire; e della guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina, che pesa, e ancor più peserà sulle spalle di tutti), c’è poco di che stappare bottiglie di champagne per festeggiare. Macron vince le elezioni. Ma la partita è ancora tutta da giocare e conquistare: e non riguarda il solo Macron, la sola Francia, neppure la sola Europa…
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