Un’altra notte di bombardamenti e per questa mattina alle 10, le 8 ora italiana, nuova tregua annunciata dai russi per consentire ai civili di lasciare le città.
Ieri nuova escalation di sanzioni e risposta russa. Il presidente Usa, Joe Biden, ha vietato l’importazione di petrolio e gas dalla Russia. Putin ha risposto con un divieto di import-export. Il Cremlino ha infatti avvertito che sta lavorando a una “rapida” risposta alle sanzioni occidentali che colpirà le aree più sensibili.
Ma la situazione economica russa potrebbe essere già allarmante. Secondo Standard & Poor’s Mosca potrebbe registrare un -6,2% del PIL per il 2022 per effetto delle sanzioni. In apertura delle contrattazioni a Mosca, dopo giorni di chiusura, il rublo perde più del 7% sul dollaro rispetto alla chiusura di venerdì scorso: per un dollaro occorrono 113,88 rubli. Nei confronti dell’euro il rublo ha aperto a 120,5 ma poi ha toccato un minimo storico a 127,4.
Secondo l’intelligence Usa, inoltre, la Russia starebbe incontrando gravi difficoltà militari in Ucraina, con problemi logistici ma anche nel morale delle truppe, e avrà difficoltà a controllare il territorio e a installare un regime filo-russo, considerata la persistente resistenza ucraina.
Il presidente Zelens’kyj ha aperto uno spiraglio che oggi potrebbe allargarsi per quanto riguarda Donbass, Crimea e Nato: “Possiamo discuterne e raggiungere un consenso su come questi territori continueranno a vivere”: lo ha affermato in un’intervista alla ABC News, rispondendo a una domanda sulle richieste avanzate dal presidente russo Vladimir Putin riguardo alla riconoscimento della Crimea in Russia e dell’indipendenza delle due repubbliche del Donbass.
“Per me è importante sapere come la gente che vuole essere parte dell’Ucraina vivrà in questi territori. La questione è più complicata del semplice riconoscerle”, ha sottolineato, ribadendo che “questo è un ultimatum e noi non siamo pronti per gli ultimatum”.
Intanto il numero di ucraini in fuga dal Paese ha già raggiunto2,2 milioni. Lo ha detto l’alto commissario ONU per i rifugiati, Filippo Grandi, durante una visita a Stoccolma.
Pechino accusa la NATO
La Cina intanto ha incolpato la NATO e gli Stati Uniti di avere spinto il conflitto tra Russia e Ucraina fino al punto di rottura, e di volere reprimere, oltre a Mosca, anche Pechino per mantenere l’egemonia. Lo ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian.
“Sono state le azioni della Nato, guidata dagli Stati Uniti, che hanno gradualmente spinto fino al punto di rottura il conflitto tra Russia e Ucraina”, ha scandito il portavoce. “Ignorando le proprie responsabilità, “ha proseguito, “gli Stati Uniti accusano, invece, la Cina della propria presa di posizione sulla questione ucraina, e cercano margini di manovra per il tentativo di sopprimere contemporaneamente Cina e Russia, e mantenere la loro egemonia”. (Agi)