Matteo Salvini, il leader della Lega, non è un kingmaker capace di creare consenso tra differenti schieramenti politici per trovare il prossimo presidente della Repubblica.
Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato, non può essere presidente della Repubblica perché non ha i voti. Neanche quelli dello schieramento politico cui appartiene.
Salvini e la Casellati, insieme spensieratamente, sono affondati con la quinta chiama delle elezioni presidenziali. E aver voluto forzare la mano con quel voto ha aperto crepe importanti dentro l’alleanza per la quantità di franchi tiratori. L’incapacità strategica politica di Salvini e lo smisurato ego della Casellati hanno portato l’intero centro destra a sbattere violentemente.

Ma oggi, venerdì, erano previste due votazioni. E con la sesta, che è cominciata alle 5 del pomeriggio ora di Roma, i grandi elettori e i loro partiti di riferimento hanno avuto la possibilità di rimettere insieme i cocci e provare a trovare la strada che porta al nome del prossimo presidente della Repubblica.
Proprio mentre era in corso la votazione, Matteo Salvini ha provato a uscire dall’impasse in cui si era cacciato con l’operazione Casellati e ha provato a ritagliarsi ancora il ruolo del Kingmaker. Dopo una serie di incontri con Pd, 5 Stelle, è corso ad annunciare che lui sta lavorando perché venga trovato un accordo sul nome di una donna. Ovviamente, non più limitato al centro destra dopo la rovinosa caduta con la Casellati.
Chi potrebbe essere? Salvini non ha fatto nomi e così è ripresa la speculazione sulle possibili candidate.
Elisabetta Belloni, l’ex segretario generale della Farnesina oggi a capo dei servizi segreti, Marta Cartabia, ministro della Giustizia, Paola Severino, ex ministro e avvocato di fama: sono le donne i cui nomi sono stati fatti in questi ultimi giorni come possibili candidate al Quirinale.

Sull’idea di andare verso l’elezione di una donna si è detto favorevole il presidente del 5 Stelle Giuseppe Conte, mentre Enrico Letta del Pd è apparso ottimista sulle trattative in corso. Forza Italia ha storto il naso sul nome della Belloni. E Matteo Renzi, leader di Italia Viva (ma che tutti pensano controlli ancora molti voti di parlamentari del Pd) è stato categorico, dicendo che non è possibile che il capo dei servizi segreti diventi capo dello stato.

Contatti, trattative e riunioni sono avvenute mentre i grandi elettori venivano ricevevano la sesta chiama. I due schieramenti hanno deciso di affrontare così la sesta votazione: il centro destra ha annunciato di astenersi da voto, il centro sinistra, il M5S e Italia Viva hanno optato per la scheda bianca. Che significa comunque votare.
Scheda bianca? Come dicono le indicazioni dei leader di questo schieramento. Oppure, nel segreto dell’urna, un voto abilmente teleguidato per far capire in che direzione si vorrebbe andare, mettendo in mostra un nome su cui provare a cercare la massima unità possibile tra gli schieramenti con l’implicita minaccia che un altro no potrebbe portare a un voto a maggioranza.
Il risultato della sesta chiama ha posto ulteriori problemi a una situazione che è ancora ingarbugliata. Sergio Mattarella ha preso una valanga di voti: oltre 300.
Certo, un voto plebiscitario non lo può obbligare a fare qualcosa che non vuole fare. E lui fino a oggi ha chiuso le porta a qualsiasi ipotesi di rielezione.

Però potrebbe accadere quanto già avvenne con Giorgio Napolitano quando ricevette un secondo mandato. I leader politici salirono al Quirinale per chiedergli di restare dov’era. E poi lo votarono in massa.
È una ipotesi ancora spendibile in questa situazione?
Domani, sabato, settima chiama.