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Colpevoli! Il verdetto della Georgia su chi sparò e uccise il 25enne Ahmanud Arbery

Gregory McMichael, ex poliziotto, il figlio Travis e il vicino William “Roddie” Bryan Jr, tutti bianchi, inseguirono l'afroamericano armati di pistole e fucile

Massimo JausbyMassimo Jaus
Time: 2 mins read

Colpevoli. Questo il drammatico verdetto dopo due giorni di camera di consiglio per i tre imputati accusati dell’omicidio di Ahmaud Arbery, il 25enne afroamericano che a febbraio dello scorso anno è stato ucciso mentre faceva jogging per le strade di Bruswick, in Georgia. E’ stato ucciso mentre correva per i viottoli di Satilla Shores, un complesso residenziale a nord della piccola città sull’Atlantico quasi al confine con la Florida.

I tre, Gregory McMichael, un ex poliziotto, suo figlio Travis e un loro amico William “Roddie” Bryan Jr, tutti bianchi, avevano inseguito Ahmaud Arbery a bordo di un pick up armati di pistole e di un fucile a pompa, che è poi diventata l’arma del delitto. I tre avevano prima tentato di bloccare la strada al 25enne nero, poi Travis McMichael è sceso dall’auto impugnando il fucile, Ahmaud ha cercato di difendersi e si è gettato su Travis che ha aperto il fuoco colpendo Ahmaud con tre proiettili.

Gregory McMichael chiamò la polizia e disse agli agenti che con il figlio e il suo amico stava procedendo a un arresto cittadino convinti che Arbery fosse un ladro affermando che lo avevano visto nei video delle telecamere di sicurezza di un’abitazione. I tre dopo la loro deposizione agli agenti vennero rilasciati. Per mesi le loro dichiarazioni furono accettate dalle autorità nonostante le proteste dei genitori di Ahmaud Arbey. La polizia locale non voleva investigare la vicenda. Gregory McMichael per anni era stato uno dei detective della procura distrettuale e aveva ancora molti amici in procura. Amhaud quando era minorenne era stato condannato per un piccolo furto in un negozio, poi alcuni anni dopo aveva litigato con alcuni agenti che lo avevano fermato in una zona dove si spacciava droga. Tentarono di bloccarlo con il taser, ma la pistola che dà le scariche elettriche non funzionò e dopo averlo perquisito lo rilasciarono.

Il colpo di scena c’è stato tre mesi dopo quando tutto lasciava credere che la vicenda fosse destinata a rimanere una delle tante sui soprusi sugli afroamericani commessi nei paesi di provincia del Sud.

Travis, Gregory e William Bryan vennero arrestati dopo che una radio locale mise on line il video in cui si vedevano le drammatiche sequenze dell’aggressione e dell’omicidio. Immagini mostrate in tutti i telegiornali d’America pochi mesi prima che a Minneapolis gli agenti uccisero George Floyd e che in breve tempo divennero il poster del movimento Black Lives Matter. Il filmato è stato mostrato in aula durante il processo lasciando poco spazio ai dubbi.

Dopo il verdetto fuori dal tribunale si è radunata una folla numerosa. Molti genitori afroamericani hanno portato i figli. C’era ansia per il verdetto perché giorni fa in un altro processo dalle tinte razziali, quello a Kyle Rittenhouse che a Kenosha, in Wisconsin, in una dimoAhmastrazione contro Black Lives Matter aveva ucciso due dimostranti bianchi, si era concluso con l’assoluzione dell’imputato.   

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University.

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