C’è un solo argomento su cui tutti i cittadini americani, di destra e di sinistra, probabilmente si troverebbero d’accordo: i repubblicani hanno capito molto meglio dei democratici il ruolo dei giudici, nell’attuale cultura politica dell’ostruzionismo, divenuto la chiave per imprimere la propria visione del paese nella vita dei cittadini. Hanno fatto della nomina dei seggi delle Corti, sia federali, ma soprattutto della Corte Suprema, una battaglia fondamentale, e se anche la guerra non sarà mai finita, per ora il partito dell’elefante è in un netto ed innegabile vantaggio.
Si potrebbe discutere che il lascito più importante e consequenziale della presidenza Trump non siano i suoi slogan, i suoi tweet o i suoi soprannomi, ma i giudici che ha nominato per la più alta Corte del Paese: Gorsuch, Kavanaugh e Barrett, il più anziano dei quali ha 56 anni, saranno pesi massimi della politica per i prossimi decenni. Sebbene non abbiano mai spalleggiato The Donald in nessuna delle materie private che lo riguardassero, dai riconteggi elettorali alla pretesa di mantenere segrete le sue dichiarazioni dei redditi, i tre giudici faranno riecheggiare i suoi principi conservatori ben oltre la fine della sua carriera politica.
Per questo, quando la Corte Suprema ha annunciato lunedì che si esprimerà su un caso relativo all’aborto, il mondo intero ha drizzato le orecchie. Sembra, infatti, che la forte disposizione di questa Corte Suprema ad esprimersi in favore dei conservatori non sia passata inosservata nello Stato del Mississippi, che ha introdotto nel 2018 una legge, che si presta come vassoio d’argento per servire a questa Corte la possibilità di modificare una delle sentenze più famose della storia legale degli Stati Uniti, Roe v Wade.
Il caso celeberrimo, conclusosi con la sentenza sette a due della Corte Suprema nel 1973, stabilì che il diritto alla privacy proteggesse le donne, permettendo loro di abortire legalmente fino a 24 settimane dal concepimento senza subire interferenze da parte del Governo, su tutto il territorio federale. Il termine delle 24 settimane è stato stabilito in quanto, prima di quel tempo, il feto non sarebbe in grado di sopravvivere al di fuori della placenta. Nel 1992, poi, la sentenza del caso Planned Parenthood v Casey ha esteso ulteriormente questo diritto, sancendo il diritto di abortire senza dover attendere 24 ore dal consulto con il medico, e senza dover necessariamente ottenere il benestare del marito.
Tornando ai giorni nostri, nel 2018 il Mississippi ha introdotto una legge che limita, all’interno dei confini dello Stato, il numero di settimane dal concepimento entro le quali è possibile abortire a 15. Come era prevedibile la Corte d’Appello del Quinto Circuito ha considerato la legge incostituzionale, in disaccordo con Roe v Wade e con tutte le sentenze successive al ’73, ma l’obiettivo del Congresso del Mississippi, a forte maggioranza repubblicana, probabilmente non era altro che quello di dare alla nuova Corte Suprema l’occasione di esprimersi sul tema dell’aborto, limitando o potenzialmente addirittura ribaltando su Roe v Wade, ora che la composizione prevede una super maggioranza conservatrice e fortemente pro-life.
La Corte Suprema considererà il caso e emetterà una sentenza in merito durante la sua prossima sessione, quella che inizierà nell’autunno 2021, e secondo diversi esperti legali il solo fatto che il caso sia stato selezionato è indice che vi sia la volontà di modificare le leggi vigenti, e difficilmente di confermarle. D’altra parte, è anche vero che la Corte ha continuato a rimandare da otto mesi la decisione di prendere in mano il caso relativo al Mississippi, lasciando forse immaginare di non essere così bellicosamente convinta di voler ribaltare la giurisprudenza in materia di aborto. Vale la pena di ricordare, in tutto questo, che la maggioranza della popolazione statunitense ha confermato, sondaggio dopo sondaggio, e anche oggi all’alba dell’annuncio, di sostenere Roe v Wade e di sperare che la Corte non si esprima in senso opposto.
Se la proposta di legge del Mississippi fosse accolta, si prevede che oltre 20 Stati proibirebbero l’aborto. Ben 11 Stati, addirittura, prevedono già quelle che si chiamano clausole “trigger”, secondo le quali l’aborto diverrebbe automaticamente illegale nel momento stesso in cui la Corte abolisse Roe v Wade.
Certamente, il tempismo della Corte Suprema, considerata da molti cronisti la più “teatrale” e incline al pathos di sempre, non passa inosservato. Il caso verrà preso in esame nell’autunno 2021, si suppone che la sentenza non sarà pronunciata fino all’estate 2022, e sarà dunque probabilmente l’ultima prima delle elezioni di metà mandato.