Alla data del 20 marzo 2021 la Gran Bretagna aveva somministrato 40,5 dosi di vaccino per ogni 100 persone; gli Stati Uniti 34,1 e l’Unione Europea 12. “Forse un giorno – scrive il Sole 24 ore del 28 marzo – si scoprirà che se AstraZeneca, cioè Oxford, ha barato con la Ue su produzione e distribuzione dei vaccini, è perché il governo Britannico aveva messo in campo patriottismo e più denaro degli europei, per concentrare i vaccini nell’isola”; quel che è certo che la campagna di vaccinazione dell’Unione europea è stata fin qui un fiasco. Colpe importanti le hanno sicuramente agli uffici dell’Unione europea che hanno negoziato e chiuso contratti (evidentemente non brillanti) con le cinque aziende farmaceutiche, (AstraZeneca, Sanofi-Gsk, Johnson&Johnson, Pfizer, CureVac), ma ridurre il fiasco ad un mero tema burocratico è – a mio avviso – un grande errore.
Il tema è politico, cosa che per gli europeisti inguaribili come me è un vulnus non facile da digerire. Mentre Israele, Stati Uniti e Gran Bretagna si muovevano veloci nella prima vera guerra – quella al Covid-19 – dopo il 1945, l’Unione europea dimostrava tutti i suoi limiti: il Continente che dominava il Mondo prima del 1914, in cento anni ha perso centralità e non si vedono spinte forti di ripresa all’orizzonte. E non è frutto del caso o della contingenza.
Facciamo un passo indietro: è il 29 ottobre 2004. Un esercito di capi di Stato e di Governo e altrettanti ministri degli Esteri firmano – in eurovisione – a Roma la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, in pratica la Costituzione europea. Un passo storico nella storia dell’Europa…ma la Costituzione non entrerà mai in vigore. A bocciarla ci penseranno i francesi e gli olandesi in due referendum tra maggio e giugno 2005. Il “no” francese pesa come un macigno. Nel 2009 viene firmato il Trattato di Lisbona, ma è una riforma minore rispetto al progetto del 2004 e per l’Europa cominciano gli anni di un lento oblio. Che non sono ancora finiti, fino al Cigno nero dei vaccini che ha scoperchiato tutte le debolezze di una costruzione debole. Dal 2005 in poi – nonostante da retorica di facciata di tutti i leader europei succedutisi – nessuno Stato vuole davvero cedere il potere a un’entità che non potrà controllare. Ecco Emmanuel Macron che ancora pochi giorni fa ripeteva il mantra: “la rotta da seguire è un’Europa forte e politica. Perché? Perché credo che l’Europa non dissolva la voce della Francia: la Francia ha la sua concezione, la sua storia, la sua visione degli affari internazionali, ma la sua azione risulta molto più utile e forte se portata avanti attraverso l’Europa”. Difficile credergli. Come ha detto Romano Prodi – e non un radicale sovranista – la Germania esercita di fatto le funzioni di Cancelliere e di ministro dell’Economia dell’Europa. E la Francia quelle di ministro degli Esteri e della Difesa.
Forse merita ricordare ai lettori d’oltreoceano che l’Unione Europea (composta da tutti gli Stati europei meno Svizzera, Regno Unito, Norvegia, Serbia, Islanda) si basa fondamentalmente su due istituzioni operative: il Consiglio europeo (composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri) che decide la politica di indirizzo e la Commissione europea – guidata dalla tedesca Ursula Van der Leyden – è il governo esecutivo dell’Unione. Per semplificare molto si può dire che l’UE è un condominio dove ognuno è padrone a casa propria e l’Unione europea è l’amministratore del condominio. E su cosa può decidere l’Europa in modo autonomo? Su molto poco: l’UE ha competenza esclusiva su unione doganale, regole di concorrenza , politica monetaria, politica commerciale comune, accordi internazionali. Tutto il resto di fatto dietro alle definizioni di “competenza concorrente” o “competenza di sostegno” è in mano ai singoli Stati: fisco, trasporti, ambiente, energia, sanità, industria, cultura, istruzione, protezione civile.
Dopo questo quadro immagino che si inizino a capire i perché sui vaccini l’Europa sta facendo gravi errori. Nel giugno 2020, in piena negoziazione della Brexit (dato non secondario), la Commissione europea comunica, non senza una certa venatura di superiorità: “Un’azione congiunta a livello dell’UE è il modo più̀ rapido e più efficace per conseguire tale obiettivo. Nessuno Stato membro ha da solo la capacità di garantire investimenti nello sviluppo e nella produzione di un numero sufficiente di vaccini“.
Il 27 agosto la UE firma un contratto con AstraZeneca ed annuncia trionfale: “Grazie al contratto tutti gli Stati membri potranno acquistare 300 milioni di dosi del vaccino prodotto da AstraZeneca, con un’opzione per l’acquisto di ulteriori 100 milioni di dosi da distribuire in proporzione alla popolazione”. Poi firma altri quattro contratti (con Sanofi-Gsk, Johnson&Johnson, Pfizer, CureVac) e la cosa è fatta….basta aspettare. Problema risolto… Ed ecco che il 27 dicembre 2020 la Ue lancia in pompa magna il V-Day (Vaccine Day), la giornata con cui è stato ribattezzato l’inizio della campagna di vaccinazione anti Covid-19 in tutti gli stati membri. Un grande effetto d’immagine. Peccato che si fossero fatti i conti senza l’oste, in questo caso le case farmaceutiche, e non si fosse letto attentamente il mutato assetto geo-politico.
A gennaio la statunitense Pfzeir annunciava, nemmeno una settimana prima dell’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden (è solo un caso?), il taglio delle forniture all’Europa. AstraZeneca – azienda con sede nella contea inglese del Cambridgeshire dal 1° gennaio 2021 ufficialmente fuori dall’Unione europea – ad inizio marzo 2021 ha comunicato di puntare a consegnare 100 milioni di vaccini all’Unione europea entro fine giugno, un numero tre volte inferiore rispetto ai termini concordati nel contratto con l’UE.
Ma cosa dicono questi contratti? Nessuno lo sa, i contratti conclusi con le stesse sono stati secretati dalla Commissione europea e non se ne conosce l’entità economica, né si conoscono i prezzi dei vaccini, le tempistiche stimate per la produzione e distribuzione e le clausole di responsabilità applicate. Quello che trapela è che l’Unione europea ha puntato sul vaccino che costa meno, quello di AstraZeneca, come si vede dalla tabella:
Dulcis in fundo: il contratto britannico, che è basato sul diritto inglese il rispetto degli accordi in base alle merci consegnate secondo quanto specificato nel contratto. Il contratto dell’Ue è scritto in base alla legge belga, secondo il quale le parti sono tenute a fare del loro meglio per consegnare la merce agendo in buona fede…e un’azienda può affermare di aver fatto del proprio meglio per consegnare le dosi promesse e di non esserci riuscita, evitando così denunce e tribunali. Immaginate una banca che stipula con voi un contratto di mutuo senza chiedere garanzie a cambio…
Con il senno di poi, ma non era difficile da prevedere, puntare tutto sul vaccino inglese quando si era nel clou della trattativa economica sull’uscita della Brexit e non stipulare contratti ferrei sono state scelte da portare e studiare – per non essere ripetuti – nei corsi di negoziazione e negli MBA.
“In una crisi emerge sempre con chiarezza il fatto che l’Unione europea non è una nazione”, ha affermato Jacob Kirkegaard, del centro studi German Marshall Fund. A suo parere, l’Ue ha affrontato la questione dei vaccini come una trattativa sui contratti ed aggiunge “non era attrezzata per uno scontro a fuoco”.
Perché? Perché l’Europa non ha una guida politica forte, ma una somma di politiche statali spesso divergenti. Mentre Stati Uniti, Israele, Regno Unito agivano veloci, l’Unione europea consumava i propri riti dei consigli europei, dell’unanimità decisionale, delle commissioni, ecc..ecc..La stessa negoziazione è stata delegata – derubricata verrebbe da dire – alla direttrice generale Salute della Commissione Europea. Non è stata condotta da Ursula Van der Lyden, non dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, non dalla commissaria alla Salute Stella Kyriakides, ne dai leader “forti” dell’Unione come Angela Merkel, Emmanuel Macron, Giuseppe Conte (in carica nel 2020) e Pedro Sanchez.
L’Europa, è vero, ha una capitale politica, Bruxelles, una bandiera, un Inno e un Giorno dell’Europa, il 9 maggio. Ha tutto, ma non ha un’anima di fondo. L’“Inaugation day” di Joe Biden del 20 gennaio con Jennifer Lopez che cantava This Land Is Your Land era da brividi e – mentre scorrevano le note di Land of Hope and Dreams di Bruce Springsteen – pensavo ad un evento simile in Europa… Già l’Europa. Così come Massimo D’Azeglio disse “fatta l’Italia ora bisogna fare gli italiani” la stessa cosa ci vorrebbe per l’Europa. Senza un’unione politica (e non si vedono Cavour all’orizzonte) e la creazione di un “cittadino europeo” la costruzione europea sarà sempre artificiosa, debole ed attaccabile dal vento del nazionalismo.
Ecco perché oggi – rileggendo prima i fatti degli ultimi venti anni – si capisce perché la Gran Bretagna abbia somministrato 40,5 dosi di vaccino per ogni 100 persone; gli Stati Uniti 34,1 e l’Unione Europea 12. Perché c’è stata troppo poca Europa.