E’ calato il sipario alla quattro giorni repubblicana in una Convention differente imposta sia dal coronavirus che flagella il Paese che dall’egocentrismo di Trump il quale è riuscito a trasformare anche questa manifestazione politica in un reality show. Ma questa è la sua forza e la sua bravura che come gli illusionisti di Las Vegas fanno entrare un elefante in una gabbia senza che il pubblico se ne accorga. E’ il re degli alternative facts che, ripetuti all’infinito, si insinuano come verità nella mente dell’elettorato come lo slogan “radicali e socialisti” lanciato contro Joe Biden e Kamala Harris che di radicale e socialista non hanno assolutamente nulla. Ma Trump lo dice, i repubblicani lo ripetono e gli elettori ci credono. Il suo “Da una parte c’è il sogno americano, dall’altra un’agenda socialista” è stato il leitmotif lanciato contro Biden, un nome che nel discorso di accettazione della nomination, ha ripetuto 41 volte.
Una Convention, differente in un cocktail di trasgressioni del secolare protocollo che da George Washington a Barack Obama è stato rispettato, che ha coinvolto ministri del suo cabinetto, che dovrebbero essere al servizio del Paese e non fare propaganda elettorale, o luoghi pubblici come la Casa Bianca, che non dovrebbe avere un connotato politico specifico essendo l’ufficio di tutti i presidenti. Un Trump show di un’ora e dieci minuti culminato con fuochi d’artificio mentre il cantante italoamericano Christopher Macchio gorgeggiava il “vincerò” della Turandot nel giardino della Casa Bianca davanti a circa 1.500 persone con poche mascherine e senza distanziamento sociale. Un discorso in cui ha lanciando durissimi attacchi a Joe Biden, e al programmma “made in China” del candidato democratico, dipinto come un pericolo per l’America.
Economia, sicurezza e ordine pubblico, coronavirus, gli altri grandi temi su cui ha insistito Trump affermando che il 3 novembre, se sarà rieletto, l’America sarà “più grande, più forte e più sicura”, mentre, se Biden verrà eletto “distruggerà l’America”. Numerose promesse per quella che è l’elezione “più importante della nostra storia”: la creazione di “10 milioni di posti di lavoro in 10 mesi” e la “riduzione ulteriore delle tasse”. Trump inoltre ha assicurato che sconfiggerà il coronavirus, promettendo un vaccino entro l’anno.
Trump non ha fatto riferimento al grave ferimento di Jacob Blake, ma ha condannato le violenze mentre, prima del discorso, la Casa Bianca ha fatto sapere di aver contattato la famiglia dell’afroamericano testimoniando la “vicinanza” del presidente: “Non possiamo mai permettere alle folle inferocite di avere il sopravvento”, ha avvertito. Condanniamo le violenze e i saccheggi avvenuti in tutte le città a guida democratica”, “dobbiamo assicurare che prevalgano la legge e l’ordine”. E ancora: il Paese “ama e rispetta le forze di polizia”.
“Con me avete avuto l’economia più forte nella storia e la ricostruiremo ancora più forte”, ha detto Trump, che ha dedicato una parte del discorso alla Cina, “responsabile fino in fondo per la diffusione del Covid”. La Cina che “tifa Biden perché vuole conquistare la nostra economia”, ha detto rivendicando di aver varato misure contro Pechino come nessun presidente ha fatto prima. Trump ha promesso anche di difendere il diritto alle armi: “Se non vinciamo noi il secondo emendamento è spacciato”, ha avvertito.
Prima di lui, è salita sul palco la sua figlia, Ivanka: “Mio padre è il presidente della gente”, “Washington non lo ha cambiato, anzi è stato lui a cambiare Washington”, ha detto auspicando di avere “un guerriero per altri 4 anni alla Casa Bianca”.
Ivanka è stata preceduta da Rudolph Giuliani. L’avvocato personale di Trump e ex sindaco di New York non è stato tenero con Biden, definito, come aveva già fatto il vicepresidente Pence il giorno prima, un “cavallo di Troia dell’estrema sinistra”.
Ma il malessere del Paese è evidente nonostante la carica di ottimismo che Trump cerca di dare. Un segno indicativo viene dallo sport dove il campionato di basket NBA si è fermato di nuovo per protesta. Tre partite di playoff – Milwaukee-Orlando, Houston-Oklahoma City e Portland-Los Angeles Lakers – sono state posticipate a data da destinarsi per volere dei giocatori. E tra le opzioni sul tavolo della Lega c’è ora la sospensione definitiva della stagione. Da giorni sui parquet erano comparse le scritte “Black lives matter”, i giocatori indossavano le maglie che al posto dei classici nomi, avevano “equality”, “stand up”, “freedom”, “love us”, “justice”, “how many more”.
Oltre il 70% dei cestisti Nba è afroamericano e molti di loro hanno scelto di scrivere “enough”. Ne avevano avuto abbastanza. Per questo, quando domenica scorsa è stato diffuso il video in cui Jacob Blake, giovane afroamericano del Wisconsin, viene ferito a colpi d’arma da fuoco alla schiena dalla polizia, hanno deciso di dare seguito alle parole, alle scritte, ai messaggi. Lo sport in America si sta fermando per una battaglia più grande, in piena campagna per le elezioni presidenziali per questo Trump stizzito ha definito la lega NBA un movimento politico.
Il racconto di Trump è stato quello dell’America libera, l’America trasformatrice, l’ottimismo, in netto contrasto con il Paese che muore nell’oscurità creata da questa amministrazione su cui hanno puntato i democratici. Il 3 novembre vedremo quale racconto dell’America sarà quello vincente.