C’è un episodio in cronaca che occupa le pagine di tutti i mass-media italiani, giornali cartacei o non social e tv. Un caso di omicidio, oscuro almeno fino ad ora, che si presenta nella sua diversità per gli spunti e i protagonisti. Due balordi figli di ricchi americani, – questo il primo aspetto di esecrazione -, uccidono, pare, un vice-brigadiere, secondo elemento di recriminazione e di furore bellico. La ricchezza e per di più americana diventa caso di condanna recisa e senza appello, movente di odio sociale e transnazionale. La condizione di uomo dell’ordine si erge a scusa per ipocrite e malsane agitazioni di animi. Come se non si sapesse quanto sia gradita la cosiddetta “benemerita” in tutte le classi sociali. Piena di meriti solo se tocca le malefatte dell’”altro”, mai i propri peccati, ritenuti veniali. Ripeto fra tutte le classi sociali, miserabili criminali e prestigiosi ladroni, le forze dette dell’ordine sono sempre il loro bersaglio. In tempi remoti e nei presenti in cui si chiede giustizia, ma sempre nei riguardi degli altri. Un tempo e forse anche oggi erano disprezzati come “sbirri”.
Ma tutto può l’ipocrisia. Rovinosa quando essa diventa progetto politico e strumento di propaganda per accaparrarsi consenso da un popolo frastornato, debole e artatamente intimorito. Perciò un episodio che sarebbe da trafiletto di cronaca è proposto come caso di orrore nazionale. Non azzardo a dire che si tratta di un rischio annunziato per chi contrasta i criminali senza scrupoli. Eppure alla violenza privata, sempre condannabile, si oppone la violenza dei politici che minacciano ergastoli a vita, deprecando il fatto che in Italia non è permessa la pena di morte (come negli States da cui proviene l’assassino) con buona pace del lombardo Cesare Beccaria. In altri termini siamo tornati al codice di Hammurabi o a quella medioevale del taglione, o l’altra dell’occhio per l’occhio ancora in vigore in molte società. Eppure il nostro carcere idealmente dovrebbe essere mezzo di riabilitazione, di redenzione. Tutti stanno cavalcando l’episodio, con toni roboanti e presenze titolate alla semplice camera ardente. Anche la difesa si sta dando da fare, in questa società in cui si spaccia la pietà e il rispetto a senso unico della persona, gridando all’obbrobrio di una benda sugli occhi dell’assassino confesso e delle manette di norma negli States anche per una monaca maldicente.
In parallelo una sparatoria a Brooklyn tra la folla durante la festa annuale dell’Old Timers Day, 11 feriti e un morto, nonostante il dispiegamento di polizia. Oscuro il movente, una pistola non attribuibile. Bill De Blasio ricorda il “pacifico evento di quartiere” e assicura che “faremo tutto quello che è in nostro potere per la sicurezza della comunità e per togliere le pistole dalle strade”. Un proposito encomiabile ma sterile in una società in cui il porto d’armi è sacro per un emendamento costituzionale e in funzione della potentissima lobby che fomenta guerre e stragi all’estero.
Tutto fa brodo. In una società in cui la violenza è divenuta prerogativa dei messaggi dei governanti, che brandiscono ergastoli e pene di morte, in sistemi sociali in cui si delega al privato la “legittima” difesa, quella della legge, con permesso di uccidere. Una volta era una licenza delle spie.