Sembrerebbe una replica dello sceneggiato televisivo “The Sopranos” con tutti i rampolli delle più note cosche mafiose in veste di “guest artist”. Invece si tratta di una notizia di cronaca.
Con un coordinamento degno dei tempi d’oro della lotta alla Mafia, la polizia italiana e l’FBI americana hanno fatto scattare nella notte tra martedì e mercoledì un blitz contemporaneo nelle roccaforti della mafia italo-americana su entrambe le sponde dell’Atlantico: Palermo, Staten Island, Philadelphia e New Jersey.
Gli arrestati rappresentano nomi illustri di Cosa Nostra come Gambino e Inzerillo, membri delle cosche storiche che, nella guerra di mafia degli anni Ottanta, furono sconfitte dal gruppo di Totò Riina e costretti all’esilio in America.
Ora, dopo la morte di Riina e il ritorno in Sicilia di alcuni di questi mafiosi in seguito all’espulsione dagli Stati Uniti, le due famiglie stavano gradualmente cercando di riconquistare pezzi di territorio a Palermo e dintorni ma le loro attività non sono passate inosservate agli inquirenti che, dopo un lungo periodo di sorveglianza, hanno fatto scattare le manette per diciotto persone tra cui anche il sindaco del comune siciliano di Torretta, in provincia di Palermo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Questi i nomi degli arrestati: Tommaso e Francesco Inzerillo, Thomas, Rosario e Salvatore Gambino (quest’ultimo sindaco di Torretta), Giovanni Buscemi, Gaetano e Giuseppe Sansone, Alessandro Mannino, Calogero Zito, Francesco Di Filippo, Giuseppe Spatola, Antonino Fanara, Gabriele Militello, Antonio Di Maggio, Santo Cipriano, Giuseppe Lo Cascio e Antonino Lo Presti.
Le accuse mosse agli interessati vanno dall’estorsione, al contrabbando al traffico di droga.
A quanto pare solo uno di questi arresti si sarebbe verificato nella zona di New York malgrado l’FBI abbia condotto i suoi raid in un’area geografica che arriverebbe fino a Philadelphia.
Il primo campanello d’allarme su un possibile risveglio di Cosa Nostra sul tradizionale asse transatlantico della mafia siculo-newyorchese sarebbe stato un omicidio verificatosi lo scorso marzo proprio a New York, quando il presunto boss della famiglia Gambino, Francesco “Frankie Boy” Cali, è stato ucciso a colpi di pistola davanti all sua casa di Staten Island. Indagini successive hanno dimostrato che l’omicidio di Cali aveva alle sue radici motivi personali legati e passionali e non connessi col crimine organizzato ma è possibile che l’attività di sorveglianza svolte dalle forze dell’ordine nei confronti dal boss abbiano fornito indizi utili ai fatti della scorsa notte.
Mentre da una parte, questi episodi sono preoccupanti perché potrebbero essere indicativi di una risorgenza del fenomeno mafioso sia in Italia e in America, resta da vedere se quello di cui stiamo parlando, almeno in America, sia effettivamente mafia.
La differenza tra la mafia vera e propria e le forme più comuni di criminalità organizzata consiste nella presenza o meno di rapporti tra questi gruppi ed esponenti di spicco della politica, della giustizia, dell’economia, insomma dell’establishment istituzionale. Solo quando la piovra mafiosa riesce ad estendere i suoi tentacoli nel corpo statale si verifica quella commistione tra la criminalità e quelle stesse istituzioni che hanno la responsabilità di contrastarla dando vita al fenomeno mafioso nell’accezione del termine messa in rilievo da inquirenti come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che molto probabilmente, ancora oggi, avrebbero qualcosa da insegnare su questo argomento su entrambe le sponde dell’Atlantico.