Pur sforzandomi di non pensare alle notizie e far riposare la mente nei pochi giorni a disposizione di semi-vacanza, non riesco a dimenticare certi titoli nei tabloid ma anche del New York Times sul recente arresto per “mafia” di 46 persone, quasi tutte col cognome italoamericano. I crimini elencati vanno dal taglio delle gomme di chi non paga i debiti di gioco, a prendere a calci un povero mendicante nel parcheggio del ristorante del “boss”. Si certo, ci sono anche le estorsioni, il traffico di sigarette e la droga. Tutte attività che fanno ottenere anni di meritata galera. Ma perché chiamarla mafia? Per la verità, il titolista del NYP almeno usa la parola mobster invece che mafia, come invece non resiste a fare il NYT e quindi anche i giornali italiani, che rimbalzano la notizia proveniente da New York. Ma dove la vedono la mafia? Così oltre alla mafia vera, si offende la memoria di chi ha sacrificato la vita per combatterla.
Cosa Nostra sempre più forte a New York, narrano nei loro articoli i giornali della Grande Mela. Ma poi li leggi questi resoconti, ripresi dai documenti rilasciati del District Attorney, e non ci trovi mai l’accusa di corruzione nei confronti di giudici e politici, dei “big fish” dell’establishment. Insomma a questi “mafiosi”, che guarda caso sono stati “busted”, mancherebbe la ragione del loro essere mafiosi, cioè la capacità di farsi proteggere dalle istituzioni. Quelli arrestati a New York la scorsa settimana sono al massimo dei gangster e pure di serie B, altro che mafiosi.
In America si è cominciato a raccontare, soprattutto grazie ad Hollywood, la storia dei gangster e mobster chiamandola storia di mafia. Ma sebbene la mafia, quella vera e assai pericolosa, è esistita in America, non è certo quella che abbiamo letto negli articoli che descrivevano le malefatte di questi che titolano come “mafiosi” senza averne “gli attributi”…
Ma chi sarebbero i mafiosi veri allora? Il film “The Godfather” (Il Padrino) lo avete visto tutti vero? Come Puzo e Coppola hanno saputo dimostrare con l’arte della letteratura e del cinema, il mafioso vero era solo uno: Don Vito Corleone. Ricordate la scena del grande vertice, tutti i boss delle famiglie attorno al lungo tavolo per fare la pace? Già, il vero capo mafia e non semplice boss di mobster è solo uno, il padrino interpretato da Marlon Brando. I gangster riuniti cercano di capire perché fosse iniziata la guerra, parlano di prostituzione, droga e altre attività simili a quelle che speriamo mandino in galera per parecchi anni coloro arrestati la settimana scorsa. Ma ecco che in quella riunione seduti tutti attorno col padrino, ad certo punto uno dei gangster dice la verità: “Don Corleone had judges and politicians that he did not want to share…”. Got it? Giudici e politici in tasca di Don Vito che non voleva condividere, lui unico ad avere le capacità per riceverne favori… Era così complicato capire perché don Vito è l’unico che si possa chiamare un boss mafioso e tutti gli altri sono invece dei semplici mobster?
Senza la connessione con la politica e il cosiddetto “establishment” (di cui anche i magistrati fanno parte), senza quella ragnatela fatta di protezioni e intese e scambi di favori reciproci, mafia non è. Al massimo è come un Tony Soprano qualunque, che infatti in una puntata della celebre serie di HBO, non riesce a farsi aiutare neanche da un giudice amico di infanzia e sbatte la cornetta del telefono pieno di rabbia.
Negli Stati Uniti la mafia vera c’è stata eccome, ma oggi quei balordi che arrestano con grandi titoloni per far vendere più giornali non è quasi mai quel tipo di mafia. Mafia era Lucky Luciano, che in prigione negli anni Trenta ci finisce pure, ma siccome è un mafioso vero riesce a uscire per “scambio di favori” con il governo federale che ha bisogno di aiuto per la guerra nel porto di New York contro le spie naziste e farsi aiutare anche nello sbarco in Sicilia prima, e in certe faccende anti comuniste agli inizi della Guerra Fredda dopo. E poi qualcuno si ricorda di Carlos Marcello (alias Calogero Minacori), capo mafia di New Orleans? Eccome se è mafia la sua, basta indagarne gli intrecci e le coperture godute per l’assassinio di JFK a Dallas e non solo…
Non basta mettere in fila in un articolo cognomi che finiscono per vocale per chiamare mafia un gruppo di criminali pur organizzati e affermare che Cosa Nostra ha ancora potere a New York. Certi giornalisti newyorchesi si riguardino il Padrino, parte 1 e 2. E poi si sforzino meglio con i titoli.
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